“Abbiamo unificato le proposte presentate da esponenti del nostro partito per dare impulso a una rapida discussione parlamentare su una questione per noi cruciale”, così il segretario Pier Luigi Bersani ha introdotto la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge del PD per la democrazia interna e la trasparenza dei partiti. “Per avere una democrazia più efficiente – ha continuato il leader del PD – siamo i primi interessati alla riconfigurazione del ruolo dei partiti nel sistema italiano. Capisco che il termine “partito” oggi è una parola difficile e che è una storia antica di 2000 anni quella del finanziamento della politica. Il meccanismo oggi ha evidenziato i suoi limiti ed è arrivato il momento di cambiare. E noi siamo pronti a dare un’accelerazione straordinaria per questo cambiamento ed arrivare ad un risultato credibile per i cittadini”.
“Non pensiamo di fare la democrazia solo in un partito, ma in un assetto condiviso – ha aggiunto Bersani – siamo l’unico partito che è uscito del tutto da curvature personalistiche. Dopo Bersani c’è il PD. Siamo affezionati all’idea di partiti come nervatura di una democrazia, i partiti sono un patrimonio comune: ci deve essere trasparenza nei bilanci e certificazione”.
“È credibile che in quest’anno si faccia una riforma elettorale e una legge di riforma dei partiti. L’anomalia non è il finanziamento pubblico; l’anomalia è che dopo decenni non ci sia ancora una legge che regolamenta i partiti. Qui c’è in gioco la democrazia e il sistema politico deve riprendere il filo senza pensare che la politica sia irriformabile e che le soluzioni possono essere solo delle tecniche. A noi serve una politica riformata al punto di saper riconoscere i propri limiti e che sappia esprimere anche delle competenze tecniche. Dopo Monti non ci sarà il Cencelli(*) ma un governo con competenze e una maggioranza univoca e compatta. Per il PD c’è sempre prima di tutto l’Italia”.
(*) Il Manuale Cencelli si tratta di un complesso metodo matematico creato per ripartire equamente gli incarichi di Governo (Ministeri e Sottosegretariati), ciascuno con un’importanza diversa, in funzione della forza elettorale di ciascun partito e, fatto non secondario, di ciascuna corrente all’interno di un determinato partito.
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Scheda di sintesi della proposta
La proposta di legge reca disposizioni per la disciplina dei partiti politici in attuazione dell’art. 49 della Costituzione (art. 1).
I partiti politici diventano associazioni riconosciute dotate di personalità giuridica (art. 2). L’acquisizione della personalità giuridica e la pubblicazione dello statuto in Gazzetta Ufficiale è condizione per poter partecipare alle elezioni (art. 6, comma 1) e accedere ai rimborsi elettorali, alle agevolazioni e ai contributi pubblici per gli organi di partito (art. 8, comma 3).
Ogni partito deve indicare nel proprio statuto una serie di elementi volti ad assicurare il rispetto dei principi di democrazia interna e trasparenza (art. 3), tra i quali:
– Organi dirigenti, modalità di elezione, durata degli incarichi;
– Casi di incompatibilità;
– Procedure per l’approvazione degli atti;
– Diritti e doveri degli iscritti;
– Presenza paritaria di donne e uomini negli organi collegiali;
– Presenza delle minoranze negli organi collegiali non esecutivi;
– Criteri di ripartizione delle risorse finanziarie tra struttura nazionale e articolazioni territoriali;
– Modalità di selezione, attraverso primarie o elezione da parte degli organi collegiali, delle candidature alle cariche elettive;
– Limite massimo dei mandati elettorali e relativi ad incarichi interni;
– Codice etico;
– Attribuzione della rappresentanza legale ad un Tesoriere, nomina di un Comitato di tesoreria e di un Collegio sindacale con richiesta di specifici requisiti di onorabilità e professionalità
– Attribuzione ad una società di revisione della certificazione del rendiconto di esercizio
Accedono ai rimborsi elettorali e a qualsiasi altra forma di finanziamento pubblico esclusivamente i partiti che rispettano i requisiti di democrazia interna e di trasparenza (art. 6, comma 2) ed abbiano ottenuto l’elezione di almeno un rappresentante sotto il proprio simbolo nelle relative consultazioni.
Il 5% dei rimborsi elettorali è destinato alla formazione dei giovani alla politica (art. 3, comma 2).
Vengono regolamentate le primarie, per la selezione dei candidati a sindaco, a presidente di regione, a premier, e dei candidati alle assemblee rappresentative elette con sistema maggioritario in collegi uninominali, prevedendo che debbano essere sempre aperte a tutti gli elettori (art. 4). Si propone inoltre che i rimborsi elettorali siano decurtati del 25% per i partiti che non adottano nel loro statuto in forma stabile le primarie per le cariche e nelle forme previste dal progetto di legge (art. 6, comma 3).
Pubblicazione anche in formato open data sul sito internet del partito e su una apposita sezione del sito della Camera di: rendiconto di esercizio; relazione del Collegio sindacale; relazione della società di revisione; bilanci delle imprese partecipate; verbale di approvazione del rendiconto; situazione reddituale e patrimoniale dei titolari di cariche di governo ed elettive (art. 5, comma 2).
Riduzione a cinquemila euro della soglia oltre la quale i contributi erogati ai partiti sono soggetti a dichiarazione congiunta (art. 5, comma 3).
E’ disposta la certificazione obbligatoria del rendiconto da parte di una società di revisione iscritta nell’albo speciale (art. 7, comma 1).
Il controllo del rendiconto è affidato alla Corte dei Conti (al collegio istituito dalla legge 515/1993). Se dall’esito del controllo emergono irregolarità, è prevista la decurtazione dei rimborsi elettorali. Il controllo della Corte dei conti si estende alle articolazioni territoriali del partito che partecipano alla ripartizione dei rimborsi elettorali (art. 7, commi 2-6).
Lo statuto del partito va pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (art. 8, comma 1).
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Leggi tutta la proposta di legge in allegato
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Bersani: «La priorità è riformare i partiti Facciamo in fretta»
Depositata dal Pd la proposta di legge sui partiti. Bersani difende il finanziamento: «No al dibattito tra miliardari». E sulla Rai: «Vertice Monti-segretari? Magari ci fosse. Ma se si parla di nomine non sono interessato», di Simone Collini
«Già cinquant’anni prima di Pericle si discusse il tema e si decise, in polemica con l’oligarchia, che se si voleva una democrazia la politica doveva essere finanziata». E pazienza se 2500 anni dopo la discussione sia ancora tutt’altro che chiusa perché «oggi “partito” è una parola difficile», perché il termine «casta» è ormai di uso comune e perché anche in tempi di governi tecnici il vento dell’antipolitica è decisamente forte. Pier Luigi Bersani difende il finanziamento pubblico ai partiti e spiega che il problema non è la sua cancellazione o riduzione indiscriminata ma la «trasparenza». L’anomalia italiana, dice il leader del Pd, non è che le forze politiche incassino dei rimborsi per le spese elettorali, ma «che non ci sia una legge sui partiti»: «E questa è la priorità numero uno».
DIRITTI E DOVERI
Per questo il Pd ha unificato tutti i testi presentati su questo tema dai suoi parlamentari e depositato una proposta di legge per attuare l’articolo 49 della Costituzione, sollecitando le altre forze politiche a non tirarsi indietro. In sette articoli il Pd chiede che i partiti diventino «associazioni riconosciute dotate di personalità giuridica», che accedano al finanziamento pubblico «esclusivamente i partiti che rispettano i requisiti di democrazia interna e di trasparenza ed abbiano ottenuto l’elezione di almeno un rappresentante sotto il proprio simbolo», che sia fissata a cinquemila euro (e non più 50 mila) la soglia oltre la quale i contributi sono soggetti a dichiarazione, che ci sia una certificazione obbligatoria del rendiconto e che siano decurtati del 25% i rimborsi elettorali «per i partiti che non adottano nel loro statuto in forma stabile le primarie».
Bersani presenta la proposta di legge nella sede del Pd insieme al tesoriere Antonio Misiani, al suo predecessore Mauro Agostini, a Salvatore Vassallo e a Pierluigi Castagnetti, spiegando che su questo tema il suo partito è pronto a una «accelerazione straordinaria per un risultato credibile». E se una convergenza con il testo depositato dall’Udc è possibile, ora, dice Bersani «aspettiamo qualche idea anche dal Pdl».
Il leader del Pd ha deciso di insistere su questo tasto perché se da un lato «dice una fesseria chi sostiene che siamo ancora in tangentopoli» è anche vero che vent’anni dopo Mani pulite non siamo ancora usciti del tutto dalla «transizione» e la storia non deve assolutamente ripetersi come nei primi anni 90. «Allora ne siamo usciti con risposte dalla piegatura populista, quando invece la risposta è un sistema politico efficiente e pulito». Se Bersani difende i partiti e il finanziamento pubblico ad esso assegnato è perché la democrazia non può essere «un dibattito tra miliardari» e perché ormai è fin troppo chiaro che «le scorciatoie ci hanno allungato la strada».
NO A DIBATTITI TRA MILIARDARI
Ora che c’è un governo tecnico ad occuparsi del risanamento economico e finanziario, i partiti possono impegnarsi in una seria «autoriforma» del sistema politico perché l’emergenza non riguarda solo i conti pubblici: «C’è in gioco la democrazia». Dopo questa fase, è il ragionamento di Bersani, non ci dovrà essere una nuova legislatura caratterizzata da larghe intese: saranno i partiti, dotati di autorevolezza e credibilità, a contendersi il governo del paese. «Dopo Monti non ci sarà il Cencelli. Se tocca al Pd lo promettiamo.
Ci sarà un governo ugualmente autorevole, con competenze, ma che avrà una maggioranza parlamentare univoca, solida, compatta, che oggi purtroppo non c’è per motiazioni politiche». Che oggi non ci sia una maggioranza parlamentare viene fuori anche dalla discussione sulla gestione della Rai. Da indiscrezioni si viene a sapere che Monti vorrebbe incontrare i leader delle forze che lo sostengono per affrontare la questione di una legge al riguardo e Bersani, commentando l’ipotesi che a breve ci sia questo vertice, con i suoi dice: «Magari ci fosse».
NUOVA GOVERNANCE RAI
Ma il segretario del Pd dice anche che se verrà chiamato a discutere solo di un «abbellimento» del Cda di viale Mazzini il suo partito si tirerà fuori. «La Rai è un’azienda pubblica in decadenza tecnologica, industriale e di prodotto. Ha un padrone, che non sono i partiti perché io non mi sento pro-quota il padrone della Rai, ma è il Tesoro. Da lì deve venire un’iniziativa per la governance in grado di affrontare il tema industriale. Serve un capo azienda che decida e affronti i problemi, serve una nuova governance. Se non si farà questo e si parla ancora di nomine, per quanto autorevoli, non sono interessato. Fossero pure 5 o 7 premi Nobel, fosse pure Einstein, con questo assetto noi non partecipiamo. Questo dirò al governo».
Il Pdl va all’attacco criticando il fatto che Bersani chieda un intervento del governo su questo tema e chiede di discutere invece la questione in Parlamento. Ma il Pd, che pure ha depositato più di una proposta di legge sul tema (una è a prima firma Bersani) non si fida. Il sospetto è che il Pdl voglia solo prendere tempo per lasciare tutto così com’è.
L’Unità 17.02.12