Da quando si è aperto il confronto sulle riforme del mercato del lavoro la questione dell`art. 18, anche a seguito di alcune improvvide dichiarazioni governative, ha assunto, inopinatamente, una centralità che non merita fino a far dipendere dal suo destino, il giudizio sull`efficacia o meno di queste riforme.
Nulla di più erroneo se si considera che, contrariamente alla vulgata imperante, anche la sua eventuale abolizione non contribuirebbe affatto a ridurre la precarietà, dato che questa è largamente diffusa nelle imprese in cui l`art. 18 non si applica, o a indurre le aziende ad accrescere l`occupazione visto che anche recenti indagini nel mondo imprenditoriale segnalano come assumere o meno dipenda da ben altre ragioni, essenzialmente legate all`andamento del mercato.
Quanto poi alla relativa minore capacità dell`Italia di attrarre investimenti esteri è difficile pensare che essa dipenda da un eccesso di protezione del lavoro e non piuttosto da un`inadeguata modernizzazione del sistema-Paese nel suo complesso. Non è un caso che anche il segretario generale dell`Ocse, Angel Gurria, in occasione del suo recente soggiorno romano si sia sentito in dovere si segnalare che l`art. 18 «non è il punto fondamentale della riforma del lavoro» attualmente allo studio. Un`opinione tanto più degna di nota in quanto proveniente da un`organizzazione che è da sempre antesignana della flessibilità del lavoro.
Occorre quindi evitare che, nel momento in cui la trattativa tra governo e parti sociali entra nella sua fase più stringente, sia l`art. 18 a farla deragliare, pregiudicando la possibilità di un accordo che è invece essenziale in questa fase e che appare a portata di mano, grazie anche ad una ritrovata convergenza unitaria del movimento sindacale che rappresenta essa stessa un valore aggiunto per il Paese. A quanto è dato capire i termini per raggiungere questo accordo esistono e sono tali da dare risposte alle vere questioni dell`emergenza occupazionale che stiamo vivendo:
– facilitando l`ingresso dei giovani nel mercato del lavoro attraverso un apprendistato rafforzato;
– incentivando l`inserimento e il reinserimento al lavoro delle donne, degli over 50 e di altre figure deboli;
– riducendo drasticamente le tipologie contrattuali atipiche e rendendo il lavoro flessibile più oneroso di quello a tempo indeterminato;
– garantendo che le misure di sostegno al reddito, da mantenere ed estendere, siano effettivamente accompagnate da politiche attive, di formazione, riconversione professionale e outplacement.
Solo in questo quadro volto a rendere più inclusivo e fluido il mercato del lavoro ha senso affrontare anche alcuni aspetti dell`operatività dell`art. 18 senza rimetterne in discussione il valore come presidio per i diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro e la funzione deterrente rispetto a discriminazioni ed abusi.
Innanzitutto riducendo la durata dei processi che oggi si protraggano per troppo tempo alimentando l`incertezza per le parti e anche accrescendo gli oneri per le imprese. In secondo luogo valutando se e come i licenziamenti individuali di carattere economico non possano seguire un percorso simile a quello per i licenziamenti collettivi della stessa natura, con l`intervento del sindacato e l`applicazione di analoghe provvidenze sociali, ferma restando la possibilità, qualora emergesse nella procedura il carattere pretestuoso del comportamento dell`impresa, di intraprendere da parte del lavoratore le vie legali per ottenere giustizia secondo la normativa vigente.
È un`ipotesi che merita di essere pragmaticamente esplorata in quanto essa, nel caso di specie, non priva il lavoratore di protezione ma l`affida all’azione sindacale. Auspicando che la trattativa in corso approdi al risultato sperato non sarà tuttavia superfluo ricordare che anche il miglior accordo sulle riforme del mercato del lavoro non è in grado di per sé di assicurare la creazione di nuove opportunità di occupazione, in primo luogo dei giovani e della donne, in assenza di una politica economica e industriale che promuova lo sviluppo.
Su questo non meno che sul mercato del lavoro governo e le forze a suo sostegno in Parlamento sono attese alla prova.
Stefano Fassina – Responsabile Economia e Lavoro e Pd
Emilio Gabaglio – Presidente Forum Lavoro Pd
L’Unità 09.02.12