Erano stati in molti a contarci. A sperare che attraverso la riforma dell’organico funzionale si potessero trasformare a tempo indeterminato molti più posti di quelli che saranno lasciati liberi con i pensionamenti già il prossimo anno. A farlo credere le prime versioni del decreto legge di semplificazione e sviluppo. Che venerdì scorso è ritornato per l’approvazione finale al consiglio dei ministri, modificato rispetto al primo via libera, tra l’altro, nella parte riguardante la scuola e l’università. Tra le norme riscritte, c’è infatti l’articolo 50 del decreto, intitolato inizialmente all’ «Autonomia responsabile» e ora all’ «Attuazione dell’autonomia». Un cambio di titolo a cui corrisponde anche un cambio sostanziale di quei contenuti che lasciavano intravedere la stabilizzazione di 70 mila unità. Non è così. Il testo finale del decreto legge, che è atteso tra oggi e domani in Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione, attenua la portata delle disposizioni sull’organico funzionale. E soprattutto ridà peso al decreto legge 112/2008, la prima manovra correttiva del governo Berlusconi IV, con cui l’allora ministro dell’economia, Giulio Tremonti, avviò la riforma della scuola di Mariastella Gelmini, con un taglio di 110 mila posti e 8 miliardi di risparmio. Un «organico dell’autonomia, funzionale all’ordinaria attività didattica, educativa e amministrativa, tecnica e ausiliaria, alle esigenze di sviluppo elle eccellenze, di recupero di integrazione e sostegno ai diversamente abili e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico» e anche «la definizione di un organico di rete», da costituirsi attraverso intesa con la conferenza unificata stato-regioni, potranno essere realizzati «nei limiti previsti dall’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008/112». É il tetto agli organici sui quali fare assunzioni anche a tempo indeterminato, il tetto fissato da Tremonti, al netto dei tagli fatti, e che per il prossimo anno corrisponde a quello che si è riscontrato nell’organico di diritto nell’anno scolastico 2011/2012. Il personale della scuola dovrà infatti garantire come prevede il decreto 112, che a decorrere dal 2012 ci siano risparmi per 3.188 milioni di euro annui. Sparito poi dall’articolo finale il riferimento ai 10 mila posti in più proprio per l’organico funzionale da istituire a seguito di trattativa con i sindacati. Se il rigore della clausola sarà rispettato, il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, avrà ben pochi i margini di manovra per una ampia stabilizzazione con contratti a tempo indeterminato del personale sui posti effettivamente necessari, potendo invece solo agire per una stabilizzazione a tempo, ovvero triennale, al servizio della scuola, e comunque «fatte salve le esigenze che ne determinino la rimodulazione annuale». Il sottosegretario all’istruzione, Elena Ugolini, spiega nel suo intervento in pagina che, «in un momento di grandi ristrettezze», il governo farà del suo meglio per garantire stabilità al personale e continuità alla didattica. Un impegno importante, che dovrà confrontarsi con il controllo sempre attento del Tesoro. E che per essere declinato attende che l’articolo 50 del decreto semplificazione sia attuato. Si tratta delle linee guida, da adottarsi con decreto interministeriale (Istruzione, Economia, sentita la conferenza delle regioni) entro i 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, recita il dl. Il decreto ministeriale potrebbe dunque essere emanato verso la metà di giugno, fuori tempo massimo perché produca effetti dal prossimo anno scolastico. Le stesse linee guida dovranno infine avviare «un progetto sperimentale da attuare nel rispetto della vigente legislazione contabile, anche attraverso l’eventuale ridefinizione degli aspetti connessi ai trasferimenti delle risorse». I trasferimenti diretti di tutti fondi alle scuole, di cui parlava la prima versione del decreto, con tanto di elenco delle voci di bilancio, sono anch’essi spariti.
da ItaliaOggi 07.02.12
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“Garantiremo maggiore stabilità al personale e continuità didattica”, di Elena Ugolini
Il sottosegretario all’istruzione, Ugolini, SPIEGA IL
Con l’attenzione tutta rivolta all’emergenza neve, ai treni cancellati e alle code, il decreto di semplificazione e sviluppo approvato la scorsa settimana in consiglio dei ministri è passato quasi inosservato per quegli articoli che riguardano la scuola. Sono articoli che intervengono su quattro temi centrali per lo sviluppo della scuola e del Paese: autonomia degli istituti, valutazione, istruzione tecnica- professionale, edilizia scolastica.
C’è chi ha subito osservato che la norma sull’autonomia delle scuole è stata depotenziata rispetto alla prima stesura. Sarebbe importante però chiedersi perché dopo dieci anni dalla promulgazione della legge sull’autonomia scolastica sia ancora necessario fare una legge che parla della necessità «di consolidare e sviluppare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, potenziandone l’autonomia gestionale secondo criteri di flessibilità e valorizzando la responsabilità e la professionalità del personale della scuola (art 50)». Eppure è così. Non parlo solo di una diversa assegnazione e gestione dell’organico (di scuola e di rete), della possibilità di garantire la stabilità dei docenti per assicurare la continuità didattica, ma anche della modalità con cui le risorse economiche verranno destinate alle scuole. Sono cose che avremmo potuto fare da anni e che ora, in un momento di grandi ristrettezze economiche, si cercherà di fare con le linee guida che saranno promulgate da qui a 60 giorni. Nessuno ha la bacchetta magica, ma ritengo sia il momento giusto per chiedersi in che modo si possono aiutare insegnanti e dirigenti a svolgere al meglio un compito cruciale per tutto il Paese. Giovedì scorso ho avuto la possibilità di partecipare, in sostituzione del ministro Francesco Profumo, all’incontro guidato dal ministro del lavoro, Elsa Fornero, con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro e lo sviluppo economico. Al di là di quello che emerge dai media, ho avuto l’impressione che tutti condividessero gli obiettivi di fondo e fossero impegnati a trovare strumenti concreti per raggiungerli, con un grande spirito di collaborazione. Il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca era a quel tavolo perché i temi dell’istruzione e della formazione sono cruciali per la crescita. Senza valorizzare il capitale umano del nostro paese è impossibile uscire dalla crisi. Il tema dell’educazione è centrale a tutte le età e può costituire il motore vero della ripresa, sia per chi si affaccia alla vita sia per chi si trova in grande difficoltà perché ha perso il lavoro . Le norme presenti nel decreto semplificazione e sviluppo ( art. 52 ) che riguardano la filiera dell’istruzione tecnica e professionale sino al livello post secondario hanno questo scopo. L’obiettivo è di potenziare un’infrastruttura fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese, facilitando l’integrazione delle risorse pubbliche e private, sostenendo la collaborazione tra sistemi formativi di istruzione, formazione e lavoro. Sono tanti i punti dell’ agenda: portare a compimento la riforma degli istituti tecnici e professionali, attuare la legge sull’apprendistato, rafforzare l’istruzione tecnica superiore, favorire la nascita dei poli tecnico-professionali. Un’altra norma presente all’interno del decreto riguarda l’ulteriore infrastruttura fondamentale del nostro Paese: il sistema nazionale di valutazione. Valutare significa conoscere, capire i propri punti di forza e di debolezza, e trovare la strada per migliorare. Perché questo accada occorre un punto esterno di paragone che aiuti a rendersi conto della propria situazione. Quando gli esiti della prima indagine internazionale PISA realizzata dall’Ocse nel 2000 dimostrarono la grande varianza di risultati tra studenti che frequentavano diverse tipologie di scuole superiori italiane e l’esistenza di un divario profondo tra Nord e Sud, non si diede il giusto peso alla notizia. Ci sono voluti anni per cominciare a costruire un sistema di rilevazione nazionale degli apprendimenti in grado di coinvolgere tutte le scuole italiane dimosrando che le differenze cominciano già nel primo ciclo di istruzione e che c’è molto da fare. L’articolo 51 del decreto semplificazione e sviluppo consegna all’Invalsi il compito di ridisegnare il modello della valutazione della dirigenza scolastica e, «nelle more del definizione di un sistema organico e integrato di valutazione delle istituzioni scolastiche, delle università, della ricerca e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica», affida all’Invalsi il coordinamento funzionale del sistema nazionale di valutazione. Lo scopo è portare a compimento e mettere a sistema un percorso iniziato da più di dieci anni.
da ItaliaOggi 07.02.12