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“Basta maggioranze variabili niente forzature sull´articolo 18 serve il consenso dei sindacati”, intervista a Dario Franceschini di Giovanna Casadio

Per difendere il finanziamento ai partiti vanno introdotte regole scrupolose. Non siamo disposti a escludere il Terzo Polo da un accordo Serve una intesa molto larga.
Su giustizia, articolo 18 e mercato del lavoro, il Pd è in allarme, onorevole Franceschini?
«Noi Democratici abbiamo cercato e voluto il governo Monti, al contrario del Pdl che l´ha subito. Sapevamo che non sarebbe stato un cammino semplice, perché un esperimento totalmente inedito, reso possibile dall´emergenza e dalla gravità della crisi, cioè di avversari politici – che si sono scontrati duramente e che torneranno a scontrarsi alle elezioni, e che intanto sostengono lo stesso governo – è inevitabilmente difficile. Però il Pd appoggia Monti pienamente, sapendo che il lavoro è appena iniziato».
Tuttavia il segretario Bersani lancia l´offensiva e avverte che i Democratici non sono disposti a farsi prendere in giro.
«Il voto a Montecitorio sulla responsabilità dei giudici è stato gravissimo. Innanzitutto, mostra il rischio davvero grosso che quando le forze politiche non trovano tra loro un´intesa, Lega e Pdl tornano a votare insieme e sono maggioranza in Parlamento. Né ci si può affidare a una logica di maggioranze variabili e imprevedibili. A Monti abbiamo chiesto un suo impegno diretto per trovare una soluzione su quei “nodi” su cui è prevedibile uno scontro tra le forze politiche. Ferma restando la nostra lealtà».
Anche se il governo modifica l´articolo 18 sarete leali a tutti i costi?
«Non penso che il problema si porrà. Il ministro Fornero ha detto ci sarà un percorso di concertazione con le parti sociali, sindacato in primo luogo. Non mi riferisco solo al confronto, che è dovuto, ma al testo che giungerà in Parlamento e che dovrà avere il consenso delle parti sociali, indispensabile in un momento così carico di tensioni nel paese. Attenzione, però: nessuno faccia forzature su questo, né alle Camere né tantomeno nel paese».
È diventato Berlusconi ora il più convinto supporter di Monti, almeno a sentire le ultime dichiarazioni?
«Dopo vent´anni non riesco proprio a credere alle dichiarazioni di giornata di Berlusconi, e comunque se fosse vero che lo sostiene in modo convinto, ben venga».
L´ex premier pensa a una riforma elettorale con il Pd. E voi come rispondete a questa offerta di dialogo?
«Rispondiamo che non siamo disposti a escludere il Terzo Polo da un accordo. Facciamo un passo indietro. Il tema legge elettorale/riforme costituzionali è un compito affidato al Parlamento: al governo spetta affrontare l´emergenza economica, alle forze politiche costituire un sistema di regole che metta nelle condizioni chi vincerà le elezioni di riuscire a governare. Manca più di un anno alla fine della legislatura ed è un tempo più che sufficiente perché il Parlamento cambi i propri regolamenti, superi il bicameralismo perfetto e le sue lentezze, faccia una nuova legge elettorale. Non si può usare l´alibi del poco tempo. Noi vogliamo fare anche alcune riforme istituzionali e la legge elettorale. Ma non potremmo mai rinunciare alla modifica del Porcellum, dell´attuale legge porcata».
Quindi, pensate a un confronto con il Pdl?
«Serve una intesa molto larga. Alla trattativa devono partecipare tutte le forze parlamentari, comprese Idv e Lega. Tanto che Anna Finocchiaro e io abbiamo proposto le conferenze congiunte dei capigruppo di Camera e Senato e stiamo aspettando la risposta dei presidenti Fini e Schifani. La sede è istituzionale e nessuno può parlare di inciuci. Questo è l´obiettivo massimo, ovvero una intesa generale. Ce n´è però uno imprescindibile: l´accordo tra le forze che sostengono Monti. Perciò se l´idea è di un´intesa tra Pd e Pdl a scapito del Terzo Polo, la risposta è “no”. Sia perché la legge elettorale non si può fare imponendo la logica dei numeri in Parlamento, sia perché si metterebbe a rischio il governo stesso».
Quali caratteristiche sono irrinunciabili per il Pd in una nuova legge elettorale?
«Primo, restituire agli elettori la scelta degli eletti, per noi con i collegi uninominali; liberare dal vincolo delle alleanze forzose, inevitabilmente eterogenee e incapaci poi di governare; ridurre la frammentazione partitica. Incontri a livello tecnico ce ne sono già stati, e mi pare del tutto naturale. Ce ne saranno altri».
Il discredito nei confronti della politica è altissimo, e il “caso Lusi” , il tesoriere della Margherita – che è il partito in cui lei militava – contribuisce ad aumentarlo.
«Anche dalle vicende più brutte come questa possono scattare dei meccanismi virtuosi. Oggi tutti capiscono che, se si vuole difendere il finanziamento pubblico ai partiti, vanno introdotte regole di controllo e certificazione scrupolose, che garantiscano la totale trasparenza».

La Repubblica 06.02.12