Cinquant’anni fa un’ondata di gelo siberiano ti colpiva alle spalle e basta, perché le previsioni erano quello che erano. Oggi la si individua con una settimana di anticipo. Mercoledì 25 gennaio, nelle città del Nord splendeva ancora il sole, ma già si pensava alla prevenzione. Comuni e viabilità avevano messo in moto la macchina per far fronte alla nevicata attesa sul Piemonte da sabato 28 e poi in estensione sull’Appennino emiliano-romagnolo. La neve a Firenze e Roma era data per certa, così come le temperature boreali, da giovedì in poi.
Nessuno è stato sfiorato dal dubbio che le previsioni meteo non fossero da prendere sul serio, tanto che nei giorni successivi si è sviluppata una vera tempesta mediatica sull’imminente irruzione dell’inverno russo, al punto che si leggevano i valori dei record meteorologici prima ancora che si fossero verificati! Sarà l’ondata di gelo peggiore dal 1985, nevicherà a Roma, ghiaccio e neve creeranno disagi ai trasporti: nemmeno un condizionale. Più di così per informare istituzioni e cittadini non si poteva fare! Poi neve e gelo sono puntualmente arrivati, e con essi i treni soppressi, le code in tangenziale, le cadute sul ghiaccio e ogni genere di polemiche. Tutto come da copione, una fotocopia di quanto avvenuto dopo il devastante nubifragio di Genova del 4 novembre, anche quello annunciato con congruo anticipo.
Ma se dunque non riusciamo ad attrezzarci di fronte agli eventi meteorologici anomali nemmeno ora che abbiamo la possibilità di prevederli con ragionevolissima affidabilità, cosa non ha funzionato? Non si può scaricare sempre la colpa sulle pubbliche amministrazioni. E’ vero che qualche locale italica manchevolezza ci sarà pur stata, è vero che il traffico ferroviario potrebbe essere migliore anche quando non nevica, ma tutti i mezzi spartineve erano in servizio, condotti da personale addestrato e disciplinato, il sale e la sabbia erano stati sparsi in tempo e la vita è andata avanti dignitosamente anche a Cesena, a Bologna, a Urbino, dove la nevicata è stata imponente, talora superiore al metro. Eppure c’era sempre chi si lamentava che la neve non era stata spazzata anche su quel marciapiede di periferia e alla fermata del bus 39 sbarrato, dimenticando che la macchina sgombraneve ha un costo molto rilevante per le pubbliche casse. Bisogna agire di compromesso privilegiando alcuni assi viari, assegnando priorità agli ospedali, non si può asportare ogni fiocco di neve appena tocca terra, si spenderebbero milioni di euro per un ben effimero risultato.
A Roma una nevicata così abbondante non la si vedeva dall’11 febbraio 1986, quando ne caddero 23 cm. Poi solo un paio di spruzzate subito fuse nel febbraio 1991 e 2010. Per una città con una così bassa frequenza di nevicate tenere in piedi un servizio di sgombero neve come quello di Torino o Milano sarebbe una follia. Una fortezza Bastiani per combattere un sol giorno in 26 anni. E se non hai le armi – e qui era giusto non averle, per ragioni economiche e di buon senso – ritirati! Ma grazie alle previsioni, che sia una ritirata ordinata e programmata.
Invece, e qui sta il nocciolo della questione, l’impressione è che ormai ognuno pensi che il mondo ruoti tutto intorno a sé. Che la bufera soffi solo sugli altri, che il coefficiente di attrito dinamico sul ghiaccio aumenti magicamente sotto le proprie gomme, che le scarpette con i tacchi non si immiseriscano nella fanghiglia gelata, che la neve fonda istantaneamente sotto i propri specialissimi passi, che si possa insomma continuare a fare tutto quello che si sarebbe fatto con il sole anche nella settimana più glaciale degli ultimi trent’anni. Senza cambiare programmi, senza adeguare comportamenti e incolpando sempre gli altri per i disagi subiti. La vera anomalia non sta nei termometri, ma nell’incapacità di leggerli.
La Stampa 05.02.12