«I partiti che sostengono la maggioranza dovrebbero tutti rendersi conto, e sottolineo tutti, che non siamo più al tempo del governo Berlusconi. E che se non ci si muove con saggezza, nelle azioni e nelle reazioni, la maggioranza si farà slabbrare dalla Lega da una parte e di Di Pietro dall’altra e anche il governo ne risentirà. Quello che è avvenuto a Montecitorio nel voto segreto, ma anche dopo il voto segreto, è stato un brutto scossone…». Il sottosegretario del governo Monti che si confida è amareggiato.
Respinge l’accusa di un governo pressappochista e «distratto», che avrebbe sottovalutato che la mina dell’emendamento del maronianissimo Pini (Lega) sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, infilato nella legge comunitaria, era stato riammesso nel corso della notte e che occorreva disinnescarlo. «Lo sapevamo e sapevamo anche che era possibile un voto segreto, per via dei precedenti. Abbiamo fatto tutto il possibile: c’era un ordine del giorno della maggioranza, incluso il Pdl, che fissava i paletti condivisi di un provvedimento ad hoc del governo e il ministro Moavero ha confermato in aula che la questione sarebbe stata affrontata “in tempi rapidi” nel quadro di una disciplina organica, ma poi…».
Ma poi? Ma poi accade che nel voto segreto l’emendamento leghista passa con 264 voti contro 211 e il governo – che aveva poco prima deciso di esprimere parere contrario sottovalutandone l’insidia – a quel punto va sotto. All’ombra del voto segreto, irritato dai toni dell’intervento anti-emendamento della finiana Giulia Bongiorno, il gruppo del Pdl insorge e tradisce l’odg: compatto vota con la Lega, si spappola e crolla anche l’Udc e poiché nelle file del Pdl c’è il 32 per cento di assenti, il capogruppo Cicchitto calcola che per arrivare a quota 264 dev’esserci stato anche un robusto soccorso di franchi tiratori del Pd. Idem sostiene Di Pietro.
Bersani respinge l’accusa («Macché voto trasversale…») e il capogruppo Franceschini intima al governo di esigere un «chiarimento» dallo sleale Pdl. Alta tensione, accuse di voler far saltare il governo: è il putiferio alla camera e fuori, con l’Anm che insorge e il ministro della giustizia Paola Severino spiazzato: «Terremo conto del voto», ma «confidiamo in una modifica in seconda lettura al senato».
E infatti, dopo i toni fiammeggianti delle prime ore, un riflessivo Bersani fa capire in serata che si sta già lavorando a rimediare il danno: un ddl o, più probabilmente, un emendamento da presentare in senato, dov’è finita la comunitaria. «Se non corretta – spiegano al Pd – questa norma finirà cassata dalla Consulta, l’emendamento approvato è scritto coi piedi». «Troveremo una soluzione al senato per affrontare in modo serio e organico la questione», promettono le colombe del Pdl. «Riconfermeremo l’emendamento», dicono i falchi.
E Alfano? Ecco: quanto avvenuto, per tornare alle parole dell’anonimo sottosegretario di Monti, rilancia il tema di un «maggiore coordinamento» tra Pdl, Pd Terzo polo. «A noi risulta che Alfano, Bersani e Casini torneranno a vedersi a giorni…», dice l’esponente del governo. Quel che è accaduto è «una lezione» per tutti, non si può «lasciare solo sulle spalle dei capigruppo» la gestione quotidiana di un equilibrio politico «così delicato e complesso» come quello su cui poggia il governo. Altrimenti gli «scossoni» si ripeteranno, col rischio di far saltare il delicato gioco delle geometrie variabili – mettere nel conto di perdere voti su un versante della maggioranza per recuperane dall’altro e viceversa, su questo o su quel provvedimento – su cui ha finora poggiato il governo Monti.
da Europa Quotidiano 03.02.12