Giorno: 1 Febbraio 2012

"Perché i vecchi ci fanno paura", di Barbara Spinelli

Le ultime statistiche Istat sull’invecchiamento degli italiani erano prevedibili, ma vale la pena soffermarsi su di esse e pensarle sino in fondo. Non di rado i numeri sono una gabbia, e non è vero che «parlano da soli»: siamo noi a farli parlare. Nel 2030, dicono, i vecchi saranno il doppio dei bambini. Non molto diverse sono le statistiche sugli immigrati: loro aumenteranno, gli italiani diminuiranno. Tutto questo accadrà non in un domani lontano, ma fra poco. Sarà una crisi di civiltà, annunciano i giornali: una mutazione antropologica che non avremo voluto, ma che dovremo patire e chissà come ne usciremo. La mutazione fin d’ora la viviamo come disagio della civiltà, ma non a causa di questi numeri: a causa delle parole che usiamo per interpretarli, commentarli. Sono parole che salgono in noi come una nebbia, e tutte sono intrise di spavento, smarrimento: come fossimo una civiltà in preda a incursioni selvagge. Nell’ultimo ventennio si è parlato dell’imbarbarimento dei nostri costumi, ma forse la barbarie l’abbiamo dentro. Forse i barbari siamo noi, a meno di …

“Perché i vecchi ci fanno paura”, di Barbara Spinelli

Le ultime statistiche Istat sull’invecchiamento degli italiani erano prevedibili, ma vale la pena soffermarsi su di esse e pensarle sino in fondo. Non di rado i numeri sono una gabbia, e non è vero che «parlano da soli»: siamo noi a farli parlare. Nel 2030, dicono, i vecchi saranno il doppio dei bambini. Non molto diverse sono le statistiche sugli immigrati: loro aumenteranno, gli italiani diminuiranno. Tutto questo accadrà non in un domani lontano, ma fra poco. Sarà una crisi di civiltà, annunciano i giornali: una mutazione antropologica che non avremo voluto, ma che dovremo patire e chissà come ne usciremo. La mutazione fin d’ora la viviamo come disagio della civiltà, ma non a causa di questi numeri: a causa delle parole che usiamo per interpretarli, commentarli. Sono parole che salgono in noi come una nebbia, e tutte sono intrise di spavento, smarrimento: come fossimo una civiltà in preda a incursioni selvagge. Nell’ultimo ventennio si è parlato dell’imbarbarimento dei nostri costumi, ma forse la barbarie l’abbiamo dentro. Forse i barbari siamo noi, a meno di …

"Ma la licenziabilità non crea posti di lavoro", di Walter Passerini

Né totem né tabù, ma nemmeno la chiave magica che riuscirà ad aprire le porte della riforma del lavoro. I manager italiani sdrammatizzano il peso dell’articolo 18, indicando la strada per un nuovo patto tra aziende e lavoratori. L’articolo 18 non è un tabù, ma da solo non serve più. La maggioranza degli 850 dirigenti e quadri intervistati rivela un atteggiamento pragmatico e laico verso quello che è diventato un territorio di crociate e di battaglie spesso ideologiche e riporta i problemi con i piedi per terra. Come risulta dall’indagine realizzata dall’associazione Manageritalia, che rappresenta oltre 35 mila direttori e capi d’impresa, con la collaborazione di Astra Ricerche, due manager su tre affermano che non è l’articolo 18 a impedire alle imprese di assumere personale (concorda con questa opinione il 61,7% degli intervistati). I dirigenti indicano con chiarezza quelle che dovrebbero essere le vere tutele in un moderno sistema del lavoro. Secondo l’86,7% degli interpellati, infatti, il punto critico è la forte competizione e l’obsolescenza di alcune professionalità, che vanno sostituite rapidamente, ma ciò deve …

“Ma la licenziabilità non crea posti di lavoro”, di Walter Passerini

Né totem né tabù, ma nemmeno la chiave magica che riuscirà ad aprire le porte della riforma del lavoro. I manager italiani sdrammatizzano il peso dell’articolo 18, indicando la strada per un nuovo patto tra aziende e lavoratori. L’articolo 18 non è un tabù, ma da solo non serve più. La maggioranza degli 850 dirigenti e quadri intervistati rivela un atteggiamento pragmatico e laico verso quello che è diventato un territorio di crociate e di battaglie spesso ideologiche e riporta i problemi con i piedi per terra. Come risulta dall’indagine realizzata dall’associazione Manageritalia, che rappresenta oltre 35 mila direttori e capi d’impresa, con la collaborazione di Astra Ricerche, due manager su tre affermano che non è l’articolo 18 a impedire alle imprese di assumere personale (concorda con questa opinione il 61,7% degli intervistati). I dirigenti indicano con chiarezza quelle che dovrebbero essere le vere tutele in un moderno sistema del lavoro. Secondo l’86,7% degli interpellati, infatti, il punto critico è la forte competizione e l’obsolescenza di alcune professionalità, che vanno sostituite rapidamente, ma ciò deve …

"E a soffrire di più sono il Mezzogiorno e le aree industriali", di Marco Alfieri

Nemmeno la jobless recove- ci salva più. La ripresa senza occupazione che ha tenuto compagnia all’Europa per un biennio (2˚semestre 2009 1˚ trimestre 2011). Giravi per le province industriali del nord – Varese, Vicenza, Treviso, Bergamo, Brescia, Torino, Reggio Emilia, Bologna – e la fotografia era quasi identica: ripresa di ordinativi, export e fatturato rispetto alla gelata 2008 ma calma piatta sull’occupazione. La Cig non basta più Dalla scorsa primavera anche quello stato di sospensione, lenito dal materasso degli ammortizzatori sociali (30 miliardi spesi in 3 anni e mezzo per finanziare 3,4 miliardi di ore di cassa integrazione che hanno coinvolto oltre 4 milioni di lavoratori), è ormai un lontano ricordo. Il consuntivo 2011 calcolato dalla Cgil parla di 500mila lavoratori in cassa a zero ore, costretti a rinunciare a 8 mila euro in busta paga, pari a un taglio complessivo di 3,6 miliardi. Ma soprattutto di una disoccupazione ufficiale risalita a dicembre all’8,9%, al livello di 11 anni fa, prima della riforma Biagi. Quella reale, sommando gli inattivi che non cercano più, secondo la …

“E a soffrire di più sono il Mezzogiorno e le aree industriali”, di Marco Alfieri

Nemmeno la jobless recove- ci salva più. La ripresa senza occupazione che ha tenuto compagnia all’Europa per un biennio (2˚semestre 2009 1˚ trimestre 2011). Giravi per le province industriali del nord – Varese, Vicenza, Treviso, Bergamo, Brescia, Torino, Reggio Emilia, Bologna – e la fotografia era quasi identica: ripresa di ordinativi, export e fatturato rispetto alla gelata 2008 ma calma piatta sull’occupazione. La Cig non basta più Dalla scorsa primavera anche quello stato di sospensione, lenito dal materasso degli ammortizzatori sociali (30 miliardi spesi in 3 anni e mezzo per finanziare 3,4 miliardi di ore di cassa integrazione che hanno coinvolto oltre 4 milioni di lavoratori), è ormai un lontano ricordo. Il consuntivo 2011 calcolato dalla Cgil parla di 500mila lavoratori in cassa a zero ore, costretti a rinunciare a 8 mila euro in busta paga, pari a un taglio complessivo di 3,6 miliardi. Ma soprattutto di una disoccupazione ufficiale risalita a dicembre all’8,9%, al livello di 11 anni fa, prima della riforma Biagi. Quella reale, sommando gli inattivi che non cercano più, secondo la …

"La laurea conta ma non è tutto", di Luigi Berlinguer

Caro direttore, nel dibattito, anche quello meritoriamente promosso da Europa, occorre tenere distinte la funzione formativa da quella professionale. L’università ha il compito della formazione dei cittadini per lo svolgimento delle alte professioni e la società, lo stato, il potere pubblico, le imprese devono presiedere alle forme di utilizzazione degli alti quadri e dei professionisti. Ciò che deve essere impedito (anzi, scongiurato) è l’automatismo tra il possesso di un titolo di studio e l’impegno nella funzione o nella professione. Per l’esercizio del lavoro, l’utilizzatore deve sempre – sempre – procedere ad una sua verifica “indipendente”. Mentre la Costituzione prevede il concorso per l’impiego pubblico, nelle altre funzioni “private” tale compito spetta ai soggetti economici. È questione che richiede drastiche misure di riforma. Prima tra tutte la cancellazione degli automatismi perché è evidente come la prassi italiana abbia, ad oggi, concesso in questo senso davvero troppo. Riassumere tutto ciò nella formula dell’abolizione del valore legale del titolo di studio è però, a mio parere, fuorviante. Sugli aspetti giuridici della questione rimando a quanto scritto, in modo …