Il Nord e Sud sono piuttosto distanti anche nel giudizio sul Governo Monti ma in un modo che non piacerà alla Lega. E che fa riflettere il Pdl ormai in costante oscillazione tra l’appoggio e la minaccia all’Esecutivo. A dare due numeri chiave è proprio una delle esperte in sondaggi più stimata da Silvio Berlusconi – Alessandra Ghisleri di Euromedia Research – che mostra quanto il Nord abbia sposato la causa-Monti, più del Mezzogiorno.
In particolare, ci sono 15 punti di differenza a misurare la distanza tra le due aree del Paese. «Il 75% dei cittadini del Nord dà sostegno al Governo e vuole che duri fino al 2013, al Sud la percentuale si riduce fino al 60%, mentre la media nazionale è del 65%», spiega la Ghisleri che illustra dati molto recenti, rilevati da appena una settimana e che scontano anche l’effetto liberalizzazioni. Ma c’è un’altra cifra interessante, quella sulla fiducia al premier. Anche qui c’è uno stacco di circa 10 punti da Milano a Palermo. «Il dato nazionale – racconta la Ghisleri – è del 56,7%, quello del Nord supera di un po’ il 60%, quello del Sud è di poco più basso del 50%. Vorrei chiarire che la fiducia riassume una serie di indicatori come la competenza, la credibilità, la capacità di riuscita e che è risalita dopo essere scivolata molto in basso subito dopo la manovra. Va detto, poi, che Monti è visto come un “buon prodotto” del Nord».
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Insomma, la parte più produttiva del Paese, la più esposta alla crisi e quella che in qualche modo è più consapevole della posta in gioco, sembra abbia fatto una scelta molto netta sull’attuale Esecutivo. E questo accade nonostante i partiti più in sintonia con quest’area del Paese siano o incerti – come il Pdl – o addirittura ostili, come accade alla Lega. Senza approfondire il sondaggio casereccio di Radio Padania – dove l’80% di ascoltatori ha appoggiato Monti – basta guardare quello già noto di Euromedia per vedere come il 74% di elettori padani abbia apprezzato le liberalizzazioni mentre il Senatur gli dà battaglia. Sembra un cortocircuito ma, secondo Paolo Feltrin, professore di scienza della politica all’Università di Trieste, siamo semplicemente tornati indietro. «Siamo più o meno nella stessa fase del ’97-’98 quando Bossi scelse di fare la guerra all’Europa e all’euro e di alzare i toni per salvare il partito. Se si ricorda anche in quel periodo ci fu una scissione in Veneto così come oggi ci sono divisioni interne. Dunque, l’obiettivo del Senatur appare lo stesso: salvare la nave-Carroccio dando fiato all’ala più estrema dei militanti. E questo comporta lo scollamento con quell’area di elettori più moderati del Nord che invece vuole Monti per uscire dalla crisi».
È come una partita a poker, dice Feltrin: «La puntata attuale di Bossi non è quella probabile ma quella possibile, il fallimento di Monti e dell’Europa. Solo così può massimizzarla. Il Pdl, che non ha ancora scelto come giocare, sarà costretto a rafforzare il suo consenso per il Governo. Non può seguire la Lega perché il Nord, oggi, sta con il premier. Ma è chiaro che tutto questo vale per l’oggi: tutto è aperto, è l’azione di Monti a essere ancora in sospeso». Le riflessioni di Feltrin si ritrovano anche nei numeri dei sondaggi della Ghisleri. «Il Pdl da quando c’è Monti ha perso quasi 3 punti, oggi è intorno al 24-25%. Ed è in sofferenza perché non spiega, non ha un ruolo di mediazione con i cittadini o le categorie, non è più un punto di riferimento per i suoi elettori. A crescere, infatti, sono i partiti che motivano la loro scelta rispetto a Monti: si rafforza di un paio di punti l’Udc – e non è poco per un partito che vale il 6% – si rafforza il Pd (27-28%) ma anche Vendola che ai suoi fa un racconto di quello che accade».
Tornando al Nord, anche in Veneto, “cratere” dei consensi padani, il Carroccio sembra dover fare i conti con una realtà produttiva che, almeno ora, si aggrappa al Governo. Lo spiega Daniele Marini, direttore della Fondazione Nord-Est, che raccoglie i principali soggetti produttivi di quell’area. «Nessun imprenditore può volere lo scenario evocato da Bossi, cioè il default dell’Italia e dell’euro. E questo perché comporta il peggiore dei mali per un uomo d’azienda: l’incertezza. Nessuno oggi sa cosa accadrebbe e come verrebbe gestito il fallimento della moneta e dunque i produttori puntano su Monti perché ritengono sia l’unica strada per non affrontare l’esito più pericoloso. Questa è la ragione per cui il Nord – che aveva già voltato le spalle al centro-destra prima che Berlusconi cadesse – oggi appoggia il Governo». Intanto quello che si dice in piazza a Milano o a Montecitorio non coincide sempre con le parole delle piazze locali, tant’è che Marini fa notare che «anche la Lega, con i suoi amministratori locali, si guarda bene – qui – dall’usare i toni di Bossi. Qui si è molto più soft verso Monti proprio perché sono ben presenti le preoccupazioni delle aziende».
Sono, dunque, le paure a tenere alti gli indici di gradimento che scendono quando si tratta di valutare l’effetto concreto delle scelte di Monti. «Al Nord, per esempio, il 49% non pensa che il Pil aumenterà con le liberalizzazioni», fa sapere la Ghisleri che invece dice sia piaciuto, e molto, il blitz a Cortina anti-evasione: «Siamo oltre il 65% di approvazione». E anche questo, forse, era sfuggito al centro-destra.
da www.ilsole24ore.com