Si profila una grande opportunità per le forze politiche di centrodestra e centrosinistra. Il ricorso a mozioni unitarie sull’Europa sembrava scomparso dall’agenda del Parlamento. L’ultima (dicembre del 2001) prima del Consiglio europeo di Laeken che lanciò il trattato costituzionale rimase lettera morta, indebolita dalle divisioni fra una maggioranza euroscettica e un’opposizione europeista. Questa volta, la mozione congiunta Pd-Pdl-Terzo polo approvata dalla Camera e dal Senato costituisce un raggio di sole nella foschia della politica nazionale. Potrebbe segnare un passo virtuoso verso un solido rinnovamento europeista del Paese. Il sostegno accordato al presidente del Consiglio va soprattutto valutato in funzione del rafforzamento della posizione negoziale di Monti in Europa dove lo attendono impegnative scadenze. Questa circostanza non diminuisce affatto il significato della convergenza creatasi sulla necessità di agire uniti quando entrano in gioco interessi fondamentali o quando vanno difesi l’euro, il metodo comunitario, il rafforzamento del progetto europeo, il mercato interno. Conta che il Parlamento si accorga che Bruxelles non si accanisce contro il nostro Paese per partito preso. Una posizione giustamente incisiva richiede un passaggio successivo: l’appoggio al governo deve trasformarsi in una posizione comune sull’Europa dall’effettiva continuità e coerenza.
Torna a vantaggio delle forze politiche il recupero di un rapporto di stima con l’Europa, tanto più che questa non allenterà la presa su rigore finanziario e riforme strutturali. Il 2012 sarà un anno di svolta per l’Unione Europea. Basta pensare all’accordo sulla disciplina fiscale che lascia intravedere nuovi trasferimenti di sovranità a Bruxelles in materia di bilancio e di fiscalità. Sarebbe imprudente se la mozione rimanesse lettera morta. Non potrebbe esservi uno scenario peggiore di un’iniziativa destinata all’oblio alla prima scadenza elettorale. È da sperare che le forze politiche se ne rendano pienamente conto.
L’iniziativa parlamentare costituisce invece una splendida opportunità per dimostrare una coerenza e l’infondatezza dei tanti pregiudizi nei confronti dell’Italia. L’Europa rappresenta un’occasione irrepetibile per i partiti, nessuno escluso, di aggiornare le proprie posizioni sul futuro del nostro continente. Non si capisce perché il centrosinistra sia rimasto attaccato a un europeismo spesso stantio e opportunista. Avrebbe potuto essere molto più propositivo. Idem per il Terzo polo. Ancor meno si comprende il motivo per cui il Pdl abbia coltivato per anni l’euroscetticismo, alimentato il vezzo per posizioni eccentriche rispetto alla tradizione italiana e spronato ogni possibile critica verso le istituzioni europee. Non ci ha guadagnato nulla. Anzi, ha marginalizzato l’Italia. Ha alimentato giudizi taglienti nei nostri confronti.
La presunta continuità fra il governo Berlusconi e il governo Monti sull’Europa fa comodo nei conciliaboli politici nostrani ma non convince nessuno in Europa. Esiste un fenomeno ancora più inspiegabile. Nei decenni passati, la sinistra, a parte Altiero Spinelli, Giorgio Napolitano e pochi altri, non è mai stata un motore dell’integrazione europea. Gran parte del mondo conservatore italiano ha rimosso dalla propria memoria che l’impulso decisivo all’unità venne assicurato dai partiti di centro e che il legame fra la Dc e la Cdu tedesca fu per anni pilastro del progetto unitario. Sarebbe una convenienza per il Pdl sgombrare il campo dall’equivoco creatosi e non lasciare al partito democratico l’esclusività dell’impegno europeo. Non sono passaggi indolori. Il ritrovamento della credibilità comporta un apprendistato da compiere, una cultura da acquisire, una progettualità da far valere. L’Europa non si costruisce battendo i pugni sul tavolo ma attraverso l’autorevolezza e la costanza del negoziato. Anche con idealismo. La gravità della crisi dei debiti sovrani, la diffusione dei movimenti estremisti, la stabilizzazione istituzionale, la legittimità democratica rendono urgentissima una politica bipartisan. I tempi saranno duri per tutti ma stimolanti. Ce n’è abbastanza perché le forze politiche, soprattutto le generazioni giovani, prendano in mano queste scadenze. Esiste ormai una politica interna continentale. Chi acquisisce stima in Europa riesce anche in Italia.
Risponderebbe all’interesse della nazione se il presidente del Consiglio potesse fare affidamento su un Parlamento che ha ritrovato in extremis lo slancio di una missione condivisa. In passato molti erano convinti che l’euroscetticismo facesse guadagnare voti (il centrodestra) e che l’ostentazione dell’impegno europeo li facesse perdere (il centrosinistra). Questa volta è probabile che i partiti capaci di ritrovare uno scatto unitario cresceranno in autorevolezza anche oltre le frontiere nazionali.
dal Corriere della Sera del 28 gennaio 2012