Il Partito democratico farà una grande campagna politica per cancellare il Porcellum. Una campagna esterna, fra i cittadini; e una battaglia nelle sedi politiche e istituzionali. Sacrosanto. Non si può pensare infatti di tornare alle urne l’anno prossimo con una legge elettorale vergognosa come quella voluta dal centrodestra, con il consenso anche dell’Udc, rinnegata oggi anche da alcuni suoi ex fautori, negativa riguardo all’obiettivo della stabilità e impopolare in un tempo di nuova domanda democratica. Peraltro, il Pd è in ottima compagnia. Non solo giornali e studiosi (ieri due editoriali, Mauro su Repubblica e Panebianco sul Corriere), non solo la disponibilità del Terzo polo: soprattutto in campo c’è la vigorosa iniziativa di Giorgio Napolitano. Si potrebbe recriminare sul fatto che per i partiti sarebbe stato più agevole scrivere una nuova legge “sotto dettatura” del popolo espressosi col referendum. Ma è acqua passata. E il capo dello stato, che ben conosce i limiti di questi partiti, comprensibilmente mette loro fretta.
Il “giro” del presidente ha visto più ombre che luci. Dicono che su regolamenti, diversificazione delle camere, finanche sulla riduzione del numero dei parlamentari l’accordo sia ragionevolmente a portata. Ma nessuno può far finta di non sapere che lo scoglio vero è la legge elettorale, un pugno di sabbia che può ingrippare l’intero meccanismo riformatore.
Il Pd ha una posizione forte (che si vorrebbe sostenuta con maggiore convinzione), il doppio turno prevalentemente maggioritario ma con recupero proporzionale e diritto di tribuna. Sarebbe un errore mollare sui principi di fondo: il maggioritario che rende limpida la scelta del governo da parte degli elettori, e il diritto del popolo a scegliersi i rappresentanti. E col maggioritario le primarie di partito sono imprescindibili. Su questo bisogna essere chiari.
Ma la difficoltà reale è legata all’ambiguità di Berlusconi. Che vorrebbe tenersi stretto il Porcellum.
Vorrebbe il Porcellum non solo e non tanto per mantenere il suo pieno dominio sulle candidature e nemmeno solo per salvare l’asse con la traballante Lega, quanto per sollecitare quel largo sentimento dell’anti-politica che inevitabilmente contro il Pd si scaglierebbe. Una mossa disperata ma non priva di senso: gonfiare la “bolla” di un Beppe Grillo a tutto discapito di quello che oggi è il partito più forte non è un grande progetto politico, ma per un leader al tramonto è meglio di niente.
Il problema di Berlusconi è però duplice. Primo, se questa “astuzia” venisse smascherata e denunciata per tempo, l’opinione pubblica si rivolterebbe contro di lui. E soprattutto il Cavaliere avrebbe di fronte Giorgio Napolitano, vero maieuta di un progetto complessivo di riforme recuperando appieno la bussola di una sana democrazia dell’alternanza.
Insomma, è l’ex premier davanti a una scelta: e stia bene attento perché rischia di
da www.europaquotidiano.it
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“Napolitano: sessioni parallele per riforme e legge elettorale”, di Marcella Ciarnelli
Una sessione parlamentare da dedicare alle riforme per riuscire a varare quelle necessarie. Potrebbe essere la strada da seguire. Conclusi i colloqui di Napolitano
con le forze politiche rappresentate in Parlamento.
Nessuno ha detto «no, non è possibile». Non c’è stato uno dei rappresentanti delle forze politiche che sono salite al Quirinale negli ultimi tre giorni che abbia detto di voler conservare lo statu quo. Il presidente della Repubblica li aveva convocati
per una ricognizione sulla possibilità di procedere, nel tempo che manca alla fine della legislatura, sulla strada delle riforme, a cominciare da quella elettorale, arrivando così a dare risposte concrete alla richiesta sostenuta dalla opinione
pubblica concretizzata nell’oltre milione di firme a sostegno dei referendum poi bocciati dalla Consulta.
IL RUOLO DELLA POLITICA
Una ricognizione che è stata anche una sollecitazione alle forze politiche ad impegnarsi nei luoghi deputati dato che «è ai partiti e al Parlamento che spetta assumere il compito di proporre e adottare modifiche alla vigente legge elettorale»
come si sono trovati in accordo ad affermare il Capo dello Stato e i presidenti di Senato e Camera subito dopo la decisione della Corte. Che i problemi ci siano è stato
ribadito da tutti i politici che sono stati ricevuti al Colle. Ieri la tornata si è conclusa con la delegazione dell’Idv, composta dai capigruppo parlamentari Bellisario e Donadi e dal portavoce Orlando anche se poi Antonio Di Pietro, che non c’era, si è preso l’incarico di illustrare la posizione del suo partito, più disponibile rispetto al solito anche se sempre scettico. «Io non ho condiviso la decisione della Consulta ma ora prendo atto che il capo dello Stato con impegno, in queste ore, si sta confrontando per stimolarci a fare una nuova legge elettorale» che per l’Idv dovrà «rispettare lo spirito referendario» e «la necessità di una riforma costituzionale che, partendo dalla
drastica riduzione del numero dei parlamentari, preveda la fine del bicameralismo
perfetto».
Anche gli esponenti della Lega, Bricolo capogruppo al Senato e Lussana al posto di Reguzzoni, in altre faccende impegnato, hanno portato al Colle la disponibilità a modificare la legge elettorale confezionata dal loro collega di partito Calderoli, anche
se il leitmotiv dell’incontro è stato la conclusione del percorso federalista.
TRE GIORNI DI COLLOQUI
Ora che la ricognizione con le forze politiche si è conclusa, i primi ad andare al Quirinale sono stati i rappresentati del Terzo Polo, poi è stata la volta di Pd e Pdl ed, infine, i partiti ricevuti ieri, il presidente Napolitano farà le sue valutazioni e poi si confronterà con i vertici di Senato e Camera, con i quali è possibile possa essere
concordato un percorso parlamentare che porti alla discussione nei luoghi propri delle riforme necessarie, fino all’auspicabile approvazione.
Una sessione parlamentare specifica che in tempi rapidi porti al risultato. Questo potrebbe essere il percorso. E per superare l’obbiezione, fatta da alcuni sul prima e il dopo, e cioè su quali argomenti iniziare il confronto la soluzione potrebbe essere
quella di affrontare in una Camera le riforme costituzionali e, quindi, le diverse funzioni delle assemblee e il numero dei parlamentari, e nell’altra la discussione sulla riforma elettorale. Un percorso in parallelo che porterebbe ad una indiscutibile
accelerazione. La situazione è quella che è. Nessun esponente delle forze politiche
si è tirato indietro davanti alla sollecitazione del presidente. Però appare evidente che ognuno ha obbiettivi, modelli, interessi diversi. E vale per i singoli partiti ma anche all’interno degli stessi. Nel momento in cui il confronto dovesse partire è
chiaro che le differenze diventerebbero ancora più evidenti di quelli apparsi nei momenti del solo dibattito teorico. D’altra parte, basti solo l’esempio della riforme elettorale, in Parlamento sono molte e diverse i disegni di legge depositati a nome di
singoli parlamentari o partiti.
L’argomento è diventato di nuovo di stringente attualità nei partiti. Ed ora bisogna vedere come si concretizzerà la disponibilità al confronto confermata da tutti al Capodello Stato. «Insistiamo molto sul fatto che la politica debba mettersi a disposizione di un processo di riforme» aveva affermato il segretario del Pd, Pier
Luigi Bersani, l’altra sera al termine del colloquio con Napolitano, ribadendo che «siamo anche quelli che vogliono essere flessibili, aperti a una discussione da fare in Parlamento con gli altri partiti». Il disegno di legge del Pd è stato depositato.
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“Bersani: se resta il Porcellum il Pd farà le primarie”, di Simone Collini
Per il leader dei Democratici sarebbe una tragedia conservare l’attuale legge. Ma il confronto parte male: il Pdl vuole anteporre l’assetto istituzionale e rilancia il presidenzialismo
Tra diffidenze reciproche, i partiti hanno già cominciato a discutere di legge
elettorale. In questa fase un po’ tutti si limitano a sondare il terreno, consapevoli del
nesso tra sistema di voto e strategia delle alleanze. Nel Pdl si sta ragionandose
convenga lavorare per riallacciare con l’Udc in vista delle prossime elezioni o se aprire il confronto col Pd per salvaguardare il bipolarismo e chiudere a ipotesi proporzionaliste.
Nell’Udc (così come nell’Idv) c’è il timore che Pdl e Pd vogliano andare verso una legge come quella spagnola che favorirebbe i grandi partiti e quelli, come la Lega,
molto regionalizzati. Fli, per rimanere nel Terzo polo, lancia attraverso il finiano “Futurista” una bordata al proporzionale. Nel Pd si guarda con sospetto sia alla proposta di “emendare” il Porcellum inserendo le preferenze (La Russa) che a quella di posporre la modifica della legge elettorale all’approvazione delle riforme istituzionali, rilanciando per di più il presidenzialismo (Cicchitto).
Bersani, che ha discusso dell’argomento con Alfano il giorno del vertice a Palazzo Chigi con Monti, è convinto che le «sollecitazioni» del Quirinale e la spinta referendaria che comunque si è fatta e si farà sentire, porteranno ad approvare entro la fine della legislatura una nuova legge elettorale.Mail leader del Pd ha garantito fin d’ora in diversi colloqui che nel caso in cui il Pdl alla fine si mettesse di traverso (per Berlusconi il Porcellum è strategico all’alleanza con la Lega), i candidati parlamentari del suo partito saranno scelti attraverso le primarie. «Se non si arrivasse a una nuova legge elettorale – è il suo ragionamento – attiveremo tutti i possibili meccanismi di partecipazione nella scelta dei nostri candidati». Si tratta ad un tempo di un modo per rispondere all’esigenza di far scegliere gli eletti dagli elettori, per tranquillizzare quanti nel partito (all’Assemblea nazionale che si apre oggi a Roma Civati e Vassallo presenteranno un ordine del giorno in questo senso) chiedono le primarie nel caso in cui rimanesse il Porcellum, e anche per lanciare una campagna di mobilitazione che farebbe già emergere una prima importante differenza tra i partiti che si confronteranno alle prossime politiche.
Secondo Bersani andare a votare per la terza volta con questa legge elettorale sarebbe però drammatico perché il sistema politico rimarrebbe bloccato e perché aumenterebbe il distacco dei cittadini nei confronti della politica. Tema che il leader del Pd toccherà oggi aprendo l’Assemblea nazionale del partito, sottolineando la necessità di approvare le riforme (elettorale compresa) per ridare credibilità ai partiti e alle istituzioni.
Il Pd lancerà una mobilitazione tra iscritti ed elettori «per una buona politica» e chiederà un’accelerazione anche in Parlamento. Ed è bastato che si ventilasse l’ipotesi di presentare una mozione che impegnasse le Camere ad avviare la discussione perché dal Pdl si levassero voci allarmate e minacciose: dice Cicchitto che solouna volta delineate le soluzioni sulla forma politico-istituzionale dello Stato si potrà portare avanti il dibattito della riforma della legge elettorale, «che nessuno può pensare di ipotecare con la improvvida presentazione di mozioni in Parlamento».
E in attesa che il confronto parta a Montecitorio e Palazzo Madama, Veltroni ha organizzato per giovedì con Democratica un incontro per discutere il tema. Parteciperanno il capogruppo Pd a Montecitorio Franceschini, Quagliarello (ala dialogante del Pdl), Della Vedova (Fli) e Orlando (Idv).
da L’Unità