La giornalista del tigì che insegue trafelata il comandante De Falco e gli chiede (gridando per farsi sentire): «lei è un eroe?», mentre quello, giustamente, fugge e preferirebbe sprofondare piuttosto che risponderle (perché quale persona al mondo accetterebbe di rispondere a una domanda del genere senza sentirsi ridicolo o stupido?); quella giornalista, dicevo, è a sua volta un´eroina, perché accetta di incarnare fino in fondo, fino allo stremo, il ruolo assurdo che il dovere le assegna. Che è quello di confezionare la realtà come uno spettacolo facile facile, commestibile per tutte le bocche, uno spettacolo con i buoni e i cattivi, gli eroi e gli infami, i vincitori e i vinti. Senza le sfumature, le ambiguità, i margini di dubbio, uno spettacolo fatto solo di chiari e di scuri, che lo capiscano anche i bambini, oppure quegli adulti ridotti a bambini che la tivù amerebbe noi fossimo.
Una volta vidi Benigni sistemare le luci prima di una sua apparizione televisiva. Tenne ai tecnici una breve lezione: «Mi raccomando levatemi ogni ombra. Il comico deve apparire sempre in piena luce o nel buio fondo, perché il comico è come un cartoon: non ha psicologia, dunque non ha sfumature». È esattamente per questo che la domanda «lei è un eroe?» suona, alle nostre orecchie, come una domanda comica.
da la Repubblica del 20.01.2012