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"Con Monti un cambio di passo. Ma alcune cose vanno cambiate", intervista a Pier Luigi Bersani di Emanuela Fiorentino

«Pensioni? Aggiustare subito il tiro. Evasione? Più coraggio con le banche dati. Liberalizzazioni? Sono circolate troppe bozze».

Segretario Pier Luigi Bersani, lei è stato il primo liberalizzatore. Le piacciono le «lenzuolate» di Mario Monti?
Rivendico almeno il coraggio: con un mio provvedimento, dalla sera alla mattina, scomparvero a suo tempo le licenze del commercio e le tabelle merceologiche: c’era un asse della politica che cercava di dare qualche occasione di lavoro ai giovani e di limitare speculazioni sui prezzi. Ora chiedo al governo di riprendere la questione sotto quei due profili, senza lasciare margine a cattive interpretazioni.

Chi interpreta male e che cosa?
Sento dire per esempio che intervenire sui farmaci è de minimis. Non è vero, è una cosa fondamentale che riguarda miliardi di euro addosso in particolare agli anziani e alle famiglie numerose. Facciano il massimo, con coraggio, senza discriminare questo o quello.

Quale consiglio, lei che ci è passato e che di proteste ne ha incassate tante, si sente di dare al premier?
Avrei dato un consiglio preventivo: far girare meno bozze. Prima le decisioni, poi le discussioni e gli aggiustamenti. Secondo consiglio: stare larghi, trattandosi appunto di lenzuolate, affrontando il tema a 360 gradi. Terzo: darsi alcune priorità, non tutto quello che si fa poi lo si porta a casa. Vuole la scala? Farmaci, benzina, gas, banche e assicurazioni, professioni e servizi pubblici. Per equilibrare il consenso tra lobby e opinione pubblica, il messaggio di occuparsi di cose che incidono sul reddito reale, dà una forza enorme per combattere.

Ma i tassisti, che lei non cita, sono un potere debole o forte?
Qui a Roma, per me o per lei, sono un potere fortissimo. Ma per l’universalità dei pensionati e dei lavoratori italiani no. E quindi se si parla di Roma, Napoli, Milano, ok. Poi ci appassioniamo moltissimo perché questa categoria rappresenta un’idea di città non spendibile in Europa.

Anche lei fu attaccato dai tassisti. Per questo ora li mette in secondo piano?
No, guardi, ero stupefatto dai titoli sui giornali, tutti sui taxi. Avevo avuto minore attenzione facendo una cosa unica in Europa, e cioè la liberalizzazione del sistema elettrico. Per intenderci, avevo spacchettato l’Enel, che adesso è un attore mondiale.

Due mesi sono pochi per giudicare, ma come si sta a bordo di un governo tecnico?
Vedo più luci che ombre, se non altro per come è cambiato il glossario del governo, che ci ha riportato sui problemi reali. Ha fatto parecchie cose buone ma alcune scelte non vanno bene. Riguardo alla riforma delle pensioni, non aver ragionato sui meccanismi di transizione è un guaio serio che va aggiustato. Penso ai lavoratori precoci, quelli che si trovano senza lavoro, senza ammortizzatori, senza pensione. Bisogna aggiustare il tiro, e il governo si è impegnato a farlo.

E poi l’evasione fiscale. Secondo Vincenzo Visco si sta agendo con timidezza.
Monti ha dato un segnale forte, pedagogico: mai più condoni. Anche la pressione mediatica è importante, ma si può fare di più.

Che cosa, ci dica.
Banche dati interconnesse per creare una normale fisiologia di fedeltà fiscale. Consentire al fisco di guardare i movimenti bancari è positivo. Ma sulla tracciabilità avremmo fatto un passo in avanti, con misure scomode come l’elenco clienti fornitori, che è una delle chiavi fondamentali della banca dati. Insomma, noi la metteremmo ancora di più sullo strutturale: facciamo una Maastricht della fedeltà fiscale, un 2 o 3 per cento in più o in meno del livello europeo, andando a prendere i meccanismi di banca dati che funzionano meglio in Europa. Tassare a cascata gli enti locali che magari vogliono calibrare la pressione a seconda del reddito diventa paradossale di fronte a una base di imposizione poco credibile. Le regioni applicano il ticket secondo il reddito, poi ti trovi quello esente che parcheggia il Suv davanti alla farmacia.

Perché è così difficile incrociare tutti i dati che segnalano gli evasori?
Noi, nel 2008, abbiamo perso un pezzo delle nostre elezioni sulla questione elenco clienti fornitori. Mascherato sotto il tema del carico burocratico c’è spesso la volontà di aggirare il fisco. Ma adesso basta: tu cittadino ti accolli un minimo di carico burocratico in nome della fedeltà fiscale. Abbiamo cominciato, ora andiamo avanti per favore.

E che altro dice a Monti dopo due mesi di coabitazione, anzi, di sostegno.
Le dico quali dovrebbero essere i prossimi passi. Primo, una mozione unitaria con tutti i partiti sui grandi temi europei. Secondo: sull’agenda di governo va fatta una mossa ulteriore per creare un rapporto stabile tra governo e gruppi parlamentari. Terzo: i partiti devono fare subito un calendario per le riforme istituzionali ed elettorale.

Regolamenti parlamentari, bicameralismo, riforma elettorale, costi della politica: mettervi d’accordo su tutto in tempi brevi sarà impossibile.
No, se ciascuno dice ok, ho la mia posizione, ma faccio uno sforzo. Il peggio del peggio sarebbe arrivare dopo un anno senza aver portato a casa qualcuna di queste cose.

Su «Panorama», Pier Ferdinando Casini ha lanciato il suo personale auspicio, dopo Monti, di una grande coalizione con lei e Angelino Alfano al governo.
Alfano e Bersani sono due italiani leali verso l’Italia che però la pensano diversamente. E penso che la democrazia respiri in questa dialettica. Il prossimo appuntamento elettorale sarà di ricostruzione, ciascun schieramento presenterà il suo programma per la ripartenza dell’Italia. Io auspico un bipolarismo civilizzato, alternativo sulle grandi questioni. Per esempio, torniamo ai meccanismi di semplificazione populistica, col nome sul simbolo, il maggioritario estremizzato e il consenso che viene prima delle regole o andiamo a riformare la democrazia rappresentativa dove ci sono i partiti, le coalizioni, dove c’è un sistema parlamentare più efficiente, dove i leader sono pro tempore e vengono fuori da un processo politico? Anche sul tema sociale dobbiamo chiarici: o facciamo un po’ di ridistribuzione o non possiamo avere crescita. Siamo alla disparità non più tollerabile dei redditi. Poi c’è il terzo punto, il civismo: dovremo rilanciare il sistema delle regole nella vita comune e qui c’è un campo sterminato che va dalla legalità alla giustizia, dalle donne agli immigrati.

L’attuale sistema elettorale non garantirebbe questo processo?
Tutti pensano che non si può continuare così, e quando vedo riaffiorare antichi legami tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, penso che in tale illusione disastrosa ci potrebbe essere l’idea di andare avanti con questo meccanismo per fare ciascuno pulizia in casa propria. Spero che non si arrivi a questo, sarebbe un disastro. Per fare pulizia in casa tua non puoi far crollare la casa di tutti.

Quando dice «noi» si riferisce ancora al Pd con l’Idv e con Nichi Vendola?
La ricostruzione presuppone un incontro tra forze progressiste, il Nuovo Ulivo, e forze moderate o di centro. Presuppone una piattaforma comune di legislatura che si preoccupi con una decina di riforme di fare democrazia contro il populismo e di aggiustare il patto sociale. Questo passaggio può influire sulla prospettiva. Quindi dico ad Antonio Di Pietro e a Vendola: il Pd si è caricato generosamente di questo passaggio, ben vengano le critiche, ma se si grida all’inciucio o al tradimento, non ci sto.

Quanto ritiene possibile un rapporto politico, se non una futura alleanza, con il Movimento 5 stelle?
Invito il mio partito a tenere l’orecchio a terra e ad ascoltare tutto quello che si muove, anche nel movimento 5 stelle. Però non credo alla possibilità di un rapporto politico. Quando il movimento esprime domande le ascolto con rispetto, ma quando sento le soluzioni, non mi convincono. Non serve la demagogia.

Sul tema del lavoro, dopo tutti i distinguo, riuscirete ad approdare a una posizione unitaria?
Da un anno ci occupiamo del tema, abbiamo fatto un centinaio di assemblee locali e due nazionali. Il Pd è diviso? No, abbiamo fatto la nostra proposta al tavolo delle forze sociali. Al 90 per cento ci vede tutti d’accordo. La minoranza la tuteliamo come un patrimonio prezioso.

Ma quanto tempo impiega, tutte le volte, a negare le divisioni dentro il suo partito?
Non è facile abituarsi all’idea che ci sia una democrazia dei partiti dove il leader non è indicato dalla Madonna, ma risulta da un meccanismo competitivo. Qui ci sono una maggioranza e una minoranza, ma quando si arriva al dunque sappiamo decidere. Non do la colpa ai giornalisti, mi rendo conto che stiamo proponendo un altro sistema politico. Due anni fa ho detto: non metterò mai il mio nome sul simbolo. Qualcuno poteva chiedersi: ma questo che si è beccato un milione mezzo di voti alle primarie, che idee ha in testa? È inutile che mi girino attorno. Non ho carisma? Il mio carisma è questo.

Quante volte si è sentito messo in difficoltà da Susanna Camuso, la leader della Cigl?
Non sono stato sempre d’accordo con la Cgil, con la Cisl o con la Uil, ma ancor meno con un governo che puntava sulla loro divisione. Mi sembrava puro masochismo. Ora vedo che il sindacato si presenta al tavolo del ministro Elsa Fornero con la sua piattaforma. È un bene. I tavoli sono fatti perché ognuno lasci lì qualcosa e tutti assieme si prenda su qualcosa. I tavoli sono drammatici, non sono inciucio, sono il luogo della sofferenza.

Ha mai pensato a quando riterrà conclusa la sua esperienza di segretario?
Ho una missione: devo svezzare questo bambino. Il Pd ha 4 anni, è nato da una cosa che non si è mai vista, cioè da culture e politiche diverse che si sono date un’idea comune. Questi quattro anni ci dicono che siamo troppo giovani per aver risolto tutto, ma che non siamo più un esperimento fallito, tocca a noi. Devo mettere in sicurezza la prospettiva del partito riformista del nuovo secolo. Se pensassi che questo partito c’è già, me ne andrei ora.

L’emergenza economica e politica ha relegato in secondo piano i rottamatori. Col senno del poi rinosce a Matteo Renzi qualche ragione?
Ho sempre riconosciuto a Renzi la volontà di dare al Pd il senso di un contenitore vivace e mi dispiacerebbe,ora, vedere indebolita questa vivacità. Però ribadisco: tutto quello che si dice deve suonare come lealtà alla ditta. Se non siamo solidali fra noi, perché dovrebbero essere solidali con noi.

Festeggia per i risultati degli ultimi sondaggi?
Guardi, abbiamo vinto le amministrative, Berlusconi è andato a casa e siamo il primo partito. Ma io festeggio per quello che abbiamo seminato. Mi emoziona di più dire che siamo riusciti a mettere in formazione duemila giovani nel Mezzogiorno per un anno. Oppure avere allestito una specie di anagrafe, i circoli online, dove saranno collegati i nostri iscritti. L’anno prossimo potrò parlare online con tutti i farmacisti e i tassisti iscritti al Pd. O con quelli nati nel 1952 che magari mi insulteranno per la riforma delle pensioni.

Secondo lei si devono ancora fare i conti con Berlusconi?
Guardo avanti, non mi interessa metterlo nel mirino. Credo che influenzi largamente la situazione, ma voglio augurarmi che prospetti per sé un futuro da leader, perché i leader a un certo punto sanno lanciare le fasi nuove e essere generosi sul futuro.

Hanno ancora senso proclami di «discesa in campo» di personaggi come Luca Cordero di Montezemolo?
La politica ha bisogno di persone nuove, ma le persone nuove devono emergere da un percorso politico. Il ritornello: Montezemolo si presenta o non si presenta mi appassiona poco.

E di Corrado Passera si preoccupa? Sono sempre più insistenti le voci di una sua candidatura con un movimento appoggiato dalla Chiesa…
Passera dove, come, con chi, con quali voti? Benvenuti quelli che dicono: voglio dedicarmi alla politica, ma mi aspetto che dicano attraverso quale percorso. Non può esistere più l’uomo solo al comando che si alza al mattino e dice: io amo l’Italia.

Quindi, niente più ausiliari?
No, non è che finita questa storia torniamo al manuale Cancelli. Ma non è il tasso tecnico di un ministro che fa la differenza. Il governo può ospitare personalità non suddite del partito, ma i partiti sono fondamentali per tenere insieme il Paese, il Nord e il Sud, e per rendere stabili le maggioranze. Detto questo, alt. Finito Monti torna il pur simpatico Mastella? Non credo davvero.

I partiti servono anche nella Rai?
No, sia chiaro che a marzo, se capita ancora di fare il cda con i partiti, io non partecipo, facciano loro.

Può nascere un nuovo partito dei cattolici?
Quest’anno festeggeremo i 50 anni del Concilio: voglio che alla festa nazionale del Pd si discuta anche di questo. Incrociando gli esiti del Concilio Vaticano con la Costituzione repubblicana, penso che l’idea di coagulare un partito attorno a una religione non sia proponibile. Non esiste in natura.

Senza Berlusconi, si chiude la stagione degli interventi sulla giustizia? Lascerete la faccenda nelle mani dei tecnici?
Se questo governo riuscirà a cambiare l’agenda e cioè a dirci: mi occupo prima dei problemi strutturali, quindi di circoscrizioni giudiziarie, del codice, dei tre gradi di giudizio, dei disastri del processo civile, io porterò il mio partito a qualsiasi convergenza. Il paradosso italico è che per dieci anni abbiamo parlato di giustizia e la giustizia è il settore meno riformato e meno funzionante. Se il Pdl si convince di questo, io ci sto.

Il caso Penati ha scosso le fondamenta del Pd: serve un nuovo rigore anche a casa vostra?
Quell’inchiesta è stato un colpo duro che mi ha fatto soffrire e riflettere sempre con la presunzione di innocenza. Nessuna cautela, la magistratura vada in fondo. Da parte nostra, abbiamo con l’occasione lavorato per rafforzare i meccanismi interni. Il partito deve trovare regole di ingaggio più strette, lo stiamo già facendo.

Con Maurizio Crozza lei è diventato più pop. A maggior ragione in questa fase servirebbero i comici per riavvicinare i politici all’opinione pubblica?
Potevo dirlo anche in latino che non stiamo qui a pettinare le bambole. Ma mi piace l’idea di una politica al di sotto della sua solennità. Non credo, come qualcuno dice, di aver consentito a un comico di ridicolizzare la politica, quindi penso che sì, una comicità che critica senza volgarità e becerume, può riavvicinare noi politici alla gente.

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