Il boss disse: “Vado da Ponzoni e mi faccio fare lo svincolo”. Dietro all´ascesa dell´ex assessore i capi calabresi di Desio, Natale e Saverio Moscato. Era già emerso che la criminalità puntava su Ponzoni e sui suoi rapporti col Governatore. Qui Desio, piccola capitale lombarda della ´ndrangheta, fiera della sua basilica dei Santissimi Siro e Materno, con la cupola miracolosamente costruita senza il sostegno di colonne portanti, e orgogliosa del suo concerto di campane. La basilica è ben solida in piedi anche senza colonne e lo sarà ancora per secoli.
Ma il concerto di campane che risuona a Milano annuncia che è proprio qui che invece sta per venire giù rovinosamente la cupola che da un ventennio il celeste Roberto Formigoni ha edificato su Milano e sulla Lombardia. Con un cemento marcio, fatto di devozione al braccio affaristico di Comunione e Liberazione e di sottomissione a quello criminale della ´ndrangheta calabrese.
Fatto di assessori regionali corrotti, di faccendieri, di tangenti, di appalti truccati, di disastri ambientali, di finanziamenti illeciti, nell´orgia di una nuova classe di politici lombardi senza scrupoli. Alcuni dei quali all´inseguimento soltanto di beni terreni, denaro, yacht, ville, viaggi, Porsche Cayenne nere e cocaina a fiumi. La specialità è di Massimo Ponzoni, membro dell´ufficio di presidenza del Consiglio regionale, ex assessore e pupillo del governatore, arrestato ieri.
Padre fattorino, il geometra Ponzoni a diciott´anni fonda uno dei primi club di Forza Italia e assurge al Consiglio comunale di Desio per approdare dopo pochi anni alla Regione, spinto dal braccio destro di Formigoni, Giancarlo Abelli, e da Mariastella Gelmini, indimenticabile ministro della Pubblica istruzione nell´ultimo (si spera) governo Berlusconi. Ma soprattutto spinto dai boss calabresi di Desio, Natale e Saverio Moscato, nipote di Natale Iamonte, boss della ´ndrina di Melito Porto San Salvo.
Ai pubblici ministeri occorrono oggi poche parole per inquadrare la personalità del pupillo di Formigoni, anche perché le sue gesta sono note da anni. Ma non sono bastate al governatore per scaricare l´uomo da ventimila preferenze in Consiglio regionale. A Desio, per dirne una, c´è una cava trasformata in discarica dove è stato versato di tutto. Una bomba ecologica. Ne parla al telefono Domenico Cannarrozzo, capo di una «famiglia», col latitante Fortunato Stellitano, il quale spiega: «Martedì vado a trovare Massimo e mi faccio fare lo svincolo, che è l´assessore all´Ambiente. Poi se vogliono che bonifichiamo anche sotto, ancora meglio». Massimo, naturalmente, è il pupillo di Formigoni, allora assessore all´Ambiente.
La Lombardia in quanto a rapporti mafiosi è come una provincia di Reggio Calabria, sostengono Gianni Barbacetto e Davide Milosa, che nel libro Le mani sulla città riportano un´intercettazione proprio del boss di Desio, Moscato: «A questo punto a Ponzoni – comunica il boss – dobbiamo dargli rilievo, lui è cazzo e culo con Formigoni e via dicendo, ci sono soldi anche per Ponzoni e pago. Quanto vuole, il 10 per cento? To´». E il mafioso interlocutore, previdente: «E ora che iniziano i lavori per l´Expo?» Il boss di Desio detta anche l´epitaffio – così almeno si spera – della politica lombarda degli ultimi lustri e dell´era Formigoni: «Ma che cazzo vuoi che capiscano destra o sinistra e via dicendo, basta che togli i soldi e, mannaggia la Madonna, fai il cazzo che vuoi».
Ponzoni è stato tradito da una mera questione di liquidità, il crac di alcune società, tra cui «Il Pellicano», in cui era socio dell´ex assessore regionale Giorgio Pozzi, di Rosanna Gariboldi, moglie di Giancarlo Abelli, già coinvolto nello scandalo Montecity e Massimo Buscemi, attuale assessore regionale alla Cultura.
Ironia della sorte, è proprio il ras brianzolo Ponzoni a prefigurare per sé e forse per Formigoni un destino simile a quello della Costa Concordia, affondata in un bicchier d´acqua di fronte al Giglio per la follia del suo comandante: «Caro Massimo – scrive in una metaforica mail al presidente di un gruppo immobiliare bergamasco che sta facendo una speculazione a Seregno – ti scrivo dopo aver fatto serie considerazioni a proposito di tre navi che stanno per affondare portandosi con sé 4/5 marinai di pregio. Potrebbe essere interessante per te salvare quel gruppo di marinai? ». Compreso il comandante Formigoni, che non ha tardato a smentire le utilità goduriose che avrebbe ricevuto tramite il suo pupillo oggi misconosciuto, ma che ormai è assediato dagli scandali della sua amministrazione.
È un po´ difficile nascondere le crepe della cupola lombarda persino per uno che per vent´anni è riuscito ad ammantare la più clientelare e scandalosa delle politiche con gli usurpati panni dello statista, in attesa di chiamata in riserva della Repubblica come delfino di Berlusconi e per il bene nazionale. Le firme false alle ultime elezioni, l´asilo alla maitresse pettoruta del Bunga Bunga onorata nel suo listino, la sanità e i finanziamenti a don Verzè e al sistema del San Raffaele, che ha prodotto un buco di almeno un miliardo e mezzo in corruzione, gli orrori della clinica Santa Rita, la teoria infinita di scandali e di tangenti, ultimo dei quali quello di Franco Nicoli Cristiani, arrestato pochi giorni fa per una vicenda corruttiva di rifiuti ordinatamente sistemati sotto l´autostrada Brebemi. Ora i palesi accordi ´ndranghetisti e le gesta del pupillo che viene da Desio.
Tanto che persino nella Curia milanese e in Vaticano la pratica lombarda è ormai quotidianamente all´attenzione.
La maledizione del Pirellone ha falcidiato l´ufficio di presidenza della Regione formigoniana: prima Filippo Penati, la pecora nera del Partito Democratico, poi Nicoli Cristiani, per finire – ma chissà? – con Ponzoni, che Formigoni aveva imposto nonostante quasi tutto fosse noto sulla scalata senza freni etici di un piccolo politico di provincia sponsorizzato, con la forza delle sue debolezze, dalla ‘ndrangheta.
E adesso che comincia il censimento delle nefandezze speculative della banda lombarda non solo a Monza e in Brianza, ma in tutta la Lombardia, quanto potrà reggere senza più colonne, come la cupola con le campane di Desio, la cupola regionale del malaffare? Poco? Nessuno all´opposizione sembra avere il coraggio di dirlo con forza, forse per il timore degli sviluppi del caso Penati. Come se lo scandalo di Sesto San Giovanni, che ha impiombato il Partito democratico, avesse paralizzato l´opposizione. Un po´ timidamente, Luca Gaffuri e Maurizio Martina invocano una nuova legge elettorale regionale senza più listini bloccati pieni di Minetti e mascalzoni vari, e di andare al voto il più presto possibile. E la Lega? Annaspa tra le beghe familiste del Cerchio magico.
Difficile. Ma chissà che stavolta, per salvare la cupola della Basilica dei santissimi Siro e Materno, non sia la Chiesa milanese ad annunciare che la festa celeste della cupola affaristica formigoniana è finalmente finita.
La Repubblica 18.01.12