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"Il naufragio della coscienza", di Massimo Adinolfi

Che groviglio di contraddizioni è l’uomo. Quando capita però che le contraddizioni si sciolgano e si ripartiscano con chiarezza, e possiamo vedere tutta la miseria dell’uomo da una parte, e tutta la grandezza da un’altra, allora capiamo. La telefonata che nel cuore della notte si scambiano Schettino e De Falco, il capitano che dopo aver mandato la nave Concordia contro gli scogli ha lasciato il suo posto di comando, e il comandante della Capitaneria che lo incalza durante le operazioni di soccorso, ha il potere di sciogliere per un momento le complicate contraddizioni della natura umana. Per Pascal ci voleva il peccato originale per spiegare come stiano insieme, nell’uomo, grandezza e miseria, e invece bastauna voce incerta e spaventata ad un capo del telefono e un’altra ferma e autorevole all’altro capo, per sciogliere l’enigma e permetterci di giudicare.

Noi sappiamo che quel che ha compiuto il capitano è inescusabile: tanto più restiamo basiti di fronte al suo continuo tergiversare, mentire, accampar scuse. Se Schettino è stato sorvegliato a vista, nelle scorse ore, è perché s’è pensato che il peso della vergogna fosse così schiacciante, che c’era il serio timore potesse compiere atti autolesionistici. D’altro canto, vediamo bene nelle parole di De Falco, di là dai meriti personali e dai doveri d’ufficio, quel che, senza essere eroico, deve valere per tutti: un rigore e un’inflessibilità alla quale in troppe circostanze della vita non siamo più abituati. Dal genitore troppo condiscendente, al professore troppo comprensivo, fino al politico troppo cedevole verso gli umori dell’opinione pubblica, vediamo assai di rado qualcuno che agisca senza esitazioni né incertezze: qualcuno che sappia qual è il suo dovere, sappia che è chiamato a farlo e lo fa, senza tante storie. In realtà, non c’è nulla di straordinario nell’intimare al comandante Schettino di salire a bordo e nell’esercitare il proprio potere con ferma determinazione. È anzi una piccola cosa: che però è tutto. Tutto quel che si deve fare, almeno in quei frangenti. E siamo così poco abituati a parole di comando, che di questo fenomeno così tipicamente umano vediamo troppo spesso solo il lato odioso dell’autoritarismo o del sopruso, non anche quello della guida e dell’autorevolezza.

Non bastano perciò le maschere di Alberto Sordi o di Christian De Sica, con addosso i panni di Schettino, a interpretare l’intera vicenda. C’è anche da ricordare la simpatia nutrita per Michel Piccoli, il cardinale che rinuncia al soglio pontificio nell’ultimo film di Moretti, Habemus papam. La fragilità dell’uomo, il suo «non sum dignus» ce lo avvicinava e rendeva umano. Facendoci dimenticare quel che invece la telefonata dell’altra notte ha potuto ricordarci: che l’uomo è chiamato a tenere insieme il sentimento della propria inadeguatezza con lo sforzo di fare sempre del proprio meglio senza sottrarsi alle proprie responsabilità. Non siamo degni perché dobbiamo renderci degni: forse è una contraddizione, ma è anche il posto che non dobbiamo abbandonare.

L’Unità 18.01.12