Si chiama Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche. Ma, a spulciare l’analisi della magistratura contabile sui bilanci dell’ente pubblico, potrebbe anche chiamarsi Consiglio nazionale della burocrazia scientifica. I numeri «cantano»: su 10 euro di spesa, sette vanno a coprire gli stipendi del consiglio di amministrazione, delle segreterie, dei dirigenti amministrativi e della burocrazia centrale. Solo tre gocciolano effettivamente, quasi per miracolo, fino alla ricerca. Conti surreali di questi tempi. Altro che austerity, guerra agli sprechi e tagli ai costi pubblici.
La determinazione 82/2011 depositata dalla Corte dei Conti lo scorso 5 dicembre a firma del presidente Raffaele Squitieri fa riferimento al biennio 2009-2010 — quando a presiederlo c’era ancora il fisico Luciano Maiani — e descrive in maniera impietosa un ente che, nonostante gli sforzi riorganizzativi, non riesce a fugare il dubbio di essere un carrozzone pubblico. Utile e prestigioso, senza dubbio. Lo riconosce anche la Corte. Ma che nel 2010 su 921,5 milioni ne ha spesi solo il 31% nelle strutture scientifiche (il 29% nel 2009), una quota addirittura calata rispetto alla fase pre-riorganizzazione visto che nel 2007 la percentuale era del 38. Anche il passaggio da una situazione patologica di perdita al rosso di bilancio non convince: «Un attento esame di alcuni indici di struttura evidenzia che, sebbene l’ente abbia conseguito nel 2009 e nel 2010 un avanzo di competenza pari rispettivamente a 26,7 e a 44,5 milioni, tali risultati non costituiscono un elemento positivo o un sintomo di espansione delle attività». Una vera scure sulla gestione di Maiani, già accusato dalla Ragioneria dello Stato di «gravi irregolarità». Come documentato dal Corriere lo scorso maggio era stato proprio il Ragioniere dello Stato, Mario Canzio, a inviare alla Procura della Corte dei Conti un dossier spinoso sulla «sprecopoli» del Cnr. Il risultato delle indagini della Corte dei Conti scovato dal Foglietto della Ricerca — pubblicazione «corsara» diretta da Rocco Tritto che per efficienza nella raccolta di documenti «top secret» nell’ambiente sembra poter competere con l’Fbi — peggiora forse il quadro. Si potrebbe ragionevolmente pensare che non deve essere facile rimettere ordine nel caos di decenni. Ma le indagini della magistratura non sembrano lasciare spazio a questa ipotesi: «Per quanto riguarda il tanto auspicato processo di riorganizzazione dell’amministrazione centrale, anche nell’esercizio 2009 permangono alcune anomalie riguardanti il costante disallineamento tra uffici dirigenziali e posti dirigenziali». Andrebbero tagliati del 20%, tanto per cominciare. Ed effettivamente «sul finire dell’esercizio 2008 il numero degli uffici dirigenziali non generali era stato ridotto da 36 a 30» per scendere nel 2009 a «28 unità». Peccato che «contestualmente sono state introdotte 9 strutture ordinamentali di particolare rilievo, le quali sono allo stesso livello funzionale degli uffici dirigenziali». Giochi di specchi, ma i conti sono presto fatti: 28 più 9 fa 37… uno più di prima.
Ma c’è di peggio. In linea con le abitudini dure da sradicare in tutto ciò i vertici hanno pensato bene di ritoccarsi le buste paga: il totale dei compensi è passato dai 669 mila euro del 2008, ai 743 mila del 2009 fino agli 860 mila del 2010. Il 28% in più. Indennità ridotte, gettoni e rimborsi spese lievitati come un panettone. Maiani nel 2011 non è stato riconfermato al Cnr. Alla presidenza per sistemare le cose è arrivato Francesco Profumo, che però adesso si è autosospeso in quanto nuovo ministro dell’Istruzione del governo Monti. La sua posizione d’altra parte è scomoda: il ministero ha il compito di vigilare e finanziare il Cnr. Profumo dovrebbe controllare se stesso. E Maiani? Non è rimasto con le mani in mano: il governo lo ha appena nominato presidente della Commissione nazionale grandi rischi.
Il Corriere della Sera 18.01.12