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"Tutti a scuola fino a 17 anni?" di Rosamaria Maggio, vice presidente nazionale CIDI

Qualche giorno fa il Ministro Profumo in una intervista rilasciata al quotidiano” Il Mattino” dichiarava: “L’obiettivo è evitare che i ragazzi lascino la scuola in età precoce, un traguardo che si può raggiungere prolungando il percorso dell’obbligo scolastico con le qualifiche professionali. Questo consentirebbe di far entrare i ragazzi nel mondo del lavoro più maturi e più robusti, riducendo così anche l’abbandono scolastico”.
I giornali titolavano “Obbligo scolastico fino a 17 anni”.
Per chi crede nella scuola per tutti, nella scuola del “non uno di meno”, potrebbe
essere quindi arrivato il momento di dire”finalmente”!!!
Ma poiché l’Italia ha una storia difficile in relazione all’innalzamento dell’obbligo
scolastico, qualche domanda sul significato di queste dichiarazioni e soprattutto sulle
modalità di realizzazione di questo obiettivo è giusto porsela.
Non perché non ci si fidi del Ministro Profumo. Le sue dichiarazioni di fiducia nella
scuola pubblica, di rispetto e rivalutazione per il ruolo dei docenti, di inversione di
tendenza, almeno nelle intenzioni, per un maggior investimento nella scuola, sono
dolci melodie per le orecchie di chi per anni è stato bistrattato, offeso, umiliato e
soprattutto non riconosciuto nel suo ruolo di insegnante ed educatore delle
generazioni future.
Siamo però consapevoli che l’idea di obbligo scolastico sia stata in questi anni
sottoposta a molteplici interpretazioni, per così dire, nell’arco delle “forze
parlamentari costituzionali”. L’idea che in fondo ci siano ragazzi che non ce la
potranno mai fare è piuttosto diffusa.
Qualche giorno fa, a un incontro con 350 studenti in un importante liceo classico
della mia città, un giovane di terza liceo chiedeva che senso avesse tenere a scuola
ragazzi che non vogliono studiare.
Si parlava di sviluppo economico e istruzione.
Si parlava di costi e benefici.
Si parlava dell’importanza di investire nella scuola e anche del maggior rendimento in
termini economici di un maggiore investimento nella istruzione.
La risposta che si è cercato di dare allo studente è rappresentata dalle convinzioni che
si esprimono in queste righe, nella speranza che il Ministro le condivida.
La nostra Costituzione prevede l’obbligo di istruzione per almeno 8 anni (art. 34) e
dopo un primo tentativo di innalzamento effettuato dal Ministro Berlinguer e
vanificato dal Ministro Moratti alla quale dobbiamo la perla dell’introduzione, con la
legge 53/2003, del diritto-dovere all’istruzione, abbiamo dovuto attendere il Ministro
Fioroni per l’introduzione dell’obbligo di istruzione fino a 16 anni (L.296/06), del
Regolamento per l’adempimento dell’obbligo, e dell’allegato documento tecnico,
emanati contemporaneamente alla Raccomandazione del Parlamento e del Consglio
Europeo circa l’acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza (18.12.06).
Con il Ministro Gelmini (in accordo col Ministro Sacconi), questa sofferta conquista
che ci allineava anche agli orientamenti europei è stata nuovamente scippata, con
l’approvazione della legge di riforma dell’apprendistato che consente di iniziare a
lavorare a 15 anni, assolvendo contemporaneamente all’obbligo scolastico (non si sa
ancora come).
L’apprendistato è da quest’ultima legge considerato equivalente al percorso
scolastico.
Dall’anno scolastico 2011/12 i ragazzi che avranno conseguito la licenza media
potranno stipulare un contratto di apprendistato, perché di un contratto di lavoro si
tratta, e il lavoro come apprendista potrà essere considerato a tutti gli effetti utile per
l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
Se volessimo dare uno sguardo a ciò che succede in Europa con riferimento a paesi
simili a noi per dimensioni di sviluppo economico o comunque a paesi con elevati
risultati scolastici in quella fascia d’età (ad es.Finlandia ), vedremo che in Finlandia
appunto l’obbligo scolastico è di 9 anni, copre l’intero livello di istruzione di base (7-
16 anni) ed è organizzato a struttura unica che copre l’istruzione primaria e secondaria
inferiore.
In Francia l’istruzione obbligatoria dura 10 anni, inizia a 6 e finisce a 16 anni e si
conclude dopo il primo anno di liceo o istruzione tecnologica o professionale.
Nei Paesi Bassi inizia a 5 anni e si conclude a 17 anni coprendo i primi due anni di
istruzione secondaria superiore.
Mediamente in Europa l’istruzione obbligatoria si conclude a 16 anni e in nessun
caso abbiamo equipollenza tra apprendistato e scuola.*
Le dichiarazioni del Ministro in verità ci preoccupano, perché, lungi dal rimuovere
questa grave anomalia nel sistema dell’obbligo, proponendo di indirizzare gli studenti
fino a 17 anni anche verso la formazione professionale regionale, opera una ulteriore
equiparazione tra istruzione (ancorché professionale) e formazione professionale
regionale.
E’ vero che l’art.117 della Costituzione, nella riforma del titolo V, prevede che la
formazione professionale sia di competenza regionale, e che molte Regioni hanno
legiferato in materia creando un sistema di formazione professionale virtuoso. In
alcune leggi regionali viene delineato un buon sistema di formazione professionale
per preparare i ragazzi e dotarli alla fine di un percorso triennale o quadriennale di
qualifiche o di una specializzazione, ma la Costituzione nulla dice a proposito del
momento in cui la Formazione professionale possa diventare una delle opzioni utili al
percorso di istruzione e/o formazione.
La soluzione verso la quale si starebbe orientando il Ministro quindi non è vietata
dalla Costituzione.
Ma noi crediamo che le norme debbano essere considerate all’interno di un sistema
complessivo sia nazionale che europeo e quindi non possiamo ignorare che le
indicazioni europee vadano verso un innalzamento dell’obbligo a 18 anni, che la
stessa Costituzione negli artt. 3 e 2 metta in evidenza che la Repubblica da un lato
rimuove gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
dall’altro riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo quale è il diritto
all’istruzione.
Contemporaneamente non possiamo sottovalutare la complessità di questo mondo
globalizzato, che porta ciascuno di noi a dover aumentare le proprie competenze, a
modificarle sempre di più, sempre che siamo in grado, perché dotati degli strumenti
culturali necessari, di modificarle.
Un bravissimo insegnante della formazione professionale emiliano che ora non c’è
più diceva che oggigiorno anche per smontare una batteria un meccanico ha
necessità di competenze informatiche. E parliamo di una formazione professionale di
livello e tradizione come quella emiliana.
Ma non possiamo ignorare che il territorio nazionale soffre di grandi sperequazioni
culturali, che diverse Regioni non si sono dotate di una legge regionale in materia (ad
es. la Sardegna), che spesso quelle stesse Regioni sono prive di un sistema di
formazione professionale di livello (ad es. la Sardegna).
Da insegnante non ho nessun pregiudizio nei confronti della formazione
professionale regionale. Ho però l’idea di una formazione professionale alta, alla
quale il ragazzo possa accedere dopo aver assolto all’obbligo di istruzione nella
scuola, perché solo nella scuola si possono acquisire quelle competenze chiave oggi
indispensabili per l’esercizio dei diritti di cittadinanza, per un apprendimento lungo
tutto l’arco della vita.