Nella Lega che salva Nicola Cosentino hanno perso tutti. Coloro che hanno abbracciato la linea dura (Maroni); quelli che sono rimasti abbarbicati alla vecchia alleanza con Berlusconi (Bossi); e quanti hanno cambiato idea un po’ troppo spesso nelle ultime ore. E’ chiaro che si è votato soprattutto in base a considerazioni politiche. Ed è in termini politici che il Carroccio esce male da una giornata che potrebbe cambiare il destino del partito nordista.
Chi ha vinto, non c’è dubbio, è Berlusconi. Il salvataggio di Cosentino è anche la salvezza della sua leadership, riemersa come sempre nei momenti di difficoltà. E all’attivo dell’ex premier, bisogna riconoscerlo, c’è anche questo filo riannodato con il vecchio amico Bossi, costretto a sostenere che la Lega (il partito del cappio in Parlamento) «non è mai stata forcaiola». Fallisce il tentativo di ricostruire un’identità leghista al di là della lunga stagione berlusconiana. E’ il disegno perseguito da Maroni: dare un futuro al Carroccio oltre le lusinghe dell’uomo di Arcore. Ma l’ex ministro dell’Interno non ha avuto la forza o la tenacia o la capacità persuasiva per vincere la sua battaglia. Il richiamo del vecchio monarca è stato decisivo, anche se pagato a caro prezzo.
Quegli applausi, quell’entusiasmo con cui il centrodestra ha salutato l’esito del voto di Montecitorio rappresentano una brutta pagina per il Parlamento e la Lega ha dato il suo contributo a questo epilogo.
Se Maroni aveva accarezzato il disegno di impadronirsi del Carroccio in tempi brevi, ora deve ricredersi. Davanti a lui si apre una scomoda alternativa: acconciarsi a una lunga traversata del deserto, in attesa di tempi migliori (e non sarebbe la prima volta nella storia che ciò accade); oppure uscire dal partito, che è sempre una scelta pericolosa e di solito poco fortunata.
A sua volta, Bossi conferma di aver imboccato in modo irreversibile il viale del tramonto. E’ tuttora più forte del rivale Maroni, si conferma ancora in grado di correre in soccorso a Berlusconi; ma la base, quella che un tempo costituiva il “popolo di Bossi”, è sempre più attonita di fronte a certe scelte. Ed è incredibile il vuoto politico di un Parlamento che si accende solo nella battaglia pro o contro Cosentino, mentre i cittadini tremano di fronte alla prospettiva della recessione e del collasso dell’euro.
Dopo la giornata di ieri, lo spazio di Bossi tenderà a ridursi, al netto delle intemerate contro le liberalizzazioni o dei comizi pro-secessione. La tardiva riedizione del patto con Berlusconi, costruita sul voto di ieri, vedrà inevitabilmente la Lega in una posizione subordinata. Al punto che le voci sussurrano di un accordo segreto fra i due soci in vista di elezioni politiche da provocare entro l’anno. Ma si tratta di sussurri poco credibili. Il centrodestra Berlusconi-Bossi, in questa sua estrema incarnazione, non ha al momento una proposta politica, un’idea e nemmeno il coraggio di portare in tempi brevi il paese alle urne.
Se dovesse accadere, magari per un incidente di percorso, sarebbe il trionfo del corporativismo demagogico. Una mossa contro l’Europa, che l’Europa ci farebbe pagare. In realtà, il sogno delle elezioni anticipate serve a rassicurare un’area politica che è ancora molto vasta in Parlamento, che resta essenziale per la tenuta del governo Monti, ma che non ha carte significative da giocare. In altre parole, un’auto-illusione.
Il Sole 24 Ore 13.01.12