Riduzione a sole cinque tipologie di contratto,mantenimento dei due pilastri degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione e mobilità/disoccupazione) allargandoli al maggior numero di lavoratori, dando grande importanza alle politiche attive per il lavoro a favore dei giovani e al re-inserimento per chi lo ha perso. Questa mattina alle 10 alla sede della Cisl, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti metteranno a punto la piattaforma comune che i sindacati confederali porteranno al tavolo sulla riforma del lavoro. Dopo gli incontri separati con il ministro Elsa Fornero, Cgil-Cisl-Uil, coinvolgendo anche l’Ugl di Giovanni Centrella, si ritrovano assieme consci che l’unità sindacale rafforza la loro posizione nella trattativa che il governo Monti convocherà a fine della prossima settimana con tutte le parti sociali. La bozza messa a punto parte dall’assunto, comune a governo e Confindustria, della priorità del tema della crescita e la necessità che l’oggetto del confronto non sia solamente il mercato del lavoro, come sottolineato dal documento conclusivo del Direttivo della Cgil di mercoledì. Partendo da questo assunto, l’idea base è quella di ridurre la precarietà. Per questo Cgil, Cisl e Uil hannoconcordato di ridurre le tipologie contrattuali dalle attuali 46 a cinque. La giungla dei contratti precari oggi proposti a qualsiasi giovaneche si affaccia sul mercato del lavoro, sfruttati dalle aziende perché favorevoli dal punto di vista contributivo e fiscale, verrebbe conglobata nel solo “lavoro in somministrazione”. Una tipologia che ha avuto un buon successo e garantisce livelli contributivi e agevolazioni fiscali equi. In questo modo si interviene in modo radicale nel contrastare tutte le altre tipologie, sanando gli abusi sui contratti di collaborazione e il tirocinio. Come altro grande strumento di ingresso ne lmondodel lavoro, i sindacati puntano forte al contratto di apprendistato, già sottoscritto unitariamente nell’estate scorsa. I giovani che entrano nelle aziende avrebbero quindi tre anni di formazione certificata durante i quali l’azienda può valutare il lavoratore e orientarne l’utilizzo sul luogo di lavoro nel modo migliore. Sul versante occupazione le altre due emergenze individuate dai sindacati sono quelle del lavoro femminile e della disoccupazione al Sud. Per questo Cgil, Cisl e Uil chiedono di rafforzare lo strumento del Contratto di inserimento, agevolandolo ulteriormente, e rilanciando il part-time. Afianco di queste due tipologie, rimane poi inalterata la centralità del contratto a tempo indeterminato senza alcuna modifica all’articolo 18 e alle tutele ora previste su licenziamenti e diritti individuali e sindacali. A fianco, quello a tempo determinato che però andrà regolamentato diversamente prevedendolo in modo più stringente solo per le tipologie di lavoro stagionale per i settori che ne hanno reale bisogno, primo dei quali il turismo. Passando agli ammortizzatori sociali, i sindacati partono dal presupposto che davanti alla crisi epocale che stiamo attraversando la legislazione italiana sul tema ha sostanzialmente tenuto, dando copertura a circa un milione e mezzo di italiani l’anno scorso per una spesa complessiva di 18 miliardi. Per questa ragione Cgil, Cisl e Uil propongono di mantenerne i due pilastri fondamentali: Cassa integrazione da una parte per chi rimane al lavoro, mobilità e indennità di disoccupazione per chi lo ha perso definitivamente o non lo ha mai avuto. In questo senso i sindacati propongono di estendere questi strumenti anche alle aziende sotto i 15 dipendenti e ai settori adesso scoperti, come quelli non industriali. Entrando nello specifico poi, per il futuro, si propone al governo il superamento della Cassa integrazione in deroga: si tratta dell’unica tipologia non coperta dalla contribuzione di aziende e lavoratori, diventando così uno strumento di cui le aziende abusano, scaricandolo sulla collettività. Sul pilastro mobilità-disoccupazione l’idea dei sindacati è quello di avviare una progressiva unificazione di questi due istituti, aumentando l’indennità di disoccupazione soprattutto per i giovani, portando la durata della copertura a due anni. Tutto l’impianto della piattaforma manterrebbe poi il vincolo imposto e più volte sottolineato dal ministro Fornero: «La riforma del mercato del lavoro andrà fatta a costo zero». Anche perché, come fanno notare i sindacati, ciò significa che potranno comunque spostarsi risorse da una voce all’altra,mantenendo inalterato il saldo. ❖
L’Unità 13.01.12