attualità, cultura

"L’altolà dell’Autorità Antitrust al restauro del Colosseo", di Francesca Schianchi

Pochi soggetti interpellati, scarsa pubblicità, tempi ristretti per chiudere la trattativa. Sono vari gli «effetti anticoncorrenziali» che l’Antitrust, chiamato a esprimersi dal Codacons, ha rilevato nell’accordo che affida i lavori di restauro del Colosseo al gruppo Tod’s. Un parere che, come dice infastidito il sindaco di Roma Alemanno, è «solo un’osservazione e non un’indicazione di carattere cogente», ma che potrebbe pesare sulla decisione del Tar, sempre interpellato dal Codacons, la cui sentenza è attesa nelle prossime settimane, o sulle valutazioni di Procura e Corte dei Conti, alle quali la Uil Beni culturali ha presentato un esposto. E che comunque provoca la reazione della politica, e anche dell’azienda sponsor: «Il supposto sfruttamento commerciale dell’iniziativa da parte del gruppo Tod’s sottolinea in una nota – è un fatto che non esiste e assolutamente contrario, per quanto ci riguarda, allo spirito dell’iniziativa».

L’accordo con il marchio guidato da Diego Della Valle, 25 milioni di euro per riportare a nuovo splendore l’Anfiteatro Flavio, è arrivato tramite procedura negoziata dopo che al bando di gara dell’estate 2010 erano arrivate solo due offerte, di Tod’s e Ryanair, giudicate non appropriate.

Un accordo in cui, sottolinea l’Autorità garante della concorrenza nel suo parere indirizzato al commissario delegato dell’area archeologica di Roma Roberto Cecchi (oggi sottosegretario, mentre il commissariamento è terminato il 31 dicembre), «si è riscontrata una totale difformità» rispetto al precedente bando. Dal fatto che l’accordo prevede solo «il mero finanziamento dell’opera» da parte dello sponsor, e non l’impegno sia a finanziare che a realizzare, ai diritti di sfruttamento dell’immagine del Colosseo: due anni dopo la fine dei lavori per Tod’s e 15 anni «in favore dell’associazione che deve essere istituita da Tod’s», mentre nell’iniziale bando i diritti erano limitati al tempo di durata dei lavori di restauro. Cambiamenti che, valuta l’Antitrust, avrebbero potuto allettare altre aziende, per cui la procedura negoziata «appare come una indebita restrizione del confronto concorrenziale».

Una procedura «condotta interpellando un numero di soggetti estremamente limitato, senza aver dato adeguata pubblicità alla possibilità di fare ricorso alla mera sponsorizzazione finanziaria». Infine, l’Antitrust rimprovera tempi troppo ristretti nella trattativa privata: «Una volta ricevuta la proposta del grupo Tod’s, l’amministrazione appaltante – scrive l’Authority – ha infatti assegnato agli altri soggetti interessati (due: Ryanair e Finit, ndr) un termine inferiore a 48 ore per la presentazione delle offerte».

Entro 60 giorni l’Antitrust aspetta «le iniziative adottate in relazione alle problematiche». Subito interviene il sindaco Alemanno, «sconcertato dall’ostinazione con cui realtà associative cercano di impedire o rinviare gli appalti», e come lui anche l’ex sottosegretario alla Cultura Giro, «il restauro non si farà più, ha vinto il partito del no, sempre e comunque». Di segno diverso il commento dell’ex primo cittadino Rutelli: «Sorprendente improvvisazione». A sera dice la sua il gruppo di Della Valle – «pur essendo del tutto estraneo alla vicenda e a cui non è stato rivolto alcun rilievo» -: garantita la «chiarezza e correttezza» del comportamento del commissario delegato, ora, visto che una fideiussione di 10 milioni di euro è già stata depositata, «sono soldi che ci auguriamo vengano impiegati quanto prima».

La Stampa 10.01.12

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“Colosseo, sui restauri firmati Tod’s ricorsi e polemiche” di Luca del Fra

Nome Flavio, cognome Anfiteatro,
nomedi battaglia Colosseo, professione
monumento celeberrimo nel
mondo, che rischia di diventare famigerato:
riesplodono le polemiche
sul contratto di sponsorizzazione
di Diego Della Valle per i lavori di
restauro dell’antico circo capitolino
dei gladiatori.
Sollecitato da una denuncia del
Codacons, l’Antitrust ha inviato al
commissario straordinario per il sito
archeologico una serie di rilievi e di
quesiti, alcuni non privi di fondamento,
proprio su questo accordo
che prevede l’erogazione di 25milioni
di euro da parte della ditta Tod’s.
Non si tratta di un parere definitivo –
il ministero dei Beni e delle Attività
culturali ha 60 giorni per replicare-,
tuttavia la comunicazione dell’autorità
garante per la concorrenza arriva,
puntuale come una maledizione,
a pochi giorni da una sentenza del
Tar, dove pende un analogo ricorso
del Codacons: se la sentenza sospendesse
il contratto con Della Valle rimandando
tutto al Consiglio di Stato,
i lavori di restauro sarebbero bloccati.
Le osservazioni non appaiono tutte
egualmente convincenti: l’Antitrust
sottolineacomenel caso del Colosseo
lo sponsor non si sia assunto
«la responsabilità del completamento
dell’attività di progettazione e direzione
dei lavori, il coordinamento
della sicurezza, l’appalto a terzi o
l’esecuzione diretta dei lavori, anche
mediante imprese esecutrici dei
lavori», come prevederebbe la normativa
sulle sponsorizzazioni.Unrilievo
incongruo nel caso diunmonumento
la cui tutela e cura sono del
ministero. Quanti vorrebbero fosse
lo sponsor a decidere da chi e come
siano fatti i lavori in un luogo come
il Colosseo?
Più cogenti appaiono invece le osservazioni
sulmodoin cui è stato negoziato
l’accordo che, dopo un bando
andato deserto, è avvenuto per
«procedura negoziata», cioè diretta,
con sole tre aziende: Rayanair, Finit
e Tod’s.Dauna parte i garanti segnalano
che «l’accordo prevede una durata
del periodo di sfruttamento dei
diritti ben superiore ai limiti introdotti
dall’Avviso».
DIRITTI PROLUNGATI
In sostanza il contratto prevederebbe
per Della Valle maggiori vantaggi
di quanti non ne concedesse il bando.
Inoltre, l’Antitrust nota che dopo
aver ricevuto l’offerta di Della Valle
il ministero ha concesso solo 48 ore
alle altre due aziende per presentare
la contro-offerta, davvero un po’ po-si è fatta attendere la risposta di Roberto
Cecchi, oggi sottosegretario ai
Beni e Attività Culturali, ma al tempo
tra i fautori dell’accordo come
Commissario straordinario per
l’area archeologica di Roma e Ostia:
«Sono nel giusto. Con il Colosseo abbiamo
aperto una nuova strada per
creare una norma nella materia. E il
nostro modello è stato ripreso per la
legge su Pompei», ha replicato sicuro
di sé. Per la cronaca, una legge
che ha causato non poche perplessità
e polemiche. «Tod’s chiedeva una
risposta immediata. E non c’era tempo
da perdere. Da qui le 48 ore», ha
concluso Cecchi.
Sono parole che mostrano bene
comela normativa sulle sponsorizzazioni
a favore del patrimonio artistico
sia carente ecomenegli ultimi dieci
anni, in un clima di feroci tagli ai
finanziamenti per la cultura, abbia
dato luogo a soluzioni non sempre
pienamente trasparenti e condivisibili.
Nel caso specifico, comeha rammentato
il coordinatore del settore
Cultura del Pd, Matteo Orfini, «Francesco
Giro allora sottosegretario e
Gianni Alemanno sindaco di Roma
hanno forzato l’amministrazione
(cioè il ministero, ndr) a una procedura
d’urgenza senza darle il tempo
di misurare le modalità del bando».
Il tutto per poter sbandierare un risultato
a detta di molti risicato, infatti
i 25 milioni di euro di Della Valle
sarebbero pochi per il ritorno di immagine
che ne scaturisce. Resta tuttavia
che questa è l’unica grossa
sponsorizzazione indirizzata verso i
beni culturali, e mentre i piccoli crolli
di questi giorni fanno grande scalpore
sui giornali, il Colosseo soffre
per un urgente bisogno di restauri.

L’Unità 11.02.12

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“ALTRO CHE AFFARE, L’AUTHORITY BOCCIA L’INTESA GENUFLESSA” di Vittorio Emiliani

Questa telenovela della
sponsorizzazione del restauro del
Colosseo contiene parecchi
passaggi indubbiamente opachi.
Intanto non è mai stata
pubblicata la convenzione fra
Ministero e sponsor Della Valle.
Quando la Uil-Bac denunciò, il 4
aprile, alcune ombre, l’allora
sottosegretario Giro e l’allora
segretario generale nonché
commissario all’archeologia
romana Roberto Cecchi, oggi
sottosegretario, giurarono che
avrebbero reso noto quel testo
fondamentale entro quindici
giorni. Chi l’ha visto? Conosciamo
soltanto un testo reso pubblico
dalla Uil-Bac e in esso si dice che
lo sponsor, in cambio della messa
a disposizione di 25 milioni di
euro in 15 anni, potrà
stampigliare il marchio Tod’s sui
biglietti d’ingresso, oggi 5 milioni
l’anno, domani di più, per un
totale finale di 80-90 milioni,
comprati da cittadini di tutto il
mondo. E sui tendoni di 2,40
metri che copriranno (per anni) le
grandi arcate in restauro, ecc.
Sempre da fonti non ufficiali –
dal Codacons che come Uil-Bac
ha fatto ricorso – apprendiamo
che l’Antitrust distingue in modo
molto chiaro fra l’Avviso (cioè il
Bando) e l’Accordo intervenuto
(cioè la Convenzione, ignota ai
più). In base al primo, lo sponsor,
oltre che metterci gli euro,
doveva caricarsi del
completamento dell’attività di
progettazione e direzione dei
lavori, del coordinamento della
sicurezza, dell’appalto a terzi o
dell’esecuzione diretta dei lavori.
Con l’Accordo, invece, tutto «si
risolve nella semplice messa a
disposizione di una somma di
denaro», ma, oh sorpresa!, esso
«prevede una durata del periodo
di sfruttamento dei diritti ben
superiore ai limiti introdotti
dall’Avviso, pari a due anni oltre il
termine della conclusione dei
lavori in favore di Tod’s e a 15
anni in favore dell’Associazione
Amici del Colosseo ai sensi
dell’art. 4 dell’Accordo». Siamo
all’abbuffata dei ritorni
pubblicitari rispetto agli impegni,
soltanto finanziari, nel restauro.
Inoltre – altro rilievo
dell’Antitrust – il MiBAC, andata
deserta la gara (molto
impegnativa) indetta col Bando,
«all’indomani della gara» è ricorso
alla trattativa diretta
«interpellando un numero di
soggetti estremamente limitato,
senza aver dato adeguata
pubblicità al fatto che gli oneri
posti a carico dell’eventuale
sponsor erano stati
sostanzialmente ridimensionati»
al solo finanziamento. Chiaro
come il sole.
Non so cosa ne dirà il Tar, ma
credo che la Corte dei Conti
dovrebbe far luce su questo punto
nevralgico. L’Unità fu uno dei
pochissimi giornali a sollevare
perplessità in merito l’11 luglio
scorso parlando di «convenzione
genuflessa». In generale fu tutto
un’exultate, jubilate. E adesso si
chiede in modo perentorio: ma,
allora, volete bloccare i restauri
dell’Anfiteatro Flavio che va in
pezzi? Poiché il “marchio
Colosseo” vale molto più di 25
milioni in 15 anni e il
monumento non sta
propriamente crollando, lo Stato
deve darsi regole più chiare e
comportamenti meno
improvvisati. Anche perché, non
agendo così, si creano (stiamo
parlando di un vero “totem”)
precedenti rischiosi. Diego Della
Valle fu onesto nella
conferenza-stampa: «Non siamo
qui per fare beneficenza». Subito
dopo altri gridarono al
mecenatismo. Non scherziamo:
mecenate è chi dona denari per la
cultura senza chiedere nulla in
cambio, neppure di essere citato.
Come mister Packard a Ercolano.
In fondo in fondo, se l’attuale
biglietto d’ingresso fosse stato
aumentato di 30 cent con
l’indicazione «pro-restauro», in 15
anni si sarebbero incassati i 25
milioni della sponsorizzazione e
forse anche di più. Senza
ambiguità, né opacità di sorta.

L’Unità 11.01.12