Cosa c’entrano con l’autonomia 7 consigli circoscrizionali in una cittadina di 38.595 anime come Rovereto se sono stati aboliti in tutti i capoluoghi sotto i 250 mila abitanti? Cosa c’entrano con l’autonomia certe buste paga della Regione siciliana dove i presidenti di una commissione possono arrivare a 17.476 netti al mese, più di quanto prende Obama?
A decenni di distanza dall’istituzione, chi prima, chi dopo, delle Regioni a statuto speciale, non ce n’è una che non rivendichi la sacralità della sua autonomia. Questa perché è sul confine, quella perché è in montagna, quella perché è un’isola… Al punto che Raffaele Lombardo si è avventurato a spiegare che la Sicilia ha diritto a esser risarcita per i saccheggi subiti a partire da Ulisse, che se la prese con «Polifemo, un povero pecoraio siciliano che badava al gregge e vendeva formaggio». Polifemo che lui vorrebbe vendicare con un grande partito territoriale per «far ballare la samba a ogni governo».
Sia chiaro: l’autogoverno è una cosa seria. Che ha dato qua e là risultati buoni o addirittura ottimi. E non ha torto Luis Durnwalder, se uno studio del Sole 24 ore dice che le cinque Regioni autonome spendono (sanità esclusa) 2.591 euro per abitante contro i 790 euro della media di quelle a statuto ordinario, a rispondere che «non si possono contare le pere con le mele». È vero: le Regioni a statuto speciale devono farsi carico di molte più competenze delle altre. E spesso costosissime.
Uno studio della Cgia di Mestre segnala tuttavia squilibri eccessivi. I dipendenti pubblici ogni mille abitanti sono 55,9 nelle Regioni ordinarie e 76,2, ad esempio, in Val d’Aosta. La spesa pubblica per investimenti è nel resto della penisola di 518 euro pro capite e in Alto Adige di 2.023. Quella per l’istruzione è di 934 euro per ogni italiano medio nei territori delle aree «normali», 1.520 in Trentino. Non c’è tabella che non evidenzi distanze siderali fra queste due Italie. È giusto che i soldi spesi dalla Sardegna a sostegno dell’agricoltura rispetto alla Campania, come dice uno studio ancora del Sole, siano superiori del 1.607%?
Numeri pesanti. Che da anni spingono una fetta della politica e della società, come si è scritto, a guardare certi lussi delle Regioni speciali con gli occhi della fiammiferaia incantata dal piatto fumante dell’oca arrostita. E a invocare brutalmente l’abolizione tout court di tutte le autonomie. Compresa quella, blindatissima da accordi internazionali, dell’Alto Adige.
Forzature. Ma in tempi magri come questi chi governa le realtà privilegiate non può rispondere, come il presidente altoatesino, che lo statuto d’autonomia è lì e «ora Roma non può metterlo in discussione solo perché è in difficoltà». Tanto più sapendo, come ha letto sulla Südtiroler Tageszeitung, che i cugini di Innsbruck sono trattati con assai minore generosità. E che se lui prende 26.708 euro lordi al mese il suo omologo tirolese ne incassa 16.300.
Sarebbe un delitto se, in cammino verso il federalismo, l’Italia mettesse in discussione le autonomie esistenti. Ma chi quelle autonomie le ha deve usarle sobriamente. E non offendere il resto del Paese spendendo 226.272 euro in gettoni di presenza per i 12 consigli circoscrizionali di Trento, pagando il sindaco di Merano proporzionalmente 77 volte più di quello di Roma o dando a un deputato regionale siciliano un minimo di 14.808 euro netti al mese.
Il Corriere della Sera 07.01.12