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"Mezza Pompei sta per crollare", di Giuseppe Salvaggiulo

Ciò che più allarma dell’ultimo crollo a Pompei è che la Domus di Loreio Tiburtino, di cui il 22 dicembre ha ceduto un pilastro del pergolato esterno, non è nemmeno tra quelle considerate più fragili. Emerge dalla «Carta del rischio archeologico», realizzata nei mesi scorsi dalla soprintendenza e inviata al ministero dei Beni Culturali. Una mappa divisa in tre colori: rosse le zone a rischio crollo alto (oltre il 50% delle possibilità), azzurre a rischio medio (intorno al 50%), gialle a rischio basso (sotto il 50%). Secondo una stima della stessa soprintendenza, «l’area messa in sicurezza è passata dal 14 per cento degli anni ‘90 al 31 per cento del 2010».

La Domus di Loreio Tiburtino è situata nella parte relativamente più sicura, a est verso l’anfiteatro, contrassegnata dal colore azzurro e circondata da ampie aree gialle. Eppure ha ceduto. Per questo rappresenta un paradigma della fragilità di Pompei. Spiega la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro: «Non c’erano indizi sui pilastri. È la malta che ha perso forza legante e si è sciolta. Si tratta di fenomeni invisibili e imprevedibili. Se vedi una fessura dici: è a rischio. Invece se collassa, te ne accorgi solo dopo».

L’ultimo studio Il documento è l’esito di un monitoraggio avviato un anno fa dopo il crollo della Scuola dei gladiatori per «evidenziare tutte le situazioni ad alto rischio di cedimento sull’intero tessuto urbano (…) al fine di programmare interventi conservativi mirati». Per ogni unità abitativa, i tecnici della soprintendenza hanno analizzato «lo stato di conservazione degli elementi strutturali portanti, delle strutture murarie, degli architravi, dei solai, delle coperture, dei rivestimenti su pareti e pavimenti». Rilievi e fotografie sono stati trasposti in un database informatico.

«Una rapida occhiata alla carta del monitoraggio del rischio archeologico evidenzia un organismo urbano in fortissima sofferenza», scrive la soprintendenza. L’area degli scavi viene divisa in zone numerate. «L’entità del problema appare meno cogente nella zone 1 e 2 mentre gravi fenomeni di degrado interessano le zone 5, 6, 7 e 9, sulle quali negli ultimi anni le risorse disponibili hanno consentito di procedere unicamente con interventi puntuali e non in maniera sistematica».

Primi interventi Eppure proprio nella zona dove il problema era considerato «meno cogente» si trova la Domus di Loreio Tiburtino che ha ceduto dieci giorni fa. L’evento rafforza la conclusione consegnata mesi fa dalla soprintendente al ministero: «vasti ed eterogenei fenomeni di degrado, occorre intervenire con urgenza e in maniera diffusa».

Sulla base di questo monitoraggio, la soprintendenza ha avviato restauri per 1,2 milioni di euro, scegliendo le zone più fragili e fruibili al pubblico. «Ma è come svuotare il mare con un secchiello», sospira la soprintendente. Fare la manutenzione di una città di 45 ettari e duemila anni è «un lavoro che non finisce mai». Dopo i crolli degli ultimi mesi, il ministero ha approvato il piano straordinario per Pompei. Che prevede innanzitutto un nuovo e più specifico monitoraggio, peraltro lungo e costoso, come base per gli interventi. E i soldi? Per quanto «ricca» grazie allo statuto speciale e agli incassi dei 2,3 milioni di biglietti staccati ogni anno, la soprintendenza non ne ha a sufficienza. Dopo mesi di annunci e promesse, è arrivata in soccorso l’Unione europea con 105 milioni di euro.

Con questi soldi, che saranno accreditati nei prossimi mesi, il piano straordinario può partire. Il nuovo monitoraggio durerà dal 2012 al 2014 e farà da guida ai restauri. La soprintendenza ne ha già una trentina nei cassetti, finora bloccati per carenza di quattrini. La previsione è di metterli a gara non prima dell’estate. Dunque i lavori partiranno nel prossimo autunno.

Il 2 gennaio hanno preso servizio i sospirati nuovi assunti. In questo caso, l’attesa è stata solo parzialmente ripagata: 9 architetti (in tutto diventano 16), 13 archeologi (ce n’era solo uno!) e un funzionario amministrativo. «Un’iniezione di energia indispensabile», spiega la soprintendente. Continuano a mancare geometri per seguire i cantieri (incarico fondamentale) e custodi. Ora sono solo 30 per ciascun turno su una superficie di 40 ettari.

Un anno dopo E’ passato oltre un anno dal crollo della Scuola dei gladiatori, definito dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano «vergogna per l’Italia». All’epoca, si gridò che bisognava fare tutto e subito per «salvare Pompei». Dopo un anno sono arrivati venti funzionari. Ci vorranno tre mesi per i quattrini e un altro anno per far partire i restauri straordinari. Sui contributi finanziari privati siamo fermi agli annunci. Insomma, né tutto né subito.

La Stampa 05.01.12