attualità, politica italiana

Parlamento, scontro sugli stipendi "Non è vero che sono i più alti", di Claudio Tito

I costi della politica non possono essere confusi con i costi della democrazia. Ogni sistema politico maturo e democratico comporta una spesa per il suo mantenimento. La collettività è chiamata a farsi carico di quei costi e a coltivare anche economicamente la difesa di un modello istituzionale che continui a rispondere – nel nostro caso – ai principi della Costituzione.
Al di là del giudizio sulla congruità degli stipendi riservati ai parlamentari italiani, però, nessuno può nascondere che in questa fase tutti – anche i deputati e i senatori – sono chiamati ad accettare i sacrifici che vengono imposti al Paese. Se il Parlamento ha votato e approvato a larga maggioranza la pesante manovra varata dal governo Monti, allora anche chi ha trasformato in legge quei provvedimenti deve dare il buon esempio. E accogliere per primo le ristrettezze che la crisi economica reclama. Se i lavoratori andranno in pensione più tardi, se per i prossimi due anni gli assegni previdenziali sopra i 1.500 euro non verranno rivalutati, se il peso del fisco nel complesso aumenterà anche nei confronti di redditi ben inferiori a quelli dei parlamentari, a maggior ragione chi ha ricevuto un mandato elettorale deve prendere per primo in considerazione la necessità di tollerare un disagio.
Nessuno quindi può nascondere che l´indennità degli onorevoli sia la più alta in Europa. Gli 11.283 euro al mese che spettano ai deputati e gli 11.555 dei senatori rappresentano un unicum all´interno dell´Unione europea. Basti pensare che i Paesi Bassi, piazzati al secondo posto in questa speciale classifica, sono distanziati di ben tremila euro al mese. E a nulla può valere la differenza tra la retribuzione lorda e netta. Per due ordini di motivi: il costo per la collettività non cambia; la qualità e la quantità della tassazione italiana rientra in quelle leggi che sempre il Parlamento ha approvato.
Ma il rapporto Giovannini non può essere valutato solo per la cifra riguardante lo stipendio di Montecitorio e palazzo Madama. Un altro discorso va fatto per le spese complessive connesse a ogni singolo parlamentare. In questo caso il “totale italiano” non è molto diverso da quello dei partner più grandi a livello europeo. Le nazioni il cui pil è paragonabile al nostro, come Germania, Francia o Spagna, spendono per i propri rappresentanti quanto e più di noi. Se si confrontano la diaria – ossia le spese di soggiorno -, gli importi per la segreteria e quelli per i collaboratori, si capisce che a Parigi o a Berlino il “fabbisogno parlamentare” non è affatto inferiore. Un membro del Bundestag tedesco, ad esempio, ha a disposizione oltre 14 mila euro al mese per retribuire i suoi collaboratori e un componente dell´Assemblea nazionale francese oltre 9 mila. I nostri deputati possono contare invece su 3.500 euro. Anche in questo caso, però, esiste una vera e intollerabile peculiarità per Camera e Senato: la possibilità per onorevoli e senatori di non dimostrare in alcun modo di aver impiegato quella cifra per la destinazione d´uso prevista. Insomma, ognuno – se vuole – può metterseli in tasca senza fornire alcuna giustificazione. Così come non si può nascondere che in questa fase storica viaggiare gratis in aereo, treno e autostrada può determinare un unico rischio: alimentare il distacco dei cittadini e la già crescente ondata di antipolitica. Che colpisce senza distinguere tra costi della politica e costi della democrazia. Che attacca ignorando quel “sottobosco” di malaffare e corruzione, di poltrone e incarichi, spesso legato ai “politici” e non al Parlamento. Nessuno, però, può permettersi il lusso di assecondare una valanga di moderno giacobinismo. A meno di non volere un sistema politico definitivamente riservato ai “super-ricchi”, a quelli in grado di sostenere autonomamente lo sforzo economico del loro impegno, o ai “disperati” senza alternative professionali capaci solo di approfittare di una legge elettorale che nomina dall´alto i parlamentari.
Deputati e senatori hanno quindi il dovere di dare una risposta all´opinione pubblica e di persuaderla affrontando gli aspetti distorsivi della loro retribuzione e dei loro benefit. Per non perdere ulteriormente credibilità e far crollare per lungo tempo il loro indice di popolarità.

La Repubblica 04.01.12