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"Donne e maternità, dimissioni in bianco «stop agli abusi»", di Alessandra Arachi

La nota è arrivata ieri, chiara e inequivocabile: «Il governo interverrà presto sulla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”». L’ha firmata Elsa Fornero, ministro del Lavoro con delega alle Pari opportunità. E adesso si aspetta soltanto che il governo dalle parole passi davvero ai fatti. Ovvero che, finalmente, venga ripristinato nelle aziende quel sistema di protezione nei confronti di una pratica tanto illegale quanto barbara.
Sono stati in tanti a sollecitare il ministro Fornero sul problema delle dimissioni in bianco. Praticamente un coro, da quando si era insediata al ministero. Lettere di donne di varie estrazioni. Dichiarazioni di politici. L’appello del segretario della Cgil Susanna Camusso. E gli articoli dei giornalisti Dario Di Vico sul Corriere e Ritanna Armeni sul Foglio.
Le proteste per le dimissioni in bianco erano cominciate ben prima. C’era stata una vera e propria sollevazione quando, tre anni e mezzo fa, il governo Berlusconi aveva voluto abrogare con un decreto d’urgenza la legge che tutelava le lavoratrici dalle dimissioni in bianco. L’aveva varata nel 2007 il governo di Romano Prodi quella legge di protezione. Ma appena un anno dopo l’esecutivo di centrodestra l’aveva cancellata bollandola semplicemente come «burocratica».
In realtà quella legge del 2007 era riuscita ad arginare, se non proprio a sopprimere, quella pratica disumana delle dimissioni, riservata praticamente soltanto alle donne. Meglio: alle donne in gravidanza.
Assurda, la pratica: al momento dell’assunzione ad una lavoratrice vengono messi davanti il contratto e, contemporaneamente, un foglio per firmare, appunto, le dimissioni in bianco. Ovvero un foglio di dimissioni senza alcuna data che il datore di lavoro può perciò usare in qualsiasi momento decide di farlo.
Nella maggior parte dei casi quelle dimissioni in bianco vengono tirate fuori dal cassetto nel momento in cui la lavoratrice dichiara di essere rimasta incinta. E non è un caso che le statistiche ci parlano di oltre 800 mila donne incinte costrette ad abbandonare il posto di lavoro.
La legge del 2007 aveva stabilito una cosa molto semplice: le dimissioni volontarie sarebbero state considerate valide soltanto se compilate su appositi moduli distribuiti esclusivamente dagli uffici provinciali del lavoro e dalle amministrazioni comunali. C’era una progressione alfanumerica su quei moduli ufficiali. Una progressione che, di fatto, rendeva impossibile la compilazione al momento dell’assunzione.
Adesso Elsa Fornero sembra orientata a ripristinare qualcosa di simile. Ha detto infatti ieri: «Il ministero sta studiando i modi e i tempi di un intervento complessivo a carattere risolutivo e che, grazie anche all’uso delle tecnologie informatiche, possa garantire in caso di dimissioni la certezza dell’identità della lavoratrice, la riservatezza dei dati personali e, soprattutto, la data di rilascio e di validità della lettera di dimissioni».
Per il ministro Fornero non ci sono dubbi: «La pratica delle dimissioni in bianco pesa fortemente e negativamente sulla condizione lavorativa delle donne e sulla loro stessa dignità, costituendo una vera e propria devianza dai principi di libertà alla base della società civile». Per questo il ministro ha deciso di prendere provvedimenti: «Questo intervento comprenderà un’azione di sensibilizzazione volta a restituire piena parità e dignità al lavoro delle donne, considerato un fattore di crescita indebitamente compresso».
Soddisfazione viene espressa dal Pd, per bocca di Lucio Cafarelli, responsabile lavoro pubblico del partito, che invita il ministro a sbrigarsi. «Il fattore tempo non è irrilevante visti i dati preoccupanti sul fronte occupazionale, sapendo che nei periodi di cirsi sono le donne e i giovani a farne le spese».

Il Corriere della Sera 04.01.12