Caro Direttore, come tutti dicono, abbiamo davanti un anno arduo e non semplice da interpretare. Vale forse la pena di “progettarlo” un po´, togliendo di mezzo un eccesso di fatalismo. Vorrei cominciare con qualche prima idea.
1. La scena si apre sull´Europa. Fino ad ora le decisioni sono state deboli. L´agenda da qui a marzo di per sé non rassicura. Nelle opinioni pubbliche è ancora dura come il marmo quell´ideologia difensiva e di ripiegamento che le destre europee hanno coltivato, ricavandone inutili vittorie, e che i progressisti non hanno potuto o saputo contrastare, ricavandone larghe e dolorose sconfitte. Inutile illudersi. O si mette in comune rapidamente e seriamente la difesa dell´Euro (vincoli di disciplina, strumenti efficaci e condivisi contro la speculazione e per la crescita, politiche macroeconomiche coordinate) o sarà il disastro. Se davvero l´Italia è troppo grande sia per fallire che per essere salvata, allora è troppo grande anche per stare zitta. È tempo che ciascuno di noi faccia la sua parte in Europa; il Partito Democratico sta lavorando per la piattaforma comune dei progressisti europei. Ma è tempo anche di fare qualcosa assieme, qui in Italia. Governo e forze politiche possono determinare una posizione nazionale. Il Parlamento (che non esiste solo in Germania!) può articolarla e assumerla. Il nostro Presidente del Consiglio può interpretarla e gestirla al meglio. Le idee ci sono e vedo su di esse la possibilità di una larga convergenza. Il biglietto da visita delle nostre idee in Europa potrebbe essere così concepito: noi continueremo le nostre riforme e ci riserviamo ogni ulteriore iniziativa per rafforzare la nostra credibilità. Ma non faremo più manovre. A chi raggiunge il 5% di avanzo primario che cosa altro si può chiedere? Nel caso, nessuno pensi di trattarci come la Grecia. Come si diceva, siamo troppo grandi e quindi parecchio ingombranti. Se ne tenga conto.
2. Torniamo qui ai nostri compiti. Salvare l´Italia significa, al concreto, contrastare la recessione, produrre crescita e occupazione, dare una prospettiva alla nuova generazione. Salvare l´Italia è possibile solo se cambiamento e coesione si danno la mano. Se coesione e cambiamento diventassero un ossimoro, non ci sarebbe speranza. L´azione di governo deve dunque possedere un metodo fondamentale e un fondamentale messaggio. Quanto al metodo, emergenza e transizione pretendono una forma particolare di dialogo sociale tale da sollecitare partecipazione e corresponsabilità, salvaguardando comunque la decisione tempestiva. Si può fare e, a parer mio, si deve fare. Ma voglio sottolineare in particolare il metodo politico. Il Governo troverà la sua forza in un rapporto stabile, permanente e ordinato con i Gruppi Parlamentari; un rapporto da allestire anche nella fase ascendente delle decisioni. Si parli di mercato del lavoro, o di liberalizzazioni, o di politica industriale, di pubblica amministrazione, di immigrazione, di Rai e di cento altri temi, esistono in Parlamento, da ogni lato, idee inevase da anni e non necessariamente divisive. Dica il Governo il suo piano di lavoro, raccolga dal Parlamento orientamenti e idee e avanzi quindi le sue decisioni e le sue proposte. Noi non pretendiamo il cento per cento di quel che faremmo, e così sarà per gli altri. Ma la trasparenza e la chiarezza servono a tutti. Quanto al messaggio fondamentale, se nell´emergenza è in gioco il comune destino del Paese, si deve innanzitutto promuovere un´idea di comunità degli italiani. Ci si ricordi allora che la solidarietà è la materia prima di una comunità, è ciò che la distingue da una accozzaglia anarchica di interessi. Se vogliamo farcela, tutti assieme, i riflettori vanno dunque puntati su chi è più in difficoltà. Bisogna predisporre l´aiuto a chi sta vivendo e vivrà le condizioni più difficili, come l´assenza di lavoro, l´insufficienza di reddito o una disabilità abbandonata. Su questo, non ci siamo ancora. Occorre fare di più, cominciando col cancellare qualche inutile asprezza di alcune misure già adottate che suscitano un giusto risentimento
3. La grande parte delle forze politiche e parlamentari si dichiarano interessate e disponibili ad una iniziativa di riforma delle Istituzioni e della politica. Il Presidente della Repubblica la sollecita autorevolmente. È evidente che un simile percorso significherebbe stabilità per il Governo e maggiore credibilità della politica e delle Istituzioni nella prospettiva della nuova legislatura. Sto parlando della già avviata adozione di parametri europei nei costi della politica, di riduzione del numero dei Parlamentari, di riforma del bicameralismo, di radicale aggiornamento dei regolamenti parlamentari e, alla luce delle prossime decisioni della Corte, di riforma elettorale. Su tutto questo esistono proposte e appaiono possibili convergenze significative. Si intende fare sul serio? Intendiamo davvero passare dalle parole ai fatti? Questo pronunciamento tocca innanzitutto ai segretari dei partiti, ovviamente non solo a quelli che hanno votato la fiducia al Governo, ma a partire da loro. C´è poco tempo ed è quindi ora di prendersi impegni pubblici, espliciti e dirimenti.
I tre punti che ho segnalato dovrebbero essere, a parer mio, l´agenda di gennaio. Infine una parola per chi, nel gioco ormai stucchevole fra tecnica e politica, si predispone a promuovere, chissà in quali forme nuove, l´edizione 2012 dell´antipolitica. L´Italia ha già dato. Per quello che ci riguarda il Partito Democratico ha compiuto un gesto propriamente politico, trasparente e generoso, nel sostenere questa transizione e si predispone ad offrire agli elettori, quando sarà il momento, una proposta riformista e democratica di ricostruzione, alternativa al decennio populista. Siamo pronti a riconoscere in termini nuovi i codici e i limiti della politica. Anche in questo difficile passaggio, tuttavia, siamo convinti di poterne rafforzare la dignità e l´indispensabile ruolo.
La Repubblica 03.01.12
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«Ora riforme» Il programma anti-recessione di Bersani, di Simone Collini
Il leader Pd in questi giorni di pausa dei lavori parlamentari non ha interrotto i contatti col governo e le altre forze che sostengono Monti. «Ora politiche per lo sviluppo, riforme istituzionali e legge elettorale». Far sentire in Europa la voce dell’Italia sulle misure a difesa della moneta unica. Mettere in campo le politiche necessarie per produrre crescita e occupazione. Avviare in Parlamento un confronto sulle riforme istituzionali e per una nuova legge elettorale. Sono i tre punti in cima all’«agenda Bersani». Il leader Pd, in questi giorni di pausa dei lavori parlamentari, non ha interrotto i contatti col governo e con i leader degli altri partiti che sostengono Monti. E il ragionamento che ha fatto in questi colloqui è che il 2012 sarà «un anno molto difficile», che l’Italia uscirà dalla crisi «solo se ci saranno insieme cambiamento e coesione».
COME CONTRASTARE LA RECESSIONE
In particolare, l’agenda su cui Bersani vuole aprire il confronto con governo e altre forze politiche alla ripresa dei lavori parlamentari prevede un pacchetto di misure per «contrastare la recessione, produrre crescita ed occupazione e tutelare i più deboli». Si va dalle norme sulle liberalizzazioni a proposte sulla politica industriale alla necessità di avviare una riforma sugli ammortizzatori sociali («oggi il problema non è licenziare dice quando viene sollevato il tema dell’articolo 18 ma creare lavoro e renderlo meno precario»).
L’altro punto su cui Bersani vuole accelerare riguarda le riforme istituzionali e la legge elettorale. Lo ha spiegato ai leader delle altre forze che sostengono l’esecutivo dicendo che ora compito dei partiti è «disegnare un percorso per ridare credibilità alla politica e alle istituzioni». Anche in prospettiva della prossima legislatura. Per il leader del Pd va superato l’attuale bicameralismo e ridotto il numero dei parlamentari, ma soprattutto non si può andare a votare per la terza volta con il “Porcellum” e quale che sia la sentenza della Consulta sul referendum, il Parlamento deve avviare un confronto per giungere in tempi rapidi a un nuovo sistema di voto. «Il Pd ha depositato la sua proposta, facciano altrettanto gli altri».
L’ITALIA E LA DIFESA DELL’EURO
C’è poi un terzo punto dell’«agenda Bersani» (di cui il leader Pd parla anche in un’intervento pubblicato oggi da Repubblica) che riguarda Europa e moneta unica. Per il segretario dei Democratici finora sono state prese decisioni «deboli» e bisogna subito attuare provvedimenti seri a difesa dell’Euro. Il ragionamento di Bersani è che l’Ue «non può solo chiederci manovre», e che «se l’Italia è troppo grande per fallire e per essere salvata, è anche troppo grande per stare zitta». Quanto proposto e prodotto dall’asse Merkel-Sarkozy non convince affatto il leader Pd. Per questo Bersani ritiene necessario aprire un confronto anche sul piano comunitario, a livello di governi ma anche di forze politiche. Anche i contatti con i socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi proseguono, per arrivare in tempi rapidi alla definizione di una piattaforma comune.
L’Unità 03.01.12