Anno: 2011

"L'ultimo camorrista della scuola siciliana", di Francesco La Licata

La cattura di Michele Zagaria, capo storico della «mafia dei Casalesi» e conosciuto ai più con l’eloquente nomignolo di «Capastorta», può davvero considerarsi una pietra miliare della lotta alla criminalità organizzata. Le stesse modalità dell’arresto (il bunker, la cintura protettiva dei fedelissimi, l’assenza di cellulari intercettabili, l’ostinata presenza nel «suo» territorio, l’ironia del capo che concede ai poliziotti la palma della vittoria), ci consegnano il profilo di una grande operazione per la presa di un grande capo. Grande, ma anche l’ultimo di una generazioni di criminali che, in Campania, hanno creato un gruppo nuovo e diverso, lontano dalla «cartolina» del guappo «anema e core» e molto più prossimo alla ferrea disciplina della mafia siciliana tutta tesa soprattutto alla concretezza degli affari. Michele Zagaria rappresenta l’ultimo discendente di una camorra cresciuta all’ombra e alla scuola della «migliore» Cosa nostra, quella della mafia di Ciaculli e di Michele Greco il «papa». Sono ormai decenni che i giornalisti, gli osservatori più accorti sottolineano la particolare pericolosità dei casalesi, giustamente considerati un qualcosa di diverso, di particolare rispetto alla …

"Il bisogno di equità sociale nell´epoca dei sacrifici", di Carlo Galli

La crisi e la manovra del governo impongono scelte radicali. Ma le élites, per essere credibili, non possono aumentare le disuguaglianze. Le situazioni di pericolo eccezionale dovrebbero produrre leadership che sanno condurre la lotta all´esterno e imporre la pace all´interno. Chi è veramente il nemico? Il nostro debito o chi ci specula sopra? La Bce o la politica che ha sempre rinviato la soluzione dei problemi? Il 13 maggio 1940, alla Camera dei Comuni, il nuovo premier e ministro della Difesa, Winston Churchill, presentando il suo governo e accingendosi a «guidare gli affari di Sua Maestà Britannica» nel momento più duro della storia inglese, disse: «non ho da offrirvi che sangue, sudore, fatica e lacrime. La nostra politica è fare la guerra: nostra mèta, la vittoria». La Camera gli diede unanimemente la fiducia, e anche tutta «la nazione fu unita e piena d´entusiasmo come non mai». Dopo la battaglia di Canne (216 a. C.) anche un altro impero, quello romano, era stato in pericolo mortale; perduti almeno sessantamila soldati, un console morto in battaglia, il …

"Editoria, fondi in estinzione Pluralismo in pericolo", di Roberto Monteforte

Cancellato il sostegno alla libertà d’informazione. Le risorse pubbliche saranno destinate a tutte le testate, compresi i grandi gruppi. A rischio sopravvivenza centinaia di giornali, da l’Unità a Il Secolo d’Italia. Pesa e in modo drammatico anche sull’editoria il decreto «Salva Italia» di Mario Monti. Al di là delle esigenze di rigore e di moralizzazione, si annunciano tagli che poco hanno a che fare con l’equità. Che anzi finiranno per mettere seriamente in discussione il pluralismo informativo del nostro paese. Quello che è stato annunciato con l’articolo 29 comma 3 della manovra sarà praticamente la cancellazione dell’editoria di idee, cooperativa, non-profit e politica. Dal 1 ̊ gennaio rischiano di non essere più in edicola testate come l’Unità, Liberazione, Europa, Il Secolo d’Italia, la Padania, il Riformista, Il Manifesto, l’Avvenire, Terra, i settimanali diocesani, periodici come Rassegna sindacale, Salvagente o Conquiste del Lavoro, giornali editi da cooperative e tutti gli altri che sino ad oggi hanno avuto diritto ai finanziamenti «diretti» da parte dello Stato. I NUOVI CRITERI Ieri è arrivato secco l’annuncio. In nome del …

L’informazione nel dopo Berlusconi

Tra curiosità e necessità di una riconversione. Interviste a Stefano Menichini, Claudio Sardo e Antonio Padellaro. E adesso di che cosa scriviamo? Scomparsa all’improvviso la corte, con i favoriti del giorno, il gran ciambellano, le amanti, dove si trovano le notizie? Chi sono i personaggi da inseguire? Dopo oltre tre lustri di egemonia culturale e politica, l’improvviso cambiamento dello scenario politico ha lasciato giornalisti politici e redazioni in apnea. In una settimana sono cambiati interlocutori, temi (adesso i contenuti della manovra, prima le beghe tra i favoriti del sovrano), comportamenti, perfino il linguaggio. E c’è voluto uno sforzo di riconversione. Il berlusconismo prevedeva il trionfo dell’immagine rispetto alla realtà, del gossip rispetto alla ricerca. All’improvviso è cambiato tutto. I primi ad accorgersene sono stati i cronisti dei quotidiani e delle agenzie in Transatlantico. I primi giorni del dopo Berlusconi vagolavano da un capo all’altro non sapendo ancora bene come fare. Ma soprattutto si sono dovuti porre il problema quei quotidiani che per anni hanno, per convinzione, per collocazione politica, ma anche per collocazione sul mercato …

"Il Pd aveva presentato al premier un dettagliato piano di undici punti sul tema specifico", di Bianca Di Giovanni

Appena tre misure, per di più blande o inefficaci, e in alcuni casi infilate all’ultimo minuto. Questa la «mini-cura» antievasione proposta dalla squadra Monti, che tuttavia chiede sacrifici «per salvare l’Italia». Non si sa cosa dicono nell’Ue dei record di infedeltà fiscale: pare che a Bruxelles preferiscano parlare di pensioni (almeno così raccontano). Così alla fine, come al solito, il Belpaese si salverà grazie agli onesti, che spesso si concentrano tra i meno abbienti e in quello sterminato ceto medio che sta diventando sempre più povero. Tracciabilità dei pagamenti a mille euro, regime premiale per gli autonomi che accettano di essere «radiografati» dall’amministrazione, e comunicazione degli operatori finanziari (banche e simili) alle agenzie delle entrate dei movimenti dei loro clienti. Questa la lista degli interventi. L’ultimo punto è entrato in zona Cesarini nel testo finale solo dopo un poderoso pressing del Pd. Peccato che non sia entrato nella versione che i Democratici volevano. Su questo fronte c’è stato un braccio di ferro: Pier Luigi Bersani ha incontrato Mario Monti e ha messo sulla sua scrivania …

Minzolini a processo per peculato "In 14 mesi spesi 65 mila euro", di Elsa Vinci

«Sessantacinquemila euro di spese non giustificate». Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, è stato rinviato a giudizio per peculato, ovvero conti di ristorante pagati per 14 mesi con la carta di credito Rai . «Senza indicare né i motivi di lavoro né gli ospiti». Il giornalista ha già restituito la somma in questione. In udienza ha detto di non «aver avuto la percezione di commettere un illecito», ma la procura ha sottolineato «l´uso disinvolto del denaro altrui». Il gup, Francesco Patrone, ha fissato l´inizio del processo l´8 marzo 2012 davanti al tribunale di Roma. La Rai ha annunciato la costituzione di parte civile. Cioè chiederà il risarcimento «per il danno di immagine». Pd, Italia dei valori e Fli sollecitano le dimissioni. Il comitato di redazione del Tg1 va all´attacco, chiede al direttore un passo indietro e all´azienda una nuova nomina «autorevole». «Vogliono farmi fuori», sbotta Minzolini appena fuori dall´aula. «Per due anni nessuno mi ha contestato nulla. Poi improvvisamente, due settimane prima del voto di fiducia al Senato del 14 dicembre dell´anno scorso, quando si …

"Salvare l'euro ora o mai più", di Antonio Polito

Forse un giorno questo dolore ci sarà utile. Non perché possa bastare l’austerità o perché la salvezza dell’Italia dipenda da quanto sudore e lacrime verseremo: più dei nostri compiti a casa, a decidere sarà l’esame di maturità che aspetta l’Europa tra domani e venerdì. Ciò che ha fatto il governo Monti è però una precondizione perché tre giocatori ben più decisivi, la signora Merkel, il signor Draghi e il signor Mercato, possano fare ciò che devono. L’Europa è chiamata al suo «momento Hamilton», chiedono a gran voce gli investitori. Il riferimento è al primo segretario al Tesoro dei neonati Stati Uniti d’America, leader dei «federalisti»: dopo una battaglia durata sei mesi riuscì a risolvere la crisi del debito pubblico facendo assumere al governo federale anche quello dei singoli Stati. Però anche allora c’era chi resisteva. Gli Stati-formica, più forti e meno indebitati, erano riluttanti a farsi tassare per ripagare i debiti degli Stati-cicala. Ci volle una contropartita. In cambio dei voti degli Stati virtuosi del Sud, Hamilton accettò che la capitale fosse spostata al Meridione, …