Anno: 2011

"Il bisogno di giustizia sociale", di Massimo Giannini

Monti l´aveva annunciato: questo governo sarà costretto a rinunciare a certe liturgie, molto gradite nel passato. Ma la rottura che si è consumata con i sindacati è qualcosa di più di un semplice strappo al metodo della concertazione. È una lesione del principio dell´equità.l governo, dunque, ha ascoltato ma non ha raccolto le richieste formulate da Cgil, Cisl e Uil, e le proteste sollevate da tante parti della società italiana. Non era obbligatorio dal punto di vista politico: l´emergenza economico-finanziaria impone decisioni urgenti e, per quanto dolorose, non necessariamente condivise. Forse non era opportuno dal punto di vista istituzionale: mentre sulle modifiche alla manovra si sta trattando in Commissione alla Camera, non si possono fare concessioni al sindacato su altri tavoli. Ma era doveroso dal punto di vista della giustizia sociale. Graduare l´Ici-Imu sulla casa secondo i redditi e i carichi familiari, e innalzare almeno a 1500 euro al mese il tetto al di sotto del quale non scatta il blocco della rivalutazione delle pensioni, sono esigenze sacrosante di imparzialità redistributiva, e non pretese di …

Donne: «100mila in piazze, manovra ci penalizza»

Manifestazioni in tutta Italia, con piazza del Popolo a Roma come “cuore” pulsante che si è chiusa con un canto collettivo, le cantanti Paola Turci ed Emma Marrone, la colonna sonora di Patti Smit: le donne sono tornate in piazza e misurandosi con la manovra del governo. Sulla quale il messaggio lanciato è chiaro: la metà femminile del paese la paga più cara, anche perché non esistono sostegni e aiuti al carico familiare. E alzare la pensione delle lavoratrici “senza riequilibrare le responsabilità del lavoro – ha osservato la sociologa Chiara Saraceno – è “ingiusto e miope”. Con un altro messaggio lanciato in modo netto e limpido ai partiti: “Il prossimo governo sia almeno al 50% fatto da donne”. «Il problema – hanno proseguito – non è la mancanza di donne autorevoli, ma l’occupazione del potere da parte degli uomini. Anche se non ci sono elezioni in vista, lo diciamo chiaro: noi daremo il nostro voto solo su programmi concreti e sulla certezza che almeno la metà del prossimo governo sia composto da donne». Come …

"Se la maternità è una colpa", di Luigina Venturelli

L’arretratezza culturale nei confronti delle lavoratrici donne e della maternità è stata finora considerata un vizio strutturale del sistema imprenditoriale italiano, una debolezza da lamentare ma comunque da sopportare. Adesso, però, qualcosa dovrà necessariamente cambiare: con l’attuale crisi finanziaria e il precario stato dei conti pubblici, per usare le parole dell’economista Paola Profeta, «è uno spreco che non ci possiamo più permettere». E non si tratta di uno spreco di poco conto, ma di un’enorme perdita di risorse umane ed economiche: solo nel 2010 sono state circa 800mila le donne che hanno dovuto lasciare il lavoro per cause legate alla maternità. Certo, la stima elaborata dalla Cgil comprende sia le lavoratrici che sono state licenziate o costrette alle dimissioni dalle aziende, sia quelle che hanno scelto autonomamente di lasciare il posto per dedicarsi alla cura dei figli. Ma questo non cambia in alcun modo l’allarme lanciato ogni al nostro sistema produttivo da quasi un milione di donne sull’impossibilità di coniugare maternità e vita professionale, soprattutto per le donne giovani (13% dei casi), che vivono al …

"In cerca del popolo europeo", di Gian Enrico Rusconi

Che fine ha fatto il «popolo europeo»? Dov’è il demos europeo su cui sino a qualche anno fa si sono esercitati filosofi politici, giuristi costituzionalisti e pubblicisti? Intimiditi dalle brutali oscillazioni delle Borse, schiacciati dagli spread, frastornati dai toni apocalittici di politici e giornalisti, tartassati in modo più o meno consensuale dai rispettivi governi riemergono i popoli nazionali tradizionali. In carne ed ossa, con i loro giudizi e pregiudizi reciproci che si tenta invano di esorcizzare, correggere, rivisitare. Pensiamo agli imbarazzi con cui tedeschi e italiani oggi si guardano attraverso i loro giornali. È inutile protestare contro i giornalisti, che spesso scrivono sciocchezze da una parte e dall’altra. Rispecchiano una diffusa situazione sgradevole. Prendiamo atto che – a dispetto della retorica diffusa a larghe mani in questi anni – non si è formato affatto un «popolo europeo» inteso come comunità politica solidale quale anni fa si sperava fosse in fase di gestazione, se non di sviluppo. Il processo che avrebbe dovuto faticosamente costruire questo popolo unitario e solidale sembra ora essersi interrotto. È stupefacente l’emarginazione …

Centomila a Mosca «Putin, devi andartene», di Roberto Brunelli

Cose mai viste, nell’era di Putin. A Mosca erano almeno centomila (il doppio, secondo gli organizzatori) a gridare slogan contro il premier. Ben oltre ogni aspettativa. «Chiamatela rivoluzione della neve». Una cosa così non l’aveva mai vista nessuno, negli anni di Putin. «L’avresti detto, tu, Nikolaj, l’avresti detto?», gridava una ragazza felice ieri a piazza Balotnaja, a due passi dal Cremlino. Una massa umana abnorme per dire di no a Putin, per ribellarsi all’esito di un voto che un russo su due considera truccate. Sfidando neve e temperature al di sotto dello zero, a decine di migliaia sono scesi per le strade di tutta la Russia per chiedere l’annullamento delle legislative del 4 dicembre e nuove elezioni libere. Dall’estremo porto orientale di Vladivostok all’occidentale Kaliningrad, la Russia sembra essersi svegliati dal lungo torpore putiniano. A Mosca il colpo d’occhio era impressionante: 200 mila persone secondo gli organizzatori, 100 mila per la polizia, con le bandiere arancioni, rosse e blu e i nastri bianchi al polso. Numeri enormi, per una realtà come quella russa, parole fino …

"La nostra forza", di Francesca Izzo

In questi giorni si sono levate alcune voci per chiedere a Se non ora quando? se era davvero opportuno convocare una manifestazione-concerto delle donne nel pieno di una crisi drammatica e all’indomani di una manovra del governo che ha creato profondi disagi in molte famiglie. Noi pensiamo che sia stato non solo opportuno ma indispensabile. E che sia stato vitale se vogliamo che, nel mezzo della crisi, si accendano le luci del futuro. Perché è dalle donne che può giungere all’Italia il segnale più forte di risalita dalla china. E questo segnale dobbiamo darlo qui ed ora, mostrando pubblicamente la forza, unità e autonomia del movimento. Il 13 febbraio scorso abbiamo detto che l’Italia non era un Paese per donne, perché non solo veniva lesa la loro dignità di persone ma perchè tutta la loro vita non andava bene. E abbiamo soprattutto detto che dignità e destino delle donne coincidevano con la dignità e il destino dell’Italia. Un risultato l’abbiamo già ottenuto: l’Italia ora è rappresentata, nel governo, da volti e da figure, anche femminili, …

"Il Tg1, l´ipotesi Maccari e l´ammuina della Lei", di Francesco Merlo

Nessun giornalista che abbia rispetto di se stesso e del Tg1 può accettare la nomina a direttore reggimoccolo, a professionista di scorta, proconsole per soli 49 giorni, record nella storia degli scaldasedia. Tanto più che Alberto Maccari, che Lorenza Lei proporrà martedì al Cda della Rai come reggente sino al 31 gennaio, ha alle spalle una solida carriera. Ebbene, rischia di tradirla e di macchiarla prestandosi al più antico e squallido gioco della politica italiana, quello del galleggiamento, del perdere tempo per guadagnare tempo e intanto sistemare tutti i peggiori affarucci. L´orgoglio di dire no all´offerta indecente che il direttore generale della peggiore Rai di sempre gli farà martedì è dunque un dovere del collega Maccari, una prova di dignità per lui e di rispetto per il giornalismo televisivo italiano che già esce avvilito dai lunghi anni del conflitto di interesse e dalla depravazione finale del minzolinismo. Eppure ha una grinta imbronciata questa signora Lei, Fiorello e Baldini ne hanno fatto una divertente parodia, ha la fama della decisionista, della donna tutta d´un pezzo, del …