"L'egosimo delle corporazioni", di Nadia Urbinati
Il Governo Monti è come altri governi in passato condannato a fare i conti con la più profonda anomalia italiana: uno stato di diritto moderno appoggiato su una società civile composita, in parte liberale e in parte strutturata per gilde di tipo feudale. La contraddizione è stridente ma diventa palese e pesante quando il Paese si trova a fronteggiare crisi di sistema, siano esse di tipo economico o politico; quando, in altre parole, la radicalità dei problemi richiede interventi che, se attuati, eroderebbero aggregazioni corporative e i privilegi di chi ne è parte. Nell´emergenza del primo dopoguerra il liberalismo perse insieme allo stato di diritto, di fronte a una società civile che non riuscì ad assorbire la liberalizzazione economica e a uno stato refrattario rispetto alla democratizzazione. In quegli anni furono pensatori “radicali” come Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Gaetano Salvemini e Luigi Einaudi a schierarsi contro il protezionismo e lo stato degli interessi corporativi, allora quelli agrari al Sud e al Centro, e quelli industriali al Nord: nel mezzo, una classe media che si assottigliava …