Sul Fondo, passato dai 138 milioni del 2011 ai 53 del 2012, il premier rassicura: «Non lo cancelleremo, ma per assegnarlo sarà valutato l’effettivo impegno dei giornalisti e la reale diffusione delle testate». I colleghi di Liberazione sono fuori, all’ingresso della sede del governo a Largo Chigi, in fila con le pettorina gialle e rosse, spiegano i loro volantini, raccontano la morte di un giornale di sinistra il cui editore, Rifondazione comunista (Mrc) ha deciso di chiudere prima ancora del taglio dei fondi per l’editoria fosse effettivo. Non si rassegnano, stanno occupando la redazione in un conto alla rovescia che sembra senza appello ancora tre numeri e poi fine e invitano ad andare da loro. Solidarietà ma non solo.
Il collega del Manifesto è stato sorteggiato tra i primi, si assicura la domanda a nome di tante altre testate politiche e adesso a rischio pubblicazione: «Signor Presidente, tra un anno a questa stessa conferenza stampa ci saranno un centinaio di testate in meno in conseguenza dei tagli al fondo dell’editoria. Si tratta di quotidiani di destra, centro e sinistra. Come pensa il governo di tutelare il pluralismo nell’informazione e decine e decine di lavoratori e giornalisti?».
Era fatale che il nodo editoria il fondo è passato da 138 milioni nel 2011 a 53 nel 2012 sarebbe stato tra i protagonisti della conferenza stampa di fine anno. Monti era pronto. Sapeva. Ed è stata una delle poche domande a cui ha risposto entrando un po’ più nel merito. «I contributi all’editoria saranno mantenuti ha detto ma stiamo lavorando per definire criteri obiettivi, il più possibile persuasivi, per scegliere e selezionare ciò che sembra più meritevole dei contributi». Scegliere, quindi, «cosa difficile da fare ma necessaria». Il punto adesso sono i criteri che dovranno essere anche «numericamente» definiti. Saranno valutati «l’effettivo impegno di giornalisti e l’effettiva diffusione. Sarebbe impensabile eliminare completamente i contributi che sono il lievito per una informazione pluralista. Ma credo che sarebbe altrettanto superficiale e brutale eludere il problema e lasciare la situazione immutata anno dopo anno. Confido ha concluso Monti in una soluzione pragmatica, pluralista e difendibile. E il governo la difenderà».
In realtà c’è poco tempo. Perchè il credit crunch, la stretta del credito da parte delle banche, riguarda tutte le aziende. E i giornali sono aziende come tutte le altre con le specificità di produrre informazione. In queste condizioni finanziarie persino i giorni possono essere decisivi. Ecco perchè il governo deve fare presto a decidere, a concordare e a deliberare. Il sottosegretario con delega all’editoria Carlo Malinconico è consapevole del fatto che c’è poco tempo. «Stiamo lavorando, anche in questi giorni, per individuare i criteri oggettivi più giusti».
Il fatto è che in questo clima di caccia alla casta in cui la distanza tra tra opinione pubblica e politica è massima, ne fanno le spese anche i giornalisti definiti spesso casta. «Ma quanti sanno precisa il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino introducendo il premier Monti alla cerimonia della conferenza stampa di fine anno che l’Inpgi (la cassa di previdenza giornalistica, ndr) è alimentata solo e soltanto dai contributi dei giornalisti che provvedono alla cassa integrazione e alle pensioni senza vedere né chiedere un euro allo stato?». Precisazione puntuale e necessaria di questi tempi in cui si rischia di confondere un po’ le cose.
Iacopino ha promosso il premier giornalista professionista honoris causa. E gli ha consegnato la tessera rossa, con tanto di foto. «Una tessera ha spiegato Iacopino che hanno avuto in tasca giornalisti come Pippo Fava, Mariagrazia Cutuli e tanti altri morti per raccontare la verità». Una tessera «che aveva anche Giorgio Bocca la cui morte ha reso più triste questo Natale. Ci piacerebbe essere rispettati da vivi piuttosto che essere ricordati da morti».
Monti ha gradito, pare: «È una promozione visto che sono stato iscritto all’albo dei pubblicisti». E ha promesso: «Non mi sfugge l’importanza della stampa libera nel nostro Paese».
L’Unità 30.12.11