Il rapporto su “La conciliazione tra lavoro e famiglia” ribadisce come in Italia le attenzioni per la prole in tenerissima età resti un compito femminile, con conseguenti aggiustamenti nella vita lavorativa. Le occupate a tempo pieno vorrebbero più spazio per la famiglia nelle loro vite, soddisfatte le impiegate part-time. La cura dei figli, soprattutto in tenerissima età, in Italia continua a essere un compito da donne e la vita lavorativa deve necessariamente adattarsi alla condizione di madre anche in relazione all’indisponibilità di servizi di supporto adeguati alle proprie esigenze in termini di costi, orari, vicinanza alla zona di residenza e presenza di personale specializzato. La conferma arriva dallo studio Istat focalizzato su “La conciliazione tra lavoro e famiglia”. Che, tra l’altro, evidenzia come le donne occupate a tempo pieno sognino di potersi dedicare di più alla cura del proprio nucleo affettivo, mentre le impiegate part-time sono in maggioranza soddisfatte dell’equilibrio tra tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato alla famiglia. Profonda la differenza tra Nord e Sud: nel Mezzogiorno e nelle Isole è occupato il 34,6% delle madri, contro un valore quasi doppio (68,8%) rilevato per quelle che risiedono nel Settentrione.
Stop al lavoro per il 37% delle madri. Sono 702 mila le occupate con figli minori di otto anni che dichiarano di aver interrotto temporaneamente l’attività lavorativa per almeno un mese dopo la nascita del figlio più piccolo: il 37,5% del totale delle madri occupate. L’assenza temporanea dal lavoro per accudire i figli continua a riguardare, invece, solo una parte marginale di padri. Anche il congedo parentale è utilizzato prevalentemente dalle donne, riguardando una madre occupata ogni due, a fronte di una percentuale del 6,9% dei padri.
Donne, part-time favorisce l’equilibrio. Circa il 40% delle occupate con un orario full time desidererebbe dare più spazio al lavoro di cura, mentre avere un’occupazione part-time sembra consentire una migliore allocazione del tempo: il 69,2% delle occupate a tempo parziale, 1 milione 424 mila donne, non vorrebbe modificare l’organizzazione della propria giornata, contro il 57% di chi lavora a tempo pieno. Ciò nonostante, non sono poche (438 mila donne pari al 30,8%) le occupate part-time che vorrebbero bilanciare meglio il rapporto tra tempi di attività di cura e tempi destinati al lavoro: per il 15,6% di queste i carichi familiari sono così pesanti che risulta impossibile dedicare più tempo al lavoro.
Quattro italiani su dieci si occupano di cura e assistenza. In generale, dall’indagine emerge che quasi quattro italiani su dieci dedicano tempo ad assistenza e cura e circa un terzo degli occupati con figli è insoddisfatto del tempo dedicato alla famiglia. Sono infatti circa 15 milioni 182 mila (il 38,4% della popolazione di riferimento), spiega l’Istat, le persone che nel 2010 dichiarano di prendersi regolarmente cura di figli coabitanti minori di 15 anni, oppure di altri bambini, di adulti malati, disabili o di anziani. Il 27,7% delle persone tra i 15 e i 64 anni ha figli coabitanti minori di 15 anni, il 6,7% si prende regolarmente cura di altri bambini e l’8,4% di adulti o anziani bisognosi di assistenza.
Insoddisfatto il 35,8%. Quasi tre milioni e mezzo di occupati con figli o con altre responsabilità di questo tipo (il 35,8% del totale) vorrebbe modificare l’equilibrio tra lavoro retribuito e lavoro di cura: il 6,7% dedicando più tempo al lavoro extradomestico e il 29,1% trascorrendo più tempo con i propri figli o altre persone bisognose di assistenza. I due terzi degli uomini e il 61,2% delle donne dichiara, invece, di non voler modificare lo spazio dedicato a queste due dimensioni della vita quotidiana, con quote più ampie tra i padri (66,1%) e tra le donne occupate che si prendono regolarmente cura di bambini (non figli coabitanti) (68,2%), meno elevate tra le madri (59,2%). Nel Mezzogiorno è più alta la percentuale (70% tra gli uomini e 63,2% tra le donne) di quanti affermano di non voler cambiare il rapporto tra lavoro e famiglia; inoltre, in questa ripartizione sono maggiormente rappresentate le persone che lavorerebbero di più (6,9% per gli uomini e 10% per le donne).