«L’incentivazione agli impianti eolici in Italia è stata fino ad oggi la più alta del mondo. Soltanto per questa ragione è stato
conveniente impiantare oltre 5.000 torri per una potenza complessiva di 6.000 megawatt, non certo per la loro produttività. Infatti la ventosità in Italia si attesta in media sulle 1.500 ore/anno, ben al di sotto delle 2.000 ore/anno ritenute utili per una produzione competitiva». È soltanto un passo della lunga e argomentata lettera indirizzata in questi giorni ai ministri competenti (Clini, Ornaghi, Passera, ecc.) da associazioni come Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, VAS, Comitato per la Bellezza. Comitato Nazionale del Paesaggio, Amici della Terra, Altura, Movimento Azzurro, Terra Celeste e da decine e decine di Comitati nati nelle zone appenniniche. Iniziativa che si deve soprattutto alla passione di Carlo Alberto Pinelli, regista di storici documentari per la Rai, alpinista e ambientalista. Il documento, giustamente critico nei confronti della politica di incentivi, caotica e costosa, del governo Berlusconi, cerca di inquadrare il problema delle fonti energetiche rinnovabili con un approccio «freddo»: per razionalizzare una materia complessa e arginare «il proliferare di giganteschi impianti eolici nei luoghi più belli e integri d’Italia». In tal senso fanno ben sperare le parole pronunciate dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini sul «rispetto degli usi bilanciati del territorio» e sulla necessità di «paragonare il valore economico e ambientale della generazione dell’elettricità da eolico con quello della protezione del paesaggio, prezioso per la nostra economia».
Rappresenta un delitto anche in termini di turismo culturale scempiare il paesaggio della mirabile città romana di Saepinum (Campobasso) o quello di zone vicine a grandi e affascinanti parchi, quali le Foreste Casentinesi, o ai monti solenni sopra Urbania e Urbino.
Poiché la situazione economico-finanziaria del Paese è drammatica – come più volte sottolineato dal presidente Napolitano – bisogna riflettere attentamente sull’uso migliore delle risorse. Anche i maxi-impianti fotovoltaici pongono seri problemi se installati in zone coltivate, di elevato pregio agricolo. «Impianti che noi vorremmo vedere collocati – propone il documento – esclusivamente nelle aree industriali e sopra i tetti degli edifici recenti». Pensate quanto sarebbe oggi più favorevole la situazione nel «Paese del sole», se si fossero dotati per tempo di impianti fotovoltaici tutti i quartieri costruiti negli ultimi decenni, a cominciare da Roma e dal Sud. E se si fosse utilizzata, in modo accorto, anche la geotermia. È assolutamente indispensabile riportare in onore un’idea di fondo che in questi anni di deregulation berlusconiana è stata invece affossata: cioè pianificare e quindi selezionare tutte le (limitate) risorse sia finanziarie che territoriali e paesaggistiche in un Paese la cui bellezza è stata brutalmente intaccata da sviluppi abusivi o «drogati», pur rappresentando essa, se tutelata, anche un valore economico in termini di turismo culturale e naturalistico. Il documento propone queste linee di azione: a) andare ad una moratoria degli incentivi; b) ridurre la soglia dei certificati verdi emessi annualmente; c) detrarre le installazioni di fotovoltaico già eccedenti il valore obiettivo proposto dalla UE (8.000 megawatt, «mentre siamo già a quasi 12.000 esercizio») dalla quota prevista per l’eolico; d) ridefinire in sede governativa e non regionale, o, peggio, locale le quote dell’eolico per il quale hanno spinto e spingono con forza anche gruppi inquinati dalla criminalità. Un grido di dolore serio e motivato, questo delle associazioni e dei comitati, che, in un momento di vera emergenza, economica e paesaggistica, è bene che il governo Monti ascolti con molta attenzione.
L’Unità 27.12.11