Le Regioni danno un giudizio positivo della manovra. Lo fa sapere al termine dell’incontro con il governo Vasco Errani, che spiega il parere favorevole soprattutto con l’accordo raggiunto sul trasporto pubblico locale e sulla rinuncia a tagli alla Sanità per il 2012. Il presidente della Conferenza delle Regioni apprezza l’«interlocuzione reale» sviluppata con l’esecutivo, ma non manca di sottolineare che adesso deve esserci «collaborazione» su determinate questioni, a partire dal lavoro, da una crescita «intelligente» e dal credito alle imprese. «Si tratta di questioni – dice il presidente dell’Emilia Romagna – nelle quali il rapporto tra le politiche nazionali e quelle territoriali è fondamentale».
Soddisfatti dell’accordo raggiunto sul trasporto pubblico locale, presidente Errani?
«È sicuramente un accordo importante perché per la parte ferroviaria, a causa del taglio del 75% delle risorse deciso dalla manovra del precedente governo, si sarebbe arrivati
a un inevitabile blocco. Con l’attuale governo c’è stata una discussione difficile, ma ora è stato deciso di stanziare per il trasporto su ferro un miliardo e seicento milioni di euro. Siamo al livello minimo di sostenibilità, siamo sempre in una situazione di difficoltà complessiva, ma è sicuramente un passo avanti. E importante sarà il lavoro del tavolo tra governo, Regioni ed enti locali sull’insieme dei trasporti che abbiamo deciso di costituire. Ora bisogna infatti individuare le politiche necessarie per riqualificare il sistema».
Basta l’intesa sul trasporto pubblico locale per dare un giudizio positivo? Da parte di Anci e Province non mancano le critiche…
«Per i punti della manovra che attengono alle politiche regionali – l’accordo sul trasporto ma anche il fatto che non ci siano tagli alla Sanità per il 2012 – il giudizio è positivo. Rimane il fatto che complessivamente il peso della manovra su Regioni ed enti locali è pesantissimo ed è chiaro che avrà ripercussioni. Ma dobbiamo
tener conto anche del fatto che questa manovra scongiura, su trasporto e Sanità, una situazione di totale ingovernabilità».
Le Province hanno disertato la Conferenza unificata per protestare contro l’ipotesi di abolizione prevista dalla manovra e c’è anche l’intenzione di fare ricorso alla Corte costituzionale.
Qual è la posizione delle Regioni su questo tema?
«È una situazione molto complessa. Per quel che riguarda le Province noi chiediamo, e il governo è d’accordo, di convocare una commissione speciale sulla riorganizzazione complessiva della governance. Questo è un punto su cui dobbiamo aprire una discussione senza fare propaganda, per trovare il modo più coerente e serio di riformare il sistema».
Ma come esponente del Pd che giudizio dà della manovra?
«Intanto è bene ricordare che ci troviamo in questa situazione per responsabilità gravissime di un governo che ha portato il Paese sull’orlo del baratro. Poi si è costruito – e il Pd ha avuto un ruolo di protagonista – un governo di responsabilità nazionale che ha dovuto subito affrontare serissimi problemi, a cominciare dalla perdita di credibilità internazionale e dalla forte insostenibilità delle manovre precedenti. Detto questo, il mio giudizio è che l’attuale manovra presenta sicuramente alcuni punti importanti».
Per esempio?
«L’impegno sulla lotta all’evasione. Bisogna fare di più, certo, ma già questo è un fatto importante. Quel che è stato fatto sui capitali scudati, a regime, è un segnale che mette la parola fine ai continui condoni che hanno devastato la fedeltà fiscale. Ci sono poi norme molto apprezzabili, come la defiscalizzazione per le assunzione di giovani e donne. È chiaro che questa non è la manovra del Pd, su alcuni punti era necessaria maggiore equità. Si
doveva anche realizzare una gradualità sulle pensioni. Ecco, su
questi punti noi avremmo fatto cose diverse.Ma siamo in questa fase politica e l’impegno del Pd sarà massimo per rendere nei prossimi atti più equa l’azione del governo».
Come giudica la discussione che si è aperta sul superamento dell’articolo 18?
«Non mi sembra affatto questa la priorità. Auspico invece che il governo faccia una scelta chiara su quella che è la vera priorità, e cioè la necessità di avviare un dialogo forte, maggiore di quanto non sia oggi, con le forze sociali e imprenditoriali per affrontare i nodi fondamentali di questo Paese. Che sono il lavoro, soprattutto per i giovani e le donne, la produttività, il sostegno alle imprese attraverso il credito. È su questi temi che si gioca la sfida. Per cambiare è necessaria la forza di un patto sociale di qualità. Per questo è inutile e dannoso porre ora la questione dell’articolo 18».
Diceva all’inizio che le Regioni hanno dato giudizio positivo sulla manovra: anche quelle governate da esponenti della Lega?
«Sui due punti del trasporto pubblico locale e la mancanza di tagli
alla Sanità il giudizio delle Regioni è comune. Fermo restando che sul complesso della manovra ci sono diversità di posizione».
Come giudica la protesta fiscale contro l’Imu degli amministratori leghisti?
«La Lega tenta di ricollocarsi come se fosse stata da sempre all’opposizione, ma non regge ed è insostenibile l’idea della protesta fiscale. In primo luogo perché l’Imu sta dentro l’impianto del federalismo fiscale. Ma a parte questo, in un Paese in cui la fedeltà fiscale è così bassa, incitare alla protesta è un errore gravissimo e una scelta irresponsabile. Comunque io non credo che con questo tentativo di recuperare gli spiriti più radicali della Lega sia possibile nascondere il fallimento politico di quel governo di destra, di cui la Lega è stata azionista di riferimento, che non ha dato nulla né al Nord né al Centro né al Sud».
L’Unità 22.12.11