Tre donne hanno nelle proprie mani una delle questioni più calde della politica italiana, la riforma del mercato del lavoro e il futuro dell´articolo 18 dello statuto dei lavoratori: la ministra del welfare, la presidente di Confindustria, la segretaria generale del massimo sindacato italiano.
Per la cultura e pratica politica italiana è certo una rottura radicale, innanzitutto sul piano simbolico. Non siamo abituati a vedere fisicamente donne monopolizzare lo spazio visivo e comunicativo di processi decisionali importanti giocando tutte le parti disponibili. Ciò è sicuramente un bene in sé, perché rompe il monopolio maschile sui ruoli decisionali che contano.
Allo stesso tempo, la diversità non solo di ruoli, ma di interessi e di modi di interpretarli che ciascuna di queste tre donne porta al tavolo della negoziazione è l´esempio più chiaro che l´essere donne, così come l´essere uomini, non produce automaticamente una comunanza di posizioni e interessi. Salvo che per la pretesa di partecipare alla pari degli uomini alle decisioni importanti per la collettività, non vi sono automaticamente posizioni, definizioni di priorità, comuni. Pretenderlo, anche da parte delle altre donne, sarebbe sbagliato. Ciò che si può pretendere è che le accomuni il rispetto reciproco e la voglia non solo di difendere gli interessi di cui ciascuna di loro è legittimamente portatrice, ma di ascoltare e valutare le ragioni dell´altra, riconoscendole non solo integrità personale, ma competenza. Senza ricorrere all´abusata accusa – troppe volte utilizzata come delegittimazione reciproca o entro il femminismo – “di non essere una vera donna”, o di “non rappresentare le donne”. E´ vero che due almeno delle tre protagoniste, hanno per ruoli istituzionali e per storia personale anche un ruolo di rappresentanza degli “interessi delle donne”. La ministra Fornero è anche ministra per le Pari Opportunità. E Susanna Camusso, per ruolo sindacale, ma non solo, si è assunta la responsabilità di advocacy di quelli che lei e molte altre definiscono gli interessi delle donne. Ma è su questo, sul modo di concepire e lavorare per questi interessi che eventualmente devono discutere, anche duramente, tra loro e con la società civile femminile.
Sarebbe un errore presentare il conflitto che va aprendosi sulla riforma del mercato del lavoro e che vede come protagoniste tre donne competenti e responsabili come una sorta di messa alla prova. Non solo perché questa prova è già stata molte volte fallita da uomini, senza che nessuno lo addebitasse al loro essere tali. E neppure solo perché questo conflitto è giocato anche su altri piani che non quello su cui si incontrano e scontrano Camusso, Fornero e Marcegaglia – piani molto abitati da uomini influenti, oltre che da uomini e donne che fronteggiano ogni giorno le difficoltà del mercato del lavoro. Sarebbe un errore perché le questioni in gioco sono troppo grandi e delicate, i nodi da sciogliere molteplici, molti i sospetti maturati nella Cgil in anni di dialoghi mancati. Occorre un lavoro paziente di sminamento dei territori e la dichiarazione di una tregua che consenta di riprendere diversamente il discorso. Il fatto che ad affrontare questa responsabilità siano non genericamente tre donne, ma queste particolari tre donne, può essere una risorsa. Ma i miracoli sono difficili.
La Repubblica 20.12.11