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"Maxi-tagli anche per i militari", di Francesco Grignetti

Maxi-tagli anche per i militari
Altro che sforbiciare, alla Difesa è con la scure che il nuovo ministro sarà costretto a intervenire. Forse non si giungerà ai livelli britannici dove si taglieranno 700 posti di altissimi ufficiali, ma intanto dai 14,3 miliardi di euro che le tre forze armate avevano a disposizione nel 2011 (senza considerare i 5,7 miliardi destinati ai carabinieri) Tremonti aveva stabilito un taglio brusco di quasi 2 miliardi. E quindi il ministro-ammiraglio Giampaolo Di Paola da settimane avverte: «Sarà un ridimensionamento molto significativo e consistente, in uomini e in prospettive. Toccheremo tutte le componenti dello strumento militare». Verranno ridotte le spese per nuovi armamenti, saranno chiuse caserme, sciolti reparti, razionalizzate le spese, rafforzate le strutture interforze.

Negli ultimi anni a pagare le ristrettezze economiche della Difesa erano stati solo i più giovani, così sono sempre meno i ventenni arruolati con la ferma a tempo e i trentenni nel servizio permanente. Il risultato è che il corpaccione della Difesa – dove c’è una pianta organica di 190 mila persone – in proporzione si è appesantito di ufficiali e sottufficiali, per di più in età matura, ed è diventato patologico il numero dei generali: 425 quelli italiani a fronte di 900 americani (che però guidano un esercito da 1 milione e 400 mila soldati).

I ranghi militari sono zeppi anche di sottufficiali, antica eredità di quando le forze armate erano costruite sulla leva e su una massa di 400 mila soldati di truppa. Si calcola che ce ne siano almeno ventimila in più rispetto alle esigenze. Per questi ultimi, ufficiali e sottufficiali in esubero, Di Paola accarezza il progetto della mobilità nell’ambito dello Stato. «La componente uomini va trattata con rispetto», premette il ministro, che però conferma di pensare a «esodi del personale verso altre strutture» oltre naturalmente al «deflusso naturale legato all’età».

Di Paola intende procedere nonostante le prevedibili resistenze. Se non lo facesse, la spesa della Difesa sarebbe assorbita in misura grottesca dagli stipendi. E sembra di risentire le intemerate dell’ex ministro Maria Stella Gelmini, quando afferma: «Quello che ci sarà dopo le riduzioni, dovrà essere efficace per la sicurezza dell’Italia. Se non si troverà questo nuovo equilibrio, le tasse pagate dagli italiani sarebbero inutili. Diventeremmo un ammortizzatore sociale».

Lo sforzo di Di Paola sarà un ridisegno complessivo delle forze armate: «Occorre un bilanciamento delle risorse tra il personale, gli impegni operativi e il necessario rinnovamento». Ciò significa che da un modello a 190 mila soldati si potrebbe attestare a un altro da 150 mila. Ovviamente anche gli investimenti in armamenti andranno attagliati al nuovo livello. E così le spese in infrastrutture. Una sola priorità non potrà essere intaccata: le forze operative, specie quelle in grado di essere proiettate all’estero. «Continueremo con l’operatività negli impegni internazionali che il Paese ha assunto: Afghanistan, Libano, dove a fine gennaio l’Italia su richiesta dell’Onu assumerà il comando di Unifil, ed il Kosovo, dove la situazione è meno brillante di quanto si pensava». Dall’Iraq, invece, gli ultimi 70 italiani vanno via oggi. «Siamo lì con la Nato – dice ancora Di Paola – e l’Alleanza ha deciso la conclusione della missione il 31 dicembre prossimo: vale quindi anche per l’Italia».

La Stampa 20.12.11

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