Sembrano passati anni luce dal Trattato di Lisbona. La spinta propulsiva dell’euro, la caduta del muro , l’allargamento da 15 a 27 Stati sembrano svanire con la crisi finanziaria, schiacciati dallo spread e dalla recessione, in un’ Europa senz’anima, senz’inno e senza bandiera. Non basta più un ‘Europa pacificata e senza guerre, non basta più il mercato comune e non basta più nemmeno la moneta unica, l’euro.
Il Parlamento europeo e le sue istituzioni sono ancora troppo deboli di fronte agli Stati, soprattutto di fronte a quelli più forti economicamente.
Le resistenze a cedere quote sempre più crescenti di sovranità sono ancora forti, come insegna il caso inglese sul sistema fiscale.
27 Stati, 27 lingue, 27 sistemi politici, 27 economie , 27 sistemi scolastici…son troppi, è un lusso che l’Europa non può più permettersi.
Da dove ricominciare allora? Dopo il mercato comune e la moneta unica, dopo l’Europa bisogna fare gli europei.
Per fare gli europei e ridare nuovo slancio all’Europa occorre ripartire dalla scuola, investire nell’istruzione, nella ricerca e sulla conoscenza comunitarie.
E’ necessario superare la frammentazione attuale, la babele dei 27 sistemi scolastici vigenti.
Occorre portare in tutti gli Stati dell’Unione l’obbligo all’istruzione e alla formazione a 18 anni.
Oggi l’obbligo arriva a 15 anni in Italia, Grecia, Austria,Cipro,Portogallo ,Slovenia,Slovacchia, Rep.Ceca, non a caso l’area più debole economicamente e più esposta alla crisi attuale.
A 16 anni ci sono Estonia,Francia,Irlanda,Danimarca,Olanda,Regno Unito,Spagna e Svezia.
A 17 anni Finlandia e Lituania. A 18 anni Ungheria, Polonia, Belgio e Germania.
La frammentazione nella durata dei percorsi di studio è molto accentuata nel primo ciclo della primaria e scuola media.
La secondaria superiore si articola sostanzialmente su tre indirizzi: liceo, tecnico e professionale.
Ci si diploma quasi ovunque a 18 anni ma anche a 19 anni nel sistema dei licei ( Danimarca, Finlandia, Germania,Irlanda, Estonia..).
Nell’era della globalizzazione occorre formare il cittadino cosmopolita e non più delle piccole patrie o magari delle macroregioni come qualcuno vorrebbe fare nel nostro Paese.
Un cittadino europeo che si muova liberamente, all’interno d’uno spazio europeo dell’istruzione, parlando tutti la stessa lingua comunitaria dell’unione, studiando tutti la stessa cultura europea, in quella che dovrebbe essere una vera e propria scuola unitaria europea.
Solo così, gettando le basi d’una vera integrazione formativa e culturale, si creerebbero le condizioni per dare identità, prospettive e fiducia nel futuro ai giovani europei di domani.
Un sistema unitario d’istruzione e formazione europeo per costruire la nuova Europa oltre il mercato e al di là dell’euro.
La Commissione a Bruxelles cominci a lavorare sull’obbligo scolastico, riducendo l’attuale frammentazione e costringendo gli Stati ad avere una normativa comune sull’istruzione e formazione dei giovani prima del loro ingresso sul mercato del lavoro.
Sarebbe già un buon inizio, una buona idea in tempo di crisi, per tornare a credere e a sperare nell’Europa del domani.
da ScuolaOggi 20.12.11