Il Forum nazionale del Terzo Settore segue “con attenzione e preoccupazione” gli avvenimenti della politica nazionale riguardanti il welfare, in particolare la delega assistenziale. Un’attenzione che ha spinto il Forum a chiedere a un gruppo di esperti, coordinati dal professor Cristiano Gori (docente di politica sociale all’Università Cattolica, consulente scientifico dell’Irs e visiting senior fellow presso la London School of Economics a Londra), di condurre un esame del possibile impatto della delega assistenziale su popolazione, spesa pubblica e welfare, utilizzando i dati empirici disponibili e guardando all’esperienza internazionale. Il gruppo di lavoro, oltre a Cristiano Gori, comprendeva anche Maria Flavia Ambrosanio, Paolo Balduzzi, Carlos Chiatti, Carlo Giacobini, Mirko Di Rosa, Stefania Gabriele, Annalisa Gualdani, Ilaria Madama, Francesca Paini, Laura Pelliccia, Paolo Pezzana, Franco Pesaresi e Giulio Sensi.
Nel documento da titolo “Il Welfare di domani? La delega assistenziale e il futuro delle politiche sociali in Italia” il Forum sottolinea che la Riforma fiscale e assistenziale progettata con il Ddl 4566 è una minaccia che non aiuta l’avvio di una seria riforma assistenziale. Tale decreto, infatti, ha il solo obiettivo di “fare cassa”, “apportando ulteriori tagli a un settore dal quale già le precedenti manovre hanno tolto risorse con tagli alle regioni e ai comuni per i servizi”.
Secondo lo studio, la manovra del nuovo Governo Monti agisce sulla clausola di salvaguardia abrogando i tagli lineari delle agevolazioni fiscali e sostituendoli con l’aumento delle aliquote Iva di 2 punti dall’ottobre 2012 e di un ulteriore mezzo punto nel 2014. L’introito stimato è di 3,2 miliardi nel 2012, 13,1 miliardi nel 2013, 16,4 miliardi dal 2014.
E ciò significa anche continuare a colpire, secondo lo studio promosso dal Forum, un settore (quello sociale) fino a poco tempo fa ritenuto sotto-finanziato. Facile ricordare, infatti, i numerosi tagli apportati al Fondo nazionale per le Politiche sociali (passato dai 697,6 milioni di euro del 2008 ai 218 milioni del 2011) e agli altri Fondi. Inoltre, lo studio, fin dalle sue anticipazioni, dimostrava come l’Italia, paragonata al sistema europeo, spendeva nettamente meno nei settori della non autosufficienza (anziani e disabili), della famiglia, della maternità e della povertà.
Per il Forum, dunque, l’attuale proposta di riforma è inefficace e ingiusta, perché da un lato non produce risparmi significativi (che non supererebbero i 1591 milioni di euro nel 2013 e i 2325 milioni di euro nel 2014) e dall’altro andrebbe a colpire le fasce dei cittadini piì fragili e già pesantemente colpite dai già citati tagli.
Tra l’altro, secondo lo studio, le percentuali di Pil spese in Italia con le manovre approvate e con la delega in discussione, vanno a penalizzare ancora di più alcuni gruppi di utenti. In particolare, per i bambini sotto i 3 anni (servizi socio-educativi per la prima infanzia, vale a dire i nidi) si spende lo 0,09% del Pil; per gli anziani non autosufficienti (servizi domiciliari, semi-residenziali e residenziali) si spende lo 0,64% del Pil. Infine, per le famiglie in povertà (servizi e contributi economici) la spesa è pari allo 0,1% del Pil.
“Il nostro Paese sta cominciando una vera e propria crisi dei servizi e la delega non fornisce alcuno strumento per affrontarla e, più in generale, dedica un’attenzione solo marginale alla rete dei servizi di welfare sociale”. Nell’insieme, secondo il documento del Forum, mentre l’ultimo decennio ha visto l’offerta di servizi aumentare e iniziare a colmare le proprie lacune, la fase più recente ha segnato l’inizio di un momento di difficoltà destinato ad aggravarsi rapidamente. “Tale difficoltà – si evidenzia – è accentuata dal fatto che i bisogni aumentano costantemente (invecchiamento, impoverimento) e che, seppure incrementata, l’offerta di servizi risulta comunque inadeguata in gran parte del Paese”.
Le due facce della crisi dei servizi. Una tabella riportata nel documento mostra chiaramente quanto detto. Per ciò che concerne i servizi sociali (la cui titolarità è dei comuni), tra il 2000 e il 2009 si è registrata una crescita lenta ma costante della spesa. Negli anni 2010-2011 si è assistito a una stabilizzazione della spesa. E per il biennio 2012-2013 si va verso una riduzione della spesa. In particolare, nel 2012 la riduzione prevista è tra il 12,7% e il 13,5% in meno.
Di contro i servizi socio-sanitari (la cui titolarità è in capo a regioni e Asl) grazie alle legislature regionali tra il 2000 e il 2005 e tra il 2005 e il 2010 hanno visto un robusto incremento della spesa, un rafforzamento dei servizi e una nuova progettualità (Fondi regionali per la non autosufficienza). Per il 2010-2015 c’era un’aspettativa iniziale di consolidamento delle riforme. Invece si assiste a una difficoltà a procedere con i percorsi previsti o a mantenere quanto già realizzato.
Delega ed evoluzione del welfare. Un altro aspetto da valutare, secondo il documento del Forum, riguarda il modo in cui la delega si colloca rispetto all’evoluzione storica del welfare sociale in Italia.
“Il disegno di legge – si afferma – è stato sinora discusso solo con riferimento ai suoi contenuti, Nel nostro Paese, durante la ‘seconda Repubblica’ del sociale (1996-2011) – ad eccezione della legge quadro 328/2000, la cui attuazione è stata tuttavia parziale – a livello nazionale sono mancate riforme incisive atte a ridisegnare l’intervento pubblico in materia”. Il rapporto mostra invece che l’esperienza della maggior parte dei Paesi dell’Europa a 15 più simili all’Italia (per cultura e tradizione d’intervento pubblico) è stata diversa. Gli unici due Paesi in cui non è stata portata a compimento alcuna riforma in fatto di welfare sociale sono Italia e Grecia. “Da noi mancano dunque le riforme strutturali necessarie”.
Dunque, secondo lo studio, “la delega assistenziale non produce una discontinuità con la ‘seconda repubblica’ del sociale ma, al contrario, ne dilata gli aspetti critici attraverso la delegittimazione culturale del settore ed effettuando ulteriori tagli. In altri termini, invece di chiudere – come sarebbe necessario – la ‘seconda repubblica’ del sociale, il disegno di legge ne rappresenta la versione estrema in negativo”.
Il Forum Nazionale del Terzo Settore, quale parte sociale riconosciuta, chiede il “diritto di entrare nel pieno merito di questa questione e che venga aperto un tavolo di confronto con le parti sociali e le Istituzioni per contribuire a trovare soluzioni alternative che siano sostenibili sia sotto il profilo economico che sociale. Soluzioni che garantiscano la tenuta del Paese e la sua coesione”.
Per il Forum, “è’ necessaria una visione di prospettiva che veda il protagonismo della società civile, fondato sul principio di sussidiarietà in un’ottica di più Società diverso Stato, che allarghi risorse ed opportunità per le persone e le famiglie, a partire da quelle in condizione di maggiore fragilità”.
Continua il Forum: “Questo Rapporto rappresenta un contributo concreto e responsabile per ragionare sulla riforma del welfare partendo da dati reali. E’ necessario quindi un riequilibrio della spesa tra gli ambiti dell’assistenza, della sanità e della previdenza e che al più presto vengano reintegrati i fondi che finora sono stati tagliati”.
Sulla base delle analisi compiute, il Forum Nazionale del Terzo Settore chiede che venga cancellata la delega di riforma del settore socio-assistenziale (art. 10 della complessiva delega fiscale-assistenziale) e che si dia l’avvio ad una riformare del welfare sociale. “Proprio perché realizzata in un momento storico così delicato per il Paese, tale riforma dovrebbe essere realizzata con la più ampia partecipazione delle Istituzioni e di tutti gli attori sociali coinvolti”.
Quattro potrebbero essere, per il documento del Forum, le prime direttrici di una riforma che “guardi con particolare attenzione alla valorizzazione della famiglia, all’integrazione delle politiche e all’avvio del processo di definizione dei livelli essenziali”. Eccole: revisione Isee per garantire maggiore equità; riforma indennità di accompagnamento per costruzione di un sistema di ‘long term care’; piano di contrasto alla povertà per un welfare più inclusivo ed attivante; sviluppo di interventi e servizi socio educativi per sostenere le famiglie con figli minori.
“L’augurio – conclude il Forum – è che il nuovo Governo sia sensibile agli argomenti esposti e disponibile a vagliare le proposte avanzate. Il Forum Nazionale del Terzo Settore si impegna sin da ora a fare la sua parte per il rigore, la crescita, l’equità del nostro Paese”.
Nell’illustrare il suo lavoro Cristiano Gori sottolinea che “La legge delega del luglio 2011 aveva come obiettivo produrre un risparmio di 4 miliardi nel 2012. Se non ci fosse stato questo risparmio era previsto un taglio lineare sulle agevolazioni. Nella manovra salva- Italia il governo Monti ha mantenuto sostanzialmente questa impostazione, cambiandone i contenuti. Ma ora il nuovo esecutivo deve prendere una posizione e decidere cosa fare della delega. La nostra speranza è che venga cancellata. Questo, però, apre un secondo tema: cosa fare sui temi della delega?”
Tra i temi su cui deve confrontarsi il nuovo governo, secondo Gori al primo posto c’è la lotta alla povertà assoluta. “Il precedente governo ha introdotto la social card. Nel febbraio 2011 ha lanciato una seconda social card sperimentale e a luglio la legge delega ha introdotto una terza social card: è una situazione che non brilla per chiarezza. Bisogna capire quindi se questa sperimentazione verrà portata avanti o no e se si vuole costruire una strategia reale contro la povertà assoluta”. Un altro tema controverso è quello dei diritti delle persone non autosufficienti: anziani e persone con disabilità. “La principale misura adottata fino a oggi è stata l’indennità accompagnamento. La delega, però, prevede l’ introduzione di uno sbarramento attraverso l’Isee e quindi il reddito – aggiunge Gori – Nel rapporto dimostriamo che non si risparmia molto tagliando l’indennità di accompagnamento. Ma il punto vero è guardare cosa succede in Europa: l’indennità è erogata in base ai bisogni e non a quanti soldi hai. Se noi lo facciamo saremo l’unico paese europeo che introduce la soglia Isee per l’accesso”.
Infine Gori ha posto l’accento sulla crisi dei servizi. “ La delega assistenziale non affronta il problema dei servizi, ma va evidenziato che nel prossimo triennio il dibattito non sarà sui tagli ma sull’impatto di questi sulla realtà – afferma – . Si affronta il Welfare sociale come fonte di risparmi, ma secondo il nostro calcolo si risparmierebbe pochissimo circa un miliardo e mezzo. Va invece fatta un’attenta riflessione sul fatto che nell’Europa a 15 chi non ha compiuto riforme strutturali su questi temi sono solo l’Italia e la Grecia”.
Nel suo intervento Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore ribadisce che “La delega assistenziale va ritirata perché è un provvedimento iniquo, e i sui obiettivi non sono perseguibili né sostenibili”. “Una riforma è necessaria – aggiunge Olivero –. Ma non si fanno riforme se non si ha cognizione di causa. E sono anni che assistiamo a un approccio genericista rispetto alle grandi questioni del paese. Dobbiamo invece confrontarci sui dati, per questo servono gli esperti”.
Olivero ha sottolineato inoltre che sono necessarie riforme che garantiscano la tenuta dei conti pubblici. “Non possiamo sottrarci alla nostra responsabilità come mondo del Terzo settore, siamo stati rigorosi ad analizzare ogni capitolo di spesa in ogni ambito che ci sta a cuore – afferma -. La tenuta conti pubblici va nell’interesse dei più deboli, ma è anche vero che la tenuta della coesione sociale ha uguale rilevanza. Chi immagina che il solo risanamento dei conti è la cura per il paese non centrerebbe l’obiettivo di avviare la ripresa”.
Il portavoce del Forum ha poi aggiunto che “è importante avviare una stagione di riforme che deve improntarsi su una nuova concertazione sociale su nuove regole. La trattativa non deve essere fatta su interessi contrapposti perché così causa immobilismo sociale. Ma deve nascere da una presa di coscienza di tutti”. Infine Olivero ha ribadito che il tema dell’assistenza va affrontiamo seriamente perché troppi cittadini italiani non hanno sostegno e tutele. “Troppe volte i tagli in questo settore si ripercuotono sulla povera gente – conclude – senza che la politica faccia i conti su queste questioni”.
“È impensabile ritenere che ci sia spazio per una riduzione del finanziamento complessivo alle politiche sociali. È necessaria un’azione oculata. Per la parte sociale la delega presenta un elemento di indeterminatezza che va chiarito e superato. Per ora quello che posso dire è che ci sono problemi che condivido”. È quanto dichiara Maria Cecilia Guerra, sottosegretario alle Politiche sociali, nella sua prima uscita pubblica proprio in questa occasione. “In questo contesto il finanziamento non va messo in discussione anzi bisogna pensare a come ottenere nuove risorse, ma è comunque necessaria una razionalizzazione che consenta di finalizzare meglio le risorse a disposizione – afferma il sottosegretario – . Anche la riforma di un istituto come l’Isee è imprescindibile. Si tratta di un intervento importante, ma va chiarito che si tratta di una misura e non di uno strumento di politica sociale”.
Guerra voluto poi specificare che “l’articolo 5 del decreto non è opera mia. Ma ho ottenuto che il decreto parta su iniziativa del ministero. Sappiamo tutti che opereremo entro vincoli molto forti – aggiunge -. La mission numero uno del governo è spingere sul risanamento conti pubblici”. IL sottosegretario a poi sottolineato di voler operare un cambiamento semantico, culturale e lessicale: “Non condivido termini come falsi invalidi, che danno l’idea di un settore in cui ci sono solo abusi e sprechi. Solo vocaboli di disprezzo verso situazioni di sofferenza e bisogno e spostano l’attenzione verso una visione assistenziale. Preferisco parlare di politiche sociali e di persone come cittadini”.
Per quanto riguarda i livelli essenziali ha affermato che si tratta di “prestazioni bloccate dall’idea del tutto o niente, ma il mio punto di vista è che sia necessario andare per processi anche lunghi ma che abbiano un fine – continua Guerra -. In questo processo è importante il coinvolgimento degli attori del Terzo settore e riprendere il discorso con regioni e comuni perché bisogna ripensare al Welfare dei servizi”. A margine del convegno il sottosegretario ha affrontato anche il tema del 5 per mille. “Credo che il terzo settore abbia bisogno di un finanziamento stabile – ha detto -. Non sono contraria ma è evidente che presenta degli elementi di criticità che vanno affrontati”.
www.partitodemocratico.it