attualità, economia, politica italiana

"La democrazia economica", di Massimo Giannini

Non è un paese da economia liberale. L´Italia non lo è mai stata, e oggi lo è meno che mai. La furiosa vandea delle macro e micro-corporazioni, che si ribellano alle pur timide liberalizzazioni del governo Monti, è la prova di un drammatico limite culturale: la difesa di una rendita frutta molto di più dell´apertura di un mercato. L´operosa copertura delle categorie “in lotta”, assicurata in Parlamento da una destra provinciale e illiberale, è la confema di un tragico limite politico: garantire una lobby rende molto di più che scardinare un monopolio. Ma questo, oggi, è lo spettacolo desolante al quale stiamo assistendo, i danni del cittadino-consumatore già tartassato dalla crisi e dalla manovra. Il Paese è ufficialmente in recessione: di qui alla prossima primavera il Pil crollerà di altri due punti percentuali, nel 2013 avremo bruciato oltre 800 mila posti di lavoro. Ovunque, nelle democrazie occidentali, le liberalizzazioni sono state e sono uno dei principali fattori di sblocco dell´economia e di rilancio della crescita. Offrono un duplice vantaggio: aumentano la concorrenza (e dunque riducono prezzi e tariffe di beni e servizi) e sono a costo zero (e dunque non gravano sui bilanci pubblici).
Solo l´Italia, che non cresce e non crescerà chissà ancora per quanti anni, rifiuta di vedere questi vantaggi. Solo in Italia le liberalizzazioni sono vissute come una minaccia, e dunque vengono intralciate e sabotate da tutti: governi e Parlamenti, regolatori amministrativi e operatori economici. L´unico che ci ha provato sul serio è stato Prodi nel ´96 e nel 2006 con le “lenzuolate” di Bersani: un felice paradosso di quel centrosinistra, sostenuto anche dai “comunisti”. Berlusconi, venuto subito dopo, le ha ridotte in stracci: una vergogna per quella destra di liberisti alle vongole. Oggi la marcia indietro di Monti sulle farmacie e sui taxi è un pessimo segnale. Autorizza le poche nicchie conservative ancora coinvolte dalle riforme a ribellarsi a loro volta. Dopo i farmacisti e i tassisti, ora tocca agli edicolanti che proclamano lo sciopero dal 27 al 29 dicembre. Poi verranno tutti gli altri, dai commercianti ai benzinai. Una deriva protestataria “privata” che rischia di non finire più. E che si accompagna a quella “pubblica” del Palazzo, determinato a difendere i suoi privilegi.
Il Parlamento è il primo responsabile di questa trincea consociativa. Fa sponda e amplifica le rivolte, che dalla piazza tracimano nell´emiciclo. Ma il governo dei Professori, purtroppo, ci mette del suo. Subendo passivamente le pressioni esterne, o addirittura promuovendo direttamente le concessioni interne. Stupisce e inquieta, per esempio, che oltre ad arrendersi ai farmacisti e ai tassisti, Palazzo Chigi abbia ceduto anche di fronte alla formidabile lobby autostradale. Il decreto Salva-Italia ha istituito l´Autority per i Trasporti. Nel testo originario il ministro Passera aveva escluso le concessionarie autostradali dal controllo della nuova Vigilanza di settore. In Commissione c´era stato un ripensamento, grazie a un emendamento del Pd. Ma nella notte dell´assalto alla diligenza il governo ci ha ripensato, e su pressione dell´Aiscat, presieduta da Fabrizio Palenzona (altro preclaro esempio di conflitti di interesse irrisolti) ha nuovamente escluso le Autostrade dalla competenza regolatoria e tariffaria della nuova Autority.
Ma limitarsi a governo e Parlamento sarebbe un alibi. La concorrenza non c´è anche perché le stesse autorità amministrative, che dovrebbero essere “indipendenti”, finiscono per “dipendere” eccome. Una prova tangibile l´abbiamo avuta due giorni fa. Il primo atto ufficiale di Giovanni Pitruzzella da presidente dell´Antitrust, dove ha sostituito Antonio Catricalà promosso alla presidenza del Consiglio, è stato un sorprendente via libera alla Elettronica Industriale (gruppo Mediaset) per l´acquisizione della Dmt, società proprietaria di una buona parte degli impianti di trasmissione televisiva. Una scelta inopinata, che conferma il parere favorevole dell´Agcom, ma nega l´istruttoria predisposta proprio da Catricalà, prima di lasciare l´Antitrust. Quella fusione, secondo il documento istruttorio, crea “una posizione dominante nel mercato delle infrastrutture per il ‘broadcasting´ televisivo”. E naturalmente quella “posizione dominante” si riferisce a Mediaset. Di fatto, nasce un gigantesco monopolista dei trasmettitori e delle torri tv. E qualunque operatore televisivo voglia accedervi, per ampliare la propria capacità trasmissiva, deve passare per Fedele Confalonieri, cioè per Silvio Berlusconi. Alla nascita di questo ennesimo “trust” mediatico, e al trionfo di questa ennesima espressione del conflitto di interessi del Cavaliere, Pitruzzella ha dato il suo fattivo contributo. Oltre tutto, rinnegando il lavoro preparatorio fatto dai suoi stessi uffici.
Così muore l´economia liberale. Così soffoca la democrazia economica. E´ una questione italiana, che riguarda tutti. C´è un pezzo di Sistema-Paese che sembra impermeabile di fronte al cambiamento. Ma proprio per questo l´aspettativa per quanto saprà fare questo “governo tecnico” è almeno pari alla delusione per quanto non ha fatto finora. Il sottosegretario Antonio Catricalà, nell´intervista che pubblichiamo oggi, ammette la sconfitta ma annuncia l´imminente rivincita sulle corporazioni. Prendiamo per buona la promessa. Ma il cedimento di questi giorni, di fronte alle proteste di una minoranza che conserva, e che nuoce alla maggioranza che consuma, non è un buon viatico. Da commissario europeo Monti ha piegato Bill Gates, padre padrone del colosso Microsoft. Sarebbe il colmo se da premier si piegasse a Loreno Bittarelli, “caporione” dei tassisti romani.

La Repubblica 16.12.11

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“Liberalizzazioni, piegheremo le lobby”, di Claudio Tito

Catricalà: andiamo avanti. Confindustria: è recessione. Berlusconi: Monti disperato. E cita Mussolini «Arrabbiato? Certo che sono amareggiato. La forza delle lobby in Parlamento è ancora potente. Io vengo dall´Antitrust, Monti è stato commissario europeo per la concorrenza. Vuole che non siamo delusi? Lo siamo, ma non ci arrenderemo». Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Antonio Catricalà, non ci è rimasto affatto bene dopo la pesante retromarcia imposta dal Parlamento sul terreno delle liberalizzazioni.Soprattutto il passo indietro sui farmaci di fascia C rappresenta un colpo all´esecutivo. Ad una squadra che considera la concorrenza e le aperture dei mercati un «segno distintivo» della sua attività.
Per questo «non ci fermiamo». Promette battaglia e avverte: «Batteremo le lobby e da gennaio andremo avanti. Non intendiamo più fare brutte figure. Ripresenteremo tutto».
Nello studio che per tanti anni è stato di Gianni Letta, il nuovo sottosegretario non ha cambiato nulla nell´arredamento. Ad accezione di alcune foto di famiglia. «Sa, su queste cose è inutile spendere. Vogliamo risparmiare e comunque, noi tecnici siamo di passaggio. Nel 2013 torneremo ai nostri lavori. Io non ho portato nemmeno i miei libri». Sulla scrivania, però, ne campeggia uno. È messo lì in bella vista. Settanta pagine scritte l´anno scorso proprio da Catricalà e che fino a un mese fa erano un tabù a Palazzo Chigi. Un atto di accusa contro caste e corporazioni dal titolo che adesso sembra un presagio: «Zavorre d´Italia». La prima pagina del libro si apre con una frase di Friedrich Von Hayek, premio Nobel per l´economia nel 1974, che sembra fatta su misura per descrivere quello che è successo mercoledì alla Camera: «La competizione è il terrore di tutti i conservatori di destra, di centro e di sinistra. Uno dei tratti fondamentali dell´atteggiamento conservatore è il timore del cambiamento». «Del resto – si sfoga il sottosegretario – le lobby sono forti e in questo caso sono state anche aiutate dalla disattenzione di alcuni parlamentari. Una vicenda che ci ha fatto riflettere».
In effetti lei era presidente dell´Antitrust, Monti commissario europeo alla concorrenza, e siete stati battuti proprio nel vostro campo.
«Ed è una cosa che ci fa star male. Però alcune liberalizzazioni le abbiamo fatte. I servizi pubblici locali, ad esempio. L´Antitrust potrà impugnare i cosiddetti servizi “in house” (gestiti direttamente dagli enti locali). Ma abbiamo proceduto pure per i porti, gli aeroporti e le autostrade. Per le banche e le assicurazioni cadrà quel flusso informativo che non permetteva la concorrenza. Per gli ordini professionali abbiamo facilitato l´accesso bloccando l´abilitazione a 18 mesi e sei si possono compiere nell´ultimo periodo di laurea. Insomma ci sono stati passi avanti importanti».
Però anche dei passi indietro su questioni che venivano considerate da molti una bandiera.
«Sono stati oscurati dall´insuccesso sui farmaci di fascia C. È vero, si tratta di un vulnus alla coerenza del nostro intervento. Non c´è dubbio. Sono le famiglie ad essere danneggiate, il prezzo dei medicinali così non potrà calare. Ma questo vulnus, che ci fa star male, non sarà permanente. Noi abbiamo il dovere di fare una legge annuale sulla concorrenza e tutto ciò che non è stato possibile approvare ora, lo porremo presto all´attenzione dei partiti e dell´opinione pubblica».
Scusi, ma il presidente Monti che a Bruxelles ha sconfitto addirittura Bill Gates, qui si è fatto fermare dal RadioTaxi.
«Sui taxi, però, fin dall´inizio avevamo ritenuto che dovessero essere regolamentati da una Authority ad hoc. Non ci poteva essere una liberalizzazione immediata e in Parlamento ci si è limitati a chiarire questo aspetto».
Eppure il vostro è un esecutivo di tecnici. Avete il vantaggio di non dovervi candidare alle elezioni. Non potevate fare di più?
«Siamo tecnici ma vogliamo rispettare il Parlamento. Sappiamo che non avendo il vincolo elettorale, possiamo fare più di altri. Non rispondiamo alle lobby e siamo svincolati dai partiti, ma non dalle Camere. Le brutte figure, però, non vogliamo farle più».
Ma lei si aspettava tanta resistenza?
«Sì, so che è difficile ammorbidire le lobby. Per le farmacie si sono dimostrare molto forti. Ho dovuto cedere qualche centimetro al perimetro chilometrico delle loro esclusive. Ma so che nessun privilegio cade al primo colpo. Certe cose, poi, sono radicate nella convinzione politica di molti parlamentari».
Scusi, la soluzione l´altro ieri poteva essere semplice: il governo avrebbe potuto esprimere parere contrario a quell´emendamento?
«Lo stavamo per fare ma nella concitazione del momento non ci siamo riusciti. Anche nella maggioranza, molti si sono accorti dell´emendamento all´ultimo momento. Comunque, probabilmente anche con il nostro parere contrario, sarebbe passato ugualmente».
Quella modifica è stata opera del Pdl.
«So solo che Monti e io ci siamo resi conto di quell´emendamento in una fase avanzata e mentre si discuteva sulla remunerazione dei manager pubblici. Una norma, quello dello stipendio aumentato del 25% che – vorrei precisare per evitare spiacevoli equivoci – si applica solo ai manager e ai dirigenti, non ai ministri e ai sottosegretari. I quali continuano a percepire lo stipendio fissato dalla legge e che fa riferimento all´indennità dei parlamentari. Insomma, nessuno di noi si è alzato lo stipendio. Sui farmaci, comunque, anche il presidente del consiglio che solitamente non mostra i suoi sentimenti, mi è sembrato piuttosto seccato».
Non teme che i centri di pressione vi possano bloccare ancora?
«La forza delle lobby dipende dalla vicinanza ai portatori di privilegi e non dalla tutela fornita dall´intero Parlamento. Alla fine prevarrà la logica di togliere le rendite di posizione per favorire tutti i cittadini. Il difficile è convincere che un sacrificio di pochi può diventare un beneficio di tutti».
Anche sulla Autostrade avete subito uno stop?
«Nascerà – entro fine anno – un´Agenzia che vigilerà e regolamenterà il settore. Abbiamo ritenuto di non dover turbare la nascita di questo nuovo organismo. Viviamo una fase di work in progress. Dobbiamo pur sempre tenere presente che siamo qui da un mese».
La cancellazione del divieto per le banche di vendere le coperture assicurative abbinate ai prestiti e ai mutui, non è stata però letta come una fase dei “lavori in corso”.
«Ma non era una proposta del governo. Ci torneremo quando affronteremo la legge sulla concorrenza. Ma in quel settore ci sono altri aspetti che semmai destano qualche preoccupazione. Quell´1,5% fissato come tetto massimo di commissione per le carte di credito rischia di trasformarsi nella soglia cui tutti si adegueranno. È una questione che va risolta».
E il governo quando riproporrà concretamente le questioni non risolte?
«A gennaio, nella legge per la concorrenza faremo tutto quello che ci sarà consentito. Interverremo sulle farmacie e sul commercio. I taxi verranno liberalizzati dall´Authority per i Trasporti che, sempre gennaio, attende solo il varo di un regolamento per ufficializzare la nascita. Il punto è che troppi lacci e troppe leggi bloccano il mercato».
Ad esempio?
«I vincoli regionali e comunali. Ma lo sa che se lei volesse aprire una palestra a Roma dovrebbe fare riferimento a sei leggi regionali. Ci metterebbe un anno per fare tutto».
Interverrete anche sugli ordini professionali?
«Se ne sta occupando il ministro Severino. Farà un tavolo per tutti. Il problema lì resta la tariffa minima. Esistono ancora dei riferimenti legali e vanno tolti».

La Repubblica 16.12.11