Forse a quell’età è inevitabile essere scontenti se non proprio arrabbiati. Ma non basta la variabile generazionale a spiegare il pentitismo di massa della scuola italiana.
Dopo la Maturità uno studente su due (il 46%) non rifarebbe la stessa scelta. E pur avendo tutta la vita davanti si guarda già alle spalle con rimpianto: se potesse tornare indietro, cambierebbe indirizzo o almeno scuola. A dircelo è un studio di Almadiploma, il consorzio di scuole superiori che sul modello del fratello maggiore Almalaurea ha raccolto i giudizi, le sensazioni e le paure di 30 mila diplomati dopo l’esame di Stato del 2011.
A sorpresa il pentitismo è più diffuso proprio in quelle scuole da sempre considerate di serie A: non rifarebbe la stessa scelta il 48% dei ragazzi usciti dal liceo, mentre l’insoddisfazione scende negli istituti professionali (45%) e in quelli tecnici (43%). Abbassando ancora la lente di ingrandimento i ricercatori di Almadiploma hanno scoperto che i più contenti sono i geometri mentre i più delusi quelli del liceo socio pedagogico, le vecchie magistrali.
Ma perché un ragazzo su due cambierebbe strada?
In cima alla lista, quattro volte su dieci, c’è il desiderio di studiare materie diverse da quelle (evidentemente) sopportate per cinque anni. Ma ci sono anche indicazioni più precise: il 25% dei ragazzi vorrebbe un percorso che prepari meglio al lavoro, il 15% che costruisca basi migliori per all’università. Cos’è che non funziona? «Più che l’orientamento — dice il sottosegretario all’Istruzione Elena Ugolini — il problema riguarda il tipo di proposte e di esperienze fatte degli studenti sui banchi».
Insomma, se la scuola non stimola e non coinvolge, che scuola è? E il problema è che la metà dei diplomati 2011 boccia le superiori per una serie di «materie» non proprio secondarie, come le condizioni delle aule e quelle dei laboratori ma anche la pianificazione dell’orario e la distribuzione del carico di lavoro.
I professori, invece, vengono promossi a furor di popolo: sono competenti secondo l’83% degli studenti ma chissà se quel giudizio è sincero fino in fondo oppure frutto della paura di chi può bocciare per davvero e non solo in un sondaggio.
Lo studio di Almadiploma dice molto altro ancora, ed è una vera miniera per chi deve disegnare la scuola del domani e collegarla all’università e al lavoro.
«Se il sistema venisse esteso a tutte le scuole superiori italiane — dice il direttore di Almalaurea, Andrea Cammelli — potremmo ridurre gli sprechi e le mortificazioni dei giovani che non trovano lavoro e di quelli, il 18%, che abbandonano l’università al primo anno. A spanne costerebbe due tre milioni di euro».
Il Corriere della Sera 15.12.11