“Caro Monti, siamo stanche di pagare il prezzo più alto”. L´ambasciatore Usa: solidali con voi. Contro il governo Berlusconi furono un milione: madri, figlie, ragazze, lavoratrici, professioniste italiane che il 13 febbraio scorso a Roma, e in oltre cento piazze italiane e straniere, chiedevano dignità e rispetto a una classe politica che ogni giorno le offendeva e offendeva il paese. Non è finita: oggi davanti alle politiche restrittive del welfare imposte dalla crisi, a tagli draconiani che pesano sopprattuto sulle loro spalle, le donne italiane scendono nuovamente in piazza per reclamare un ruolo da protagoniste nell´agenda politica, nella certezza che non c´è crescita senza le donne. “Noi sappiamo come si fa – dicono – Se non le donne chi?”.
Con questo slogan domani le donne chiamano a una nuova mobilitazione dopo quella del 13 febbraio, data simbolica per l´orgoglio femminile in Italia. A Roma in piazza del Popolo, dalle 14, con una manifestazione-concerto e in altre venti piazze italiane, da Torino dove il concentramento è previsto in piazza Castello, a Sassari, da Venezia a Perugia: ci saranno le stesse donne, a partire da quelle del comitato “Se non ora quando” (Snoq), la rete nazionale di associazioni e gruppi femminili che organizzò il pomeriggio di dieci mesi fa. Stavolta non tutte le associazioni territoriali di Snoq hanno voluto aderire all´iniziativa con una manifestazione, ma ciascuna città ha scelto una sua modalità di intervento. L´obiettivo della manifestazione: recapitare al governo Monti il punto di vista delle donne sul Paese, sull´economia e sulla crescita, per ribadire che non si esce dalla crisi se non si riportano le donne al centro del dibattito politico italiano. «Mai più contro di noi, mai più senza di noi», come recita lo slogan della manifestazione.
«Vogliamo segnare questa stagione politica con la nostra forza, contare sulla scena pubblica – dicono le donne di Snoq – Vogliamo far capire che l´uscita dalla crisi passa attraverso il lavoro e il welfare per le donne, e che ci vuole democrazia paritaria e un ruolo più centrale delle donne nella vita politica e sociale». Si dicono pronte a non votare più i partiti che non daranno risposte concrete su questi temi. Ci sarà un ricordo commosso delle operaie di Barletta morte nell´incendio della loro fabbrica, e poi proposte e riflessioni: per i temi del welfare e dell´economia Chiara Saraceno e Francesca Bettio, per la rappresentazione della donna nei mass media la pubblicitaria Anna Maria Testa, e Alessandra Mancuso a nome della neonata associazione Giulia che raccoglie oltre 400 giornaliste italiane, e ancora donne che nella vita di tutti i giorni sopportano il peso della crisi e della discriminazione, e eccellenze femminili che porteranno la loro esperienza. E poi molta musica e molte artiste: Lunetta Savino, l´orchestra sinfonica di Europa Musica, Paola Turci, Marina Rei, Emma Marrone e Erica Mou.
Sono già arrivati messaggi di sostegno dalla rete delle donne Nobel, da Shirin Neshat a Jody Williams e, curiosità, dal rappresentante in Italia di Obama, l´ambasciatore americano David Thorne: «Offrire alle donne maggiori possibilità di accedere al mercato del lavoro e alle opportunità economiche, promuovere la loro efficienza e produttività, avrà un notevole impatto sulla competitività e la crescita delle nostre economie – ha scritto nel messaggio-. Tutti noi, uomini e donne, abbiamo il compito di promuovere l´eguaglianza di genere e combattere le discriminazioni. Così vi chiedo anche: Se non ora quando? E se non noi, chi?». Molti gli italiani all´estero che stanno inviando donazioni. Le organizzatrici, finanziariamente autogestite, chiedono a tutti un sostegno e per questo hanno attivato una raccolta fondi sul conto IT13Y0501803200000000155055 della Banca Etica, sede di Roma.
La Repubblica 10.12.11
******
“La manovra non è abbastanza. Le donne tornano in piazza”, di Laura Preite
Domenica la manifestazione del movimento “Se non ora quando” Cristina Comencini: «Bene la defiscalizzazione del lavoro femminile, ma servono servizi di cura per bambini e anziani». «C’è molto poco per le donne nella manovra, ancora una volta non vengono messe al centro. Questa manifestazione è fondamentale per dire che le donne vogliono di più, al termine di quest’anno di cambiamento. Siamo d’accordo sulla defiscalizzazione del lavoro femminile decisa dall’esecutivo Monti, ma non c’è altro, si alza l’età pensionabile ma non si offrono misure per sostenere questo passaggio come servizi di cura per bambini e anziani» così Cristina Comencini, regista e tra le animatrici del movimento Se non ora quando, definisce i contorni del nuovo appuntamento di piazza che il movimento si è dato per domenica prossima, 11 dicembre. Dalle 14 alle 16, in piazza del Popolo a Roma e in contemporanea in altre città, Se non ora quando, chiama a raccolta le donne e non solo, sotto lo slogan “Se non le donne, chi?” e detta l’agenda: welfare, lavoro, maternità, rappresentazione e rappresentanza. Sono cinque temi che sono stati elaborati in poco meno di un anno di vita, da quel 13 febbraio che riempì le piazze d’Italia e del mondo di donne e uomini per dire “basta” allo scandalo “bunga bunga” che coinvolgeva l’allora presidente del Consiglio Berlusconi e sua rappresentazione sui media italiani e di tutto il mondo.
«Siamo state le prime a dire che l’Italia doveva recuperare la dignità perduta e che la dignità delle donne era la dignità dell’Italia tutta, adesso vogliamo cominciare a contare economicamente – continua Comencini – a essere sgravate dal lavoro di cura e famigliare che impedisce di esprimere a pieno il proprio potenziale nel lavoro e nella carriera. Nessuna donna rinuncia agli affetti o a un figlio per la carriera, ecco perché siamo state così poco presenti nella storia del nostro paese, nella politica e nelle istituzioni. È una mia opinione personale, ma per arrivare ai livelli apicali delle società, devi avere la possibilità di conciliare lavoro e famiglia (il reportage). Semplicemente, le italiane non ne hanno il tempo, lavorano 80 ore a settimana, di più che nel resto d’Europa». Come dimostra anche la recente indagine dell’Istat sul tempo delle famiglie, aumenta per tutti l’orario di lavoro, ma solo per le donne il tempo libero scompare, schiacciato da faccende domestiche e obblighi di cura. Agli uomini, ciò non capita, il loro tempo libero negli ultimi venti anni è rimasto invariato.
Le donne sono il termometro della società per Comencini:«La vita delle italiane non è da paese moderno: tre milioni e mezzo non possono lavorare perché non ci sono servizi, in media solo il 18% dei bambini hanno accesso ad asili nidi pubblici. Le donne vanno in pensione con assegni più bassi, perché sono obbligate a lunghi periodi di pausa dal lavoro. È tutto da riformare e crediamo che investire sul welfare sia necessario, perché è un incentivo alla produttività femminile, libera energie per il mercato, non è una spesa quindi». A chi ha registrato in questi mesi una frammentarietà nel movimento e la difficoltà di scegliere soluzioni chiare, la regista controbatte: «le ricette possono anche essere diverse, ma le priorità le abbiamo individuate e siamo tutte d’accordo».
La scelta per questo secondo appuntamento di piazza è di non coinvolgere nessun politico. A Roma si alterneranno dal palco testimonianze di donne comuni, italiane e immigrate, economiste, giornaliste e cantanti. Si apre con l’orchestra sinfonica Europa Musica e si continua con Emma, Paola Turci, Marina Rei. Tra gli interventi di punta quelli della sociologa Chiara Saraceno e dell’economista Francesca Bettio, della rivista Ingenere. Sul tema della rappresentazione invece, dirà la sua, la pubblicitaria Annamaria Testa. Ci sarà anche un momento di commemorazione delle donne morte a Barletta, a ottobre, per il crollo di una palazzina dove lavoravano in nero e per finanziare la manifestazione è stata aperta una sottoscrizione (c.c. intestato all’APS Se non ora quando, IBAN IT13Y0501803200000000155055 presso Banca Etica sede di Roma). Mentre hanno deciso di non scendere in piazza alcuni comitati territoriali, come quello di Milano e quello toscano, non d’accordo su “tempi e modalità della manifestazione”, considerata prematura e dalla proposta politica poco chiara.
“Se non ora quando” guarda anche alle prossime elezioni e chiede che questa volta, la presenza femminile in lista sia consistente, 50 e 50, per favorire l‘elezione, su modello delle ultime comunali milanesi: «è una questione di uguaglianza all’interno dei partiti, dobbiamo finalmente avere una democrazia paritaria».
da lastampa.it
******
“Domani insieme per dire che il Paese deve cambiare”, di Nicoletta Dentico
Nella prima conferenza mondiale sui determinanti sociali della salute tenutasi a Rio lo scorso ottobre, Maria Guzenina-Richardson, 40 anni, ministra della salute e degli affari sociali della Finlandia esordisce con la sua storia di bambina, figlia di una famiglia monoparentale di condizioni economiche molto disagiate. Parla con disarmante sincerità, spezzando il registro formale del vertice, con una incursione autobiografica del tutto femminile. Racconta che la sua esistenza è legata a doppio filo a due condizioni acquisite da tempo in Finlandia: un solido sistema di welfare, in grado di fornirle assistenza sociale e pasti gratuiti fino alla sua maggiore età;una democrazia paritaria reale, per cui sua madre non è mai stata discriminata in quanto donna straniera, migrante e madre sola. La possibilità di un lavoro non le è mai stata negata. La raggiungo alla fine del suo intervento, per congratularmi e condividere con lei l’esperienza delle donne italiane di Se Non Ora Quando. La ministra ribadisce l’importanza cruciale della democrazia paritaria e della giustizia di genere per una società moderna. Una società in grado di affrontare le sfide di un tempo di crisi globale. «Finalmente ci siete – incalza – il vostro impegno è fondamentale per l’Europa; la questione di genere in Italia riguarda tutte noi . In un Paese sempre più abitato da esperienze di vita multiculturali, ritengo in effetti che uno degli orizzonti forse meno tratteggiati ma non meno decisivi per Se Non Ora Quando, alla vigilia della mobilitazione di domenica 11 dicembre, sia duplice ed allargato, per così dire. Da una parte, la partita per i diritti di cittadinanza delle nuove italiane che vivono e alimentano il tessuto economico, culturale e sociale del nostro Paese, con un contributo quotidiano sotterraneo spesso dimenticato ma assolutamente innovativo. Dall’altra, il recupero di una prospettiva europea per le donne italiane. Proprio perché il ruolo delle donne in Italia è una questione da affrontare subito per uscire dalla crisi, che è crisi multiforme ed insinuata nelle viscere del Paese, strategia prioritaria è quella di rilanciare il dibattito sulle donne in una prospettiva europea. Occorre insomma che le donne italiane spingano lo sguardo oltre confine e diffondano l’indispensabile conoscenza sulle buone pratiche di reciproco riconoscimento che le democrazie di altri Paesi europei hanno consolidato. Le donne italiane devono fare riferimento ai parametri europei per rivendicare equità di genere, accesso al welfare e ai servizi. Un tasso di occupazione femminile al 60%- obiettivo del trattato di Lisbona – si tradurrebbe in un incremento del prodotto interno lordo dell’Italia del 7% – ciò che permetterebbe al nostro Paese di presentarsi sulla scena internazionale con ben altro profilo. Se oggi l’Italia vede l’occupazione femminile ferma al 47%, è facile prevedere che le misure introdotte dalla manovra abbiano un ulteriore impatto negativo sulle donne e il loro impiego. Non si riesce a capire per quale motivo si parli tanto di lavoro alle donne e non si faccia nulla di realistico per intervenire a cambiare rotta. Se non ora quando si è assunta una responsabilità formidabile nel tradurre i numeri e le statistiche in proposte operative e politiche coerenti. Vuole esserci domenica prossima, con le donne e con gli uomini di questo Paese, per esercitarla questa responsabilità. Non intende mendicare l’ascolto della politica. Piuttosto, vuole affermare con forza la richiesta di una non negoziabile discontinuità. Nel nome di un’Europa che non è solo finanza e moneta unica,ma anche diritti di equità sanciti e condivisi. Non è possibile chiedere alle donne di lavorare sempre di più, senza che sia messa in campo nel contempo una politica di welfare, un sistema di servizi che permetta alle donne di dare appieno il contributo professionale ed economico di cui sono capaci. Solo in un’ottica autenticamente internazionale riusciremo a rimettere al mondo l’Italia. D’altronde, la presenza delle donne nella ridefinizione delle politiche di questo paese interessa molto all’Europa. Moltissimo.
L’Unità 10.12.11