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"Rivoluzione domestica per le donne e i nonni", di Maria Novella De Luca

La rivoluzione sarà soprattutto domestica e riscriverà, non poco, i rapporti tra i sessi. Anzi, dice il sociologo Marzio Barbagli, saranno le donne a tracciare i confini di questa “nuova età”, in cui il lavoro si allunga e la vecchiaia si allontana, si restringe il tempo del riposo ma si allarga quello del reddito. Per il resto, però, niente paura: i nonni continueranno a fare i nonni, «è ben difficile con gli attuali tassi demografici che un nipotino arrivi prima degli anni della pensione», i giardinetti non andranno deserti, «ma molto dovrà cambiare – aggiunge Marzio Barbagli – nei rapporti tra genitori e figli, e tra mogli e mariti». Un mutamento di pelle. Invisibile all´inizio. Ma radicale e non indolore. «Perché questa manciata di anni in più in cui le donne dovranno lavorare, erano quelli in cui invece le donne italiane alla fine della loro stagione produttiva, tornavano a casa. Per dedicarsi integralmente ai figli e ai mariti, e in seguito ai nipoti.
Adesso senza di loro le famiglie si dovranno riorganizzare – spiega Barbagli – la loro assenza aprirà un vuoto a cui nessuno è preparato, tantomeno i figli, i mariti, o i genitori ultranovantenni».
E questo a cosa può portare?
«Di sicuro ad una positiva ed equa redistribuzione del lavoro domestico. E´ un passo in avanti nella parità dei sessi. Però c´è anche il lato opposto. Ossia il vuoto di welfare familiare lasciato dalle donne e non coperto dallo Stato».
Ma il cambiamento di vita riguarda anche i maschi. Riguarda tutti. Impone una revisione del senso del tempo…
«Certo, e infatti per gli over 65, età in cui secondo l´Ocse ci si può definire anziani, la vita è da tempo in continuo cambiamento, si resta in salute sempre più a lungo, si vive la sessualità ben oltre quella che un tempo si definiva vecchiaia. E su tutto ciò un prolungamento del percorso lavorativo non può che avere effetti benefici».
Perché si continua a guadagnare e si resta dentro la vita attiva?
«Esattamente. Centinaia di studi di psicologia sociale hanno dimostrato quanto il lavoro negli anni della maturità possa avere un effetto stimolante e antidepressivo. A meno che non si tratti naturalmente di professioni usuranti, che invece da questa riforma hanno tutto da perdere. Però vorrei sottolineare che in gran parte del mondo andare in pensione ben oltre i sessant´anni è la norma, siamo noi l´anomalia. Soprattutto per quanto riguarda le donne».
Ancora le donne nel cuore del problema…
«Sì, e per due motivi. Intanto perché facendo la fotografia dell´oggi, noi abbiamo già moltissime donne non più occupate addirittura intorno ai 50 anni. Una condizione direttamente proporzionale al loro livello di istruzione: più è basso, prima abbandonano o vengono espulse dalla produzione. E il secondo motivo è appunto il loro ruolo all´interno della famiglia. Dove questa loro “assenza” sconvolgerà non pochi equilibri”, parlo di tensioni, liti, separazioni».
Un prezzo alto da pagare alla crisi…
«E´ un prezzo alto perché si tratta di una riforma economica imposta dall´alto, e non qualcosa che segue l´evoluzione sociale della famiglia».
Però professore oggi la terza età assomiglia spesso ad una “terza giovinezza”, se si è sani e con un reddito sufficiente. Dover continuare a lavorare non ci ruberà tempi di vita preziosi?
«No, non credo. Non è il lavoro che può sottrarre ai nuovi sessantenni la loro voglia di vivere, di amare, di viaggiare, di imparare ad usare Internet o di sentirsi giovani. E poi ormai ci sono così tante trasformazioni nella speranza di vita che pur lavorando fino a 65, anche 67 anni, si può ragionevolmente pensare di avere davanti a sé ancora un bel pezzo di vita…».
E i nipoti? Oggi in Italia molte giovani coppie basano la loro decisione di avere un figlio sulla presenza o meno di due o più nonni.
«E´ vero, potrebbe essere un problema, però anche qui dobbiamo analizzare i dati. Oggi l´età in cui si ha il primo figlio è oltre i 30 anni. E una donna di 30 anni avrà probabilmente dei genitori intorno ai sessant´anni. Forse questi genitori non potranno fare i nonni subito, ma nel giro di pochi anni, almeno le donne, sì. Il rischio semmai è che a questo punto le giovani coppie “aspettino” l´età della pensione dei genitori per mettere al mondo un bambino, con tutti i problemi che ne conseguono».
Ma allora professor Barbagli, questo mutamento di tempi di vita, cancellerà vecchiaia?
«In parte questa è già la realtà, l´anagrafe non corrisponde più a ciò che si è. E infatti, come dicevo, quasi ovunque nel mondo i sessant´anni sono un´età in cui si è ancora stabilmente nel mondo produttivo. Eppure, anche se i nonni lavorano, i tassi demografici delle giovani coppie sono ovunque più alti che nel nostro paese… No, io non vedo in questo decreto sulle pensioni una rapina di tempi di vita e di felicità, anzi credo che ne possano scaturire processi virtuosi. Quello che mi preoccupa è l´impreparazione della società italiana, i cambiamenti saranno lenti e invisibili, e temo il forte prezzo sociale che le famiglie dovranno pagare».

La Repubblica 09.12.11