Appena tre misure, per di più blande o inefficaci, e in alcuni casi infilate all’ultimo minuto. Questa la «mini-cura» antievasione proposta dalla squadra Monti, che tuttavia chiede sacrifici «per salvare l’Italia». Non si sa cosa dicono nell’Ue dei record di infedeltà fiscale: pare che a Bruxelles preferiscano parlare di pensioni (almeno così raccontano).
Così alla fine, come al solito, il Belpaese si salverà grazie agli onesti, che spesso si concentrano tra i meno abbienti e in quello sterminato ceto medio che sta diventando sempre più povero.
Tracciabilità dei pagamenti a mille euro, regime premiale per gli autonomi che accettano di essere «radiografati» dall’amministrazione, e comunicazione degli operatori finanziari (banche e simili) alle agenzie delle entrate dei movimenti dei loro clienti. Questa la lista degli interventi. L’ultimo punto è entrato in zona Cesarini nel testo finale solo dopo un poderoso pressing del Pd. Peccato che non sia entrato nella versione che i Democratici volevano. Su questo fronte c’è stato un braccio di ferro: Pier Luigi Bersani ha incontrato Mario Monti e ha messo sulla sua scrivania 11 punti da inserire. Ma di tutto questo non si è visto nulla. Almeno finora. Le tre misure, comunque, non funzioneranno. Lo sanno i tecnici e anche i professori. Difficile che la tracciabilità possa far emergere base imponibile, non soltanto per la soglia troppo alta (quante spese di mille euro fa in un anno una famiglia?). Il vero handicap sta nel fatto che chi non rispetta la regola va «pizzicato». Chi potrà davvero controllare questi pagamenti? Si sarebbe potuto imporre pagamenti elettronici ai professionisti con conti dedicati, o per gli affitti. Di questo neanche l’ombra.
COMUNICAZIONE
Quanto alla comunicazione dei movimenti finanziari all’anagrafe tributaria, anche in questo caso c’è un limite che depotenzia la norma. In tutti gli altri Paesi (a proposito di adeguamento agli standard europei) l’amministrazione fiscale può ordinariamente conoscere tali movimenti, cosa che non viene ritenuta un attacco al segreto bancario né alla privacy in nome del principio superiore della compliance alle regole della convivenza civile. Da noi, invece, lo si può fare solo con una procedura complicata, tanto che nel 2010 sono stati effettuati appena 9.300 controlli su 42 milioni di contribuenti. La manovra Monti non migliora le cose, e mantiene il vincolo dell’accesso solo in caso di apertura di un accertamento. La norma sul regime premiale, poi, non comporterà alcun maggior gettito ma solo più spese. Quello che più colpisce in questo caso è che si premiano i cittadini che si concedono benefici (sia fiscali che in termini di servizi, anche costosi) a cittadini che semplicemente
fanno il loro dovere: cioè pagare le tasse sui loro redditi. Il retropensiero è pericolosamente in linea con quanto il centrodestra berlusconiano ha predicato negli ultimi 15 anni: evadere a volte è necessario. Esattamente il contrario di quello che l’Italia dovrebbe sostenere per restare a pieno titolo tra i Grandi d’Europa. Si dirà: il testo aiuta le partite Iva e le ditte individuali ad avere un rapporto più friendly con il fisco. Si affidano all’amministrazione, che cura tutte le loro questioni fiscali (si evita così il commercialista) e in cambio avranno uno sconto. Il risultato sarà che aderiranno gli onesti, si dovranno pagare i servizi, si rinuncerà a una parte di gettito e i disonesti continueranno ad evadere. Semplice. L’unico effetto positivo sarà che si potranno concentrare i controlli su chi non aderisce. Per aiutare i piccoli, comunque, si poteva reintrodurre il prelievo fisso del 20% inserito dal governo Prodi.
Un bilancio davvero misero quello della lotta all’evasione. Si sarebbe potuto fare molto meglio. Non solo l’elenco clienti-fornitori, oggi anche poco costoso visti gli strumenti informatici. Non solo l’accordo con la Svizzera con un prelievo del 20% su tutti i depositi italiani nella Confederazione. Gli esperti della materia hanno sviluppato strumenti molto raffinati, che in questa fase di emergenza avrebbero potuto essere applicati. Sul sito fiscoequo.it Oreste Saccone, ad esempio, propone 7 obiettivi che costituiscono un vero piano sistematico di controlli. Tra le proposte, anche dati incrociati tra Agenzie delle entrate e Inps, banche, o accertamenti specifici sui dati Isee. Senza contare il recupero dell’Iva, l’imposta più evasa, superando i semplici accertamenti sintetici (solo sul reddito non giustificato dall’attività dichiarata). Le antenne del fisco, poi, dovrebbero finalmente intercettare le migliaia di case fantasma, ancora ignorate dal catasto, su cui nessuno pagherà l’Ici.
l’Unità 7.12.11
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Ancora cortesie con i soliti furbi «Tracciati» gli onesti, di Vincenzo Visco
C’è continuità con il sistema Berlusconi. La deterrenza si ottiene se i contribuenti sanno che il fisco può conoscere le loro attività. Di questo nella manovra non c’è traccia. Nel programma del nuovo governo la lotta all’ evasione fiscale sembrava essere un punto centrale, caratterizzante. Guardando i provvedimenti effettivamente varati, così non sembra, così non è.
Quello che emerge è una sostanziale continuità con l’approccio seguito dal governo Berlusconi che, pur avendo fatto poco, era riuscito a convincere molti di aver realizzato successi strepitosi nella lotta all’evasione.
Si è parlato di 35 miliardi di gettito recuperato in un solo anno dall’ amministrazione. È stato tuttavia dimostrato che facendo bene i conti ed evitando di manipolare i dati, il presumibile recupero effettivo si riduce a circa 1,5 miliardi. A ben vedere l’unico risultato tangibile ottenuto dal precedente governo e dall’attuale amministrazione è stata la riduzione delle compensazioni Iva (6 miliardi) recuperando e rendendo più incisiva una norma già introdotta dal governo Prodi e subito abrogata da Berlusconi. In altre parole, la strategia seguita, basata prevalentemente sulle verifiche e sui controlli delle dichiarazioni, appare chiaramente insufficiente. Ciò è inevitabile se si continua a ritenere che l’evasione si combatte essenzialmente ex-post, con gli accertamenti (magari induttivi come quelli basati sul redditometro), e non anche ex-ante, con la de-
terrenza e la promozione sistematica dell’adempimento spontaneo, strategia seguita con successo negli unici due periodi in cui l’evasione si è effettivamente ridotta nel nostro paese, quelli tra il 1996 e il 2000 e tra il 2006 e il 2008).
La deterrenza si ottiene se i contribuenti sono consapevoli del fatto che il fisco può essere portato a conoscenza delle loro attività o dei loro guadagni da parti terze: questo e non altro è il significato del termine «tracciabilità» che riguarda essenzialmente la conoscenza delle transazioni effettuate. Nel dibattito corrente il termine «tracciabilità» viene spesso identificato con la riduzione dell’uso del contante. Non è così. La riduzione dell’uso del contante è sicuramente un obiettivo strategico nel contrasto all’evasione, va però perseguito non già fissando soglie generali, ma diffondendo l’uso di strumenti di pagamento elettronico anche, e direi soprattutto, per le piccole (e minime) transazioni (cosiddetto «borsellino elettronico») come avviene in Francia, Belgio e via dicendo. E individuando settori e pagamenti in cui si può imporre il ricorso a ritenute o si può imporre il divieto dell’uso del contante, come fu fatto per esempio dal governo Prodi per quanto riguarda i compensi dei professionisti.
Tracciabili sono anche i rapporti che prevedono il ricorso a ritenute che andrebbero generalizzate. A quanto è dato di sapere nella manovra vi sono (forse) alcune norme volte a incentivare i pagamenti elettronici ed è prevista la riduzione a mille euro dell’uso del contante, norma che risulterà di scarsa utilità pratica dal momento che potrà essere facilmente elusa e ha poco a che vedere con la «tracciabilità» ai fini fiscali. In altre parole, non bisogna confondere l’evasione fiscale con il riciclaggio.
Vi è poi una norma veramente singolare che a qualcuno potrebbe apparire addirittura provocatoria: si prevede, cioè un incentivo per quei lavoratori autonomi e piccole imprese che accettano un tutoraggio diretto dei loro conti e attività da parte delle amministrazioni finanziarie che prevede anche l’uso di strumenti elettronici di pagamento e fatturazione; in sostanza un incentivo a essere «onesti». Con il risultato che solo chi già paga le tasse perché già si trova nella condizione tecniche per non poter evadere aderirà (monomandatari, lavoratori precari con ritenuta d’acconto, eccetera), e quindi si verificherà una situazione paradossale per cui gli «onesti» saranno «tracciati» e i «disonesti» resteranno fuori dalla possibilità di controllo del fisco. Né si capisce perché mentre un lavoratore dipendente è costretto a essere «onesto», e cioè pagare fino all’ultimo euro (ritenuta alla fonte), un autonomo debba invece essere «incentivato».
Uno strumento di deterrenza-controllo molto importante è l’elenco clienti-fornitori (fonte fondamentale di third party information). Sollecitato in proposito, il governo ha sostenuto che reintrodurre questa misura, soppressa dall’esecutivo Berlusconi, ma che aveva dato risultati molto rilevanti nel breve periodo in cui era stata in vigore, era inutile perché è già prevista l’applicazione della fatturazione elettronica. Chi scrive ha varato le norme che hanno introdotto la fatturazione elettronica in Italia, ma ha anche introdotto l’elenco clienti-fornitori (previsto in via temporanea) nella consapevolezza che prima che la fatturazione elettronica possa andare
a regime potranno passare anche dieci anni, e che d’altra parte sarebbe pericoloso collegare fin dall’inizio il nuovo strumento all’attività del fisco.
Nel suo intervento alle Camere sul programma di governo il presidente Monti aveva indicato la necessità di pervenire alla conoscenza dello stato patrimoniale di ciascun contribuente: in proposito alcuni mesi fa Guido Tabellini e altri avevano proposto di prevedere una dichiarazione apposita. Tuttavia sarebbe inutile costringere i contribuenti a compilare una ulteriore dichiarazione la cui veridicità dovrebbe poi essere verificata (presso le banche). Più semplice sarebbe (stato) chiedere direttamente alle banche di inviare al fisco le consistenze iniziali, finali e medie dei conti gestiti e l’importo complessivo delle operazioni, così come avviene in Francia e in altri paesi, in modo da poter ricostruire, utilizzando anche i dati del catasto, la situazione patrimoniale complessiva di ciascuno.
Sfortunatamente i buoni propositi sono rimasti tali e la pubblicazione dello stato patrimoniale è stata limitata esclusivamente ai ministri!
Altre misure di «tracciabilità» potrebbero essere indicate. Purtroppo il governo ha rinunciato (rifiutato) a percorrere coerentemente questa via, impopolare forse, ma sicuramente efficace, e cioè di creare una rete di informazioni, generalizzata, omnicomprensiva, poco costosa perché si tratta di informazioni già disponibili e accessibili, in grado di fornire deterrenza ex ante e strumenti per l’accertamento ex post. Confermando invece una strategia perdente perché reticente e perché non affronta alla radice il problema dell’evasione di massa nel nostro Paese. Quasi che fosse più facile e meno impopolare bloccare l’indicizzazione delle pensioni piuttosto che aggredire evasione ed evasori.
L’Unità 07.12.11