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"Editoria, fondi in estinzione Pluralismo in pericolo", di Roberto Monteforte

Cancellato il sostegno alla libertà d’informazione. Le risorse pubbliche saranno destinate a tutte le testate, compresi i grandi gruppi. A rischio sopravvivenza centinaia di giornali, da l’Unità a Il Secolo d’Italia. Pesa e in modo drammatico anche sull’editoria il decreto «Salva Italia» di Mario Monti. Al di là delle esigenze di rigore e di moralizzazione, si annunciano tagli che poco hanno a che fare con l’equità. Che anzi finiranno per mettere seriamente in discussione il pluralismo informativo del nostro paese. Quello che è stato annunciato con l’articolo 29 comma 3 della manovra sarà praticamente la cancellazione dell’editoria di idee, cooperativa, non-profit e politica. Dal 1 ̊ gennaio rischiano di non essere più in edicola testate come l’Unità, Liberazione, Europa, Il Secolo d’Italia, la Padania, il Riformista, Il Manifesto, l’Avvenire, Terra, i settimanali diocesani, periodici come Rassegna sindacale, Salvagente o Conquiste del Lavoro, giornali editi da cooperative e tutti gli altri che sino ad oggi hanno avuto diritto ai finanziamenti «diretti» da parte dello Stato.
I NUOVI CRITERI
Ieri è arrivato secco l’annuncio. In nome del pareggio del bilancio i contributi diretti o meglio quel poco che resta una ventina di euro finiranno con la gestione 2013. Dalla fine del 2014 saranno operativi nuovi criteri per assegnare le risorse. L’altro annuncio è che dal prossimo 1 ̊ gennaio 1012 il governo rivedrà i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti «diretti» con l’obiettivo «di risanare» e «selezionare in modo più rigoroso» l’accesso alle risorse. I risparmi saranno destinati nel 2014 «alla ristrutturazione delle aziende, già destinatarie della contribuzione diretta, all’innovazione tecnologica del settore, a contenere l’aumento del costo delle materie prime, all’informatizzazione della rete distributiva». Ma quali resisteranno sino al 2014? Il contributo pubblico sarà destinato a tutti, compresi i grandi gruppi editoriali. Scompare, così, quell’impegno pubblico a tutela del pluralismo e della libertà di informazione per chi non ha alle spalle potentati finanziari ed industriali, richiamato recentemente e in modo autorevole dallo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Sono oltre cento le testate che rischiano di morire per mancanza di quel «sostegno» che dovrebbe correggere un mercato nettamente sbilanciato. Rischiano di chiudere testate che esprimono spesso un punto di vista autonomo e critico sulla realtà. La linea del governo Monti pare così allineata con le posizioni della Fieg (la federazione editori) di cui l’attuale sottosegretario con la delega per
l’Editoria, Carlo Malinconico è stato sino a ieri presidente.
Che vi sia un’esigenza di «equità» anche nel mondo dei media lo ha sottolineato con una nota la Fnsi. «La manovra del Governo non ha cancellato le azioni pubbliche che rischiano di portare alla morte presto decine e decine di testate giornalistiche» osserva il sindacato giornalisti. Quale processo di innovazione si può attivare «senza risorse», visto che «nell’attesa centinaia di testate giornalistiche risulterebbero già chiuse, morte per asfissia e con essi cancellati migliaia di posti di lavoro»? «Le banche chiuderanno persino le linee di credito e andare avanti sarà impossibile. «Il Governo non può essere inerte, né limitarsi a registrare il disastro» afferma la Fnsi che indica al governo dove è possibile trovare le risorse «senza incidere sugli attuali capitoli di spesa dello Stato»: «cancellare i regali sulle frequenze tv facendone pagare il giusto valore in un’asta veramente aperta», attingere agli utili delle fondazioni bancarie, definire «un’aliquota di prelievo sulla pubblicità televisiva» per compensare le distorsioni del mercato. Così insiste non si perseguono equità e sviluppo, ma si favoriscono «solo i colossi e le concentrazioni». Parola chiare. Come quelle pronunciate dal segretario Cgil, Fulvio Fammoni che sottolinea come nella manovra ci sia «una pietra tombale sull’editoria». Ci si opporrà. Fammoni annuncia «la mobilitazione di tutto il mondo dell’editoria».

L’Unità 07.12.11

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