E per una volta non volano parole dure, niente guelfi e ghibellini, nè pugni sui tavoli, ultimatum o minacce. Per una volta, non si sa per quanto ma prediamo quello che c’è, si parla di giustizia intesa come servizio ai cittadini e in termini molto concreti. «Vi dirò cosa secondo me è possibile fare in un periodo di tempo relativamente breve» dice il ministro della Giustizia Paola Severino seduta davanti ai membri della Commissione Giustizia del Senato. È un programma che lei definisce «scarnificato», puntato su tre settori – carcere, giustizia civile e revisione delle circoscrizioni giudiziarie -, ispirato «a risparmio e recupero dell’efficienza che sono le linee guida del governo» ma che alla fine, se realizzato, diventa – lo dice il senatore Li Gotti che con l’Idv non ha certo regalato la fiducia all’esecutivo Monti – «la vera riforma globale della giustizia da quindici anni a questa parte».
BASTA GUERRA
Vuoti e pieni. Senza nulla togliere ai “pieni”, cioè al contenuto del programma del neoministro, dopo quindici anni di guerra civile tra politica e giustizia intorno al conflitto di interessi fatto persona, cioè Silvio Berlusconi, conviene parlare per un attimo e prima dei “vuoti”. Il nuovo Guardasigilli non ha sfiorato questioni come processi brevi o lunghi, non ha parlato
di intercettazioni, nè di riforme epocali della giustizia che, nel ddl Alfano riscrivevano il titolo IV della Costituzione. L’unico nervo scoperto che ha toccato – la responsabilità civile dei giudici per cui l’Italia è stata bocciata una settimana fa dalla Ue perchè «non tutela abbastanza i cittadini contro gli errori delle toghe» – è stato per dire: «Devo ancora leggere con attenzione la sentenza europea». Nessun riferimento a leggi ad personam. E’ finita veramenrte un’epoca? Paola Severino – raccontano i colleghi – è penalista «preparata, corretta e concreta», docente universitaria «chiara, esigente ma poi generosa». Il ministro assomiglia alla sua fama. Appena arrivata al Senato svicola un placcaggio del presidente della Com che aveva già “allestito” un teatrino ad uso delle telecamere cercando di strappare pronostici sull’amnistia.
«Ma io devo parlare in Commissione» ha sorriso il ministro tirando dritto. La premessa non è scontata: «Vorrei mantenere con voi una costanza nei rapporti, per un governo tecnico il confronto parlamentare é ancora piú importante». Scarta subito l’ipotesi di mettere mano al codice penale e di procedura.«Come penalista sarebbe il mio sogno ma è al di sopra delle forze e della possibilità. Quindi ragioniamo di quello che è possibile fare». La vera «emergenza» è il carcere con 68 mila detenuti, 39 mila agenti e 44 mila posti letto. Ma l’amnistia e altri provvedimenti svuota-carcere «non sono all’ordine del giorno perchè io cerco altri mezzi deflattivi con effetti piú stabilizzanti». Cassata l’ipotesi di costruire nuove carceri («tempi troppo lunghi, inutile per l’emergenza» ) restano le misure alternative alla detenzione.
«Dobbiamo – spiega il ministro – far scontare la detenzione in
luoghi e forme diverse assicurando al tempo stesso l’ordine sociale».
L’uovo di Colombo si chiama «messa alla prova», cioè lavori socialmente utili al posto della pena e «detenzione domiciliare sfruttando al massimoil braccialetto elettronico che funziona bene negli Stati Uniti e in Europa. Si tratta di superare difficoltà tecnica su cui mi sono già confrontata con il ministro dell’Interno e posso dire che siamo a buon punto». Il braccialetto, soprattutto, risolverebbe quel problema assurdo che è il fenomeno delle “porte girevoli” (22 mila
detenuti, un terzo del totale, resta in carcere tre giorni) la cui eliminazione porterebbe risparmi enormi (113 euro è il costo medio giornaliero di ogni detenuto nel 2010).
Il ministro immagina «una somma di interventi da coordinare insieme per consentire una deflazione stabile». Tra questi anche una «Carta dei diritti e dei doveri di chi entra in carcere» tra tradurre in varie lingue «per far sentiremeno smarrito chi entra in carcere e i familiari». In agenda sono segnati interventi immediati nel processo civile «per creare efficienza attraverso la giustizia soprattutto quella civile così strettamente legata alla nostra economia». E nella risistemazione delle circoscrizioni giudiziarie «per cui servono
criteri oggettivi altrimenti non si va da nessuna parte». Il taglio del numero di procure e tribunali comporta un recupero di 900 magistrati e 5000 impiegati. Il Guardasigilli vuole anche
tranquillizzare sul tema della liberalizzazioni delle professioni: «E’ un percorso già avviato. Nessuno vuole eliminare gli ordini professionali, dobbiamo invece abolire gli ostacoli eccessivi alla pratica delle professioni e garantirne la qualità». Efficienza qualità e risparmio. Un libro dei sogni. «Ma a volte – è ottimista il ministro – i sogni si avverano».
L’Unità 30.11.11