Parigi incalza il governo Monti sulla manovra e nello stesso tempo lancia un patto Francia-Germania-Italia per rafforzare la disciplina di bilancio. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, si va verso un’Europa a due velocità?
«Se si parla di modificare i trattati per rendere più coerente il patto a 17 (i Paesi della zona euro), va bene. Tuttavia, intanto che si prepara una riforma dei trattati noi rischiamo la pelle. Stiamo vivendo una contraddizione micidiale: mentre discutiamo giustamente di una necessaria disciplina dei bilanci dei singoli Paesi, noi non abbiamo una garanzia collettiva a tutela dell’euro. Questo è il punto irrisolto. Deve essere affrontato con assoluta urgenza, lavorando (anche dentro gli statuti attuali) per un ruolo della Banca centrale europea triangolato o con il Fondo monetario. soluzione non gradevolissima, o con la trasformazione del Fondo Salva Stati in una banca. Ma quale che sia la tecnica, se stiamo solo alla disciplina di bilancio rischiamo di arrivarci morti».
C’è chi denuncia l’egoismo di Francia e Germania. Lei ha qualche rimprovero da fare a Sarkozy e Merkel?
«Purtroppo si è coltivata nelle opinioni pubbliche europee, in particolare sotto la spinta politico-elettorale della destra, l’idea che uno si salva da solo e che c’è una distinzione tra virtù e vizi, per cui i vizi sono sempre quelli dell’altro. Tutto ciò, unito a un certo lassismo in diversi Paesi, ha provocato una miscela esplosiva che ha portato il sistema all’impotenza. Manca lo scatto di orgoglio europeo. Se ci fosse, in poco tempo la fiducia tornerebbe. Ma non vedo nell’immediato la possibilità di accelerare. Aspettiamo il precipizio e forse questo scatto arriverà».
In Italia c’è un nuovo governo e qualche critica a Monti è già arrivata, soprattutto sui tempi di azione di fronte alla crisi.
«Il Pd sarebbe l’unico partito a poter tirare per la giacca Monti perché siamo i soli che dicono da tre anni che il Paese va incontro a guai seri. Tanti di coloro che adesso si agitano negli anni in cui si dormiva non hanno suonato la sveglia. lo sono per dare tempo a un governo che si insedia, dopodiché i provvedimenti hanno una loro urgenza e devono essere incisivi. E non credo che le sollecitazioni che arrivano siano disinteressate. Quando sento dire che non basta Monti per risolvere la questione dello spread, vedo un segno di irresponsabilità. Di chi non ha capito quanto grave sia il problema».
Ma quali sono le ricette per risolvere il problema? Si parla di Ici, ha, meno tasse sul lavoro. E la patrimoniale?
«Il quadro è segnato dalla necessità di consolidare la manovra per il pareggio di bilancio. L’operazione da fare deve essere caratterizzata dall’equità e tener conto che è già un mese o due che siamo in recessione. Quindi serve una manovra che abbia il minimo impatto recessivo. Noi portiamo le nostre proposte: le risorse vanno cercate là dove c’è stato meno disturbo e quindi pensiamo a un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari: un’azione credibile sul lato dell’evasione fiscale: siamo molto prudenti, invece, su provvedimenti che riguardino l’Iva perché l’Italia è un Paese in cui l’effetto inflazionistico, anche quello di una piccola mossa sull’Iva, è rilevantissimo. Lavoriamo poi a un pacchetto di proposte che riguardino da un lato risparmi sulla pubblica amministrazione e dall’altro le liberalizzazioni. Riteniamo inoltre che per dare un minimo di sostegno alle attività in senso anti-recessivo bisogna lavorare sull’immediata partenza di piccole opere pubbliche e private, e dunque pensiamo a una limitata deroga al piano di stabilità dei Comuni».
L’impostazione data da Elsa Fornero al dibattito sulla riforma delle pensioni va nella strada giusta?
«La ministra ha mostrato grande competenza e serietà. E’ positivo che parli di equità perché non possono esserci dentro il sistema previdenziale situazioni di privilegio o di mancato rapporto tra versamenti e prestazioni. E vale per tutti, a cominciare dalla politica e dai vitalizi dei parlamentari. Ha ragione Fornero, si tratta di una riforma da accelerare più che da rifondare. A noi interessa che dentro il sistema del welfare quel che si risparmia venga orientato non a chiudere dei buchi di bilancio, ma a dare una prospettiva alle nuove generazioni».
Lavoro e welfare. L’accordo tra Fiat e sindacati a Termini Imerese è un buon risultato?
«E’ una bella novità rispetto al recente passato. C’è qualcuno che chiama i protagonisti e vede di trovare una soluzione. Bene ha fatto Foniero, nei giorni scorsi, a richiamare Fiat a chiarire meglio qual è il suo impegno nazionale. Mi auguro che il governo sia finalmente in condizione di chiamare il Lingotto a discutere del piano industriale».
Berlusconi apre la campagna elettorale. Un Pdl che oscilla tra appoggio a Monti e attacchi a Monti è un pericolo per la tenuta del governo?
«Certo non è una medicina, Ma l’asse fondamentale del mio partito è l’Italia, e dunque mi rifiuto di mettere nel mirino Berlusconi. Dica quel che vuole, se ritiene che sia il momento di cominciare la campagna elettorale, è un lavoro che farà da solo. Io non lo faccio. Punto e basta».
Casini sostiene che sull’appoggio a Monti si ridefiniscono le alleanze future. I vostri alleati Di Pietro e Vendola sono piuttosto critici. La foto di Vasto esiste ancora?
«Vorrei dire che tutti hanno guardato la foto di Vasto, ma nessuno ha ascoltato il sonoro. Io ho parlato di alleanza dei moderati e dei progressisti. Certamente il passaggio Monti non è irrilevante per le prospettive politiche. Non c’è un tavolo di maggioranza, noi andiamo quando Monti chiama, ma questa fase dà anche la misura del senso di responsabilità verso il Paese che ognuno si prende. Il mio orizzonte resta una alleanza di legislatura tra moderati e progressisti per una decina di riforme sulla democrazia e sul sociale. Perché non basterà la transizione. Dopo gli ultimi 15 anni bisogna riformulare una prospettiva per il Paese. Io vedo positivamente quel che dice Casini, ma non posso ignorare le posizioni di Vendola, che non ostacolano affatto un passaggio delicato come questo. Anche io misurerò tutti quanti dall’assunzione di responsabilità che ci sarà. Chi vuol salvarsi da solo sbaglia strada».
Il Pd ha qualche problema interno, con i Liberali che hanno chiesto le dimissioni del responsabile economico Fassina.
«C’è uno sport nel descrivere sempre il Pd come imbarazzato e diviso, senza accettare il fatto che noi discutiamo all’aria aperta. Però dico questo: si leggono le posizioni di Fassina (più che di Fassina sono le posizioni deliberate dalle nostre assemblee) come tesi di una sinistra impotabile, mentre si tratta di idee Il Cavaliere vuole fare campagna elettorale? Allora si troverà da solo Io non lo seguo Non tiriamo Monti per la giacca Chi oggi ha, fretta negli ultimi tre anni ha dormito liberali discusse ovunque: il fatto che le sole misure di rigore e di austerità non accompagnate da politiche di equità e di crescita ci portino contro un muro, è teoria condivisa da tutti i liberai del mondo. Noi non facciamo una politica laburista, ma sociale e liberale».
Si torna a parlare di un congresso del Pd in primavera.
«Se si fa il congresso dovrei saperlo, non trova? Non mi risulta. In ogni caso queste voci non sono da attribuire a un disagio. Semmai sono voci che richiamano la possibilità di investire ulteriormente sui risultati che stiamo incassando in termini di consenso. A queste buone intenzioni rispondo così: prima di tutto l’Italia. Noi veniamo dopo».
Due temi nell’agenda del Parlamento. Torna attuale la riforma elettorale e voi Manciate la legge sulla cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia. Ce la farete?
«La riforma elettorale è importantissima. C’è la possibilità di lavorare a una legge che preservi il bipolarisino e che metta fine alla nomina dei parlamentari. Quanto alla cittadinanza, il tema è anche politico. La Lega è all’opposizione? Benissimo, vogliamo ancora farci ricattare dal Carroccio? No. basta. Adesso andiamo in Europa non solo con gli spread ma anche con qualche minimo segno di civiltà. Per me questo è un punto abbastanza dirimente».
Il Pd farà le primarie per il segretario del Lazio a febbraio. Siete arrivati alla conclusione di un percorso complicato. E tra un anno e mezzo si vota a Roma. Zingaretti sarebbe un buon sindaco?
«Intanto chiarisco che non ci sarà nessuna interferenza dei quadri nazionali del partito. Raccomando che tutto si svolga con sobrietà e che si dia luogo a un confronto democratico. Sul secondo punto, devono decidere i romani. Per me Zingaretti è un amministratore ottimo, una personalità notevole, fra le migliori che abbiamo.
Il Messaggero 28.11.11