In due anni le emittenti generaliste di Rai e Mediaset hanno perso 10 punti di share, male anche i tg. Dieci punti in due anni. Tanto hanno lasciato sul terreno degli ascolti le sei tv generaliste italiane: le tre pubbliche (Rai), le tre private (Mediaset). Ma nonostante il calo, l’offerta generalista resta predominante: infatti, i due grandi competitor, Rai e Mediaset totalizzato insieme ancora il 78,36 per cento dello share. «Ma è chiaro», osserva un dirigente Rai, «se da un lato l’erosione degli ascolti c’è, sia per la Rai che per Mediaset dall’altro i due operatori recuperano una larga fetta (circa il 7%) sul digitale». E già, il digitale, ma non solo, anche le satellitari: è in questo contesto che si gioca la sfida. Stime alla mano, infatti, dal novembre 2010 a oggi il segno più compare solo davanti a Raitre (0,12),e La7 (+1,60%), Tvsat (+1,13), Altre (+0,19) per un totale di quasi tre punti percentuali. Si dirà, pochino. Ma se si osserva il dato, invece, oltre la percentuale di incremento si nota che pay-tv e digitale sono passati dal 18,70% al 21,22% di share. Dati che si traducono in abbonati (Sky ha superato i cinque milioni con l’8,5% mediamente di share, La7 è quasi al 5 per cento), e soprattutto in ricavi pubblicitari linfa vitale per il prodotto e, soprattutto, indispensabili nel caso della Rai a tenere sotto controllo le sofferenze di bilancio (mediamente di 350milioni di euro con a fronte fino a dicembre 2011 affidamenti bancari di 700 milioni di euro). E se dunque lo share cala l’asticella del debito rischia di salire. Se poi si aggiunge il peso dell’alta evasione del canone per viale Mazzini ecco che il combinato share-pubblicità rischia di divenire esplosivo.
Argomento questo, che il direttore generale della Rai Lorenza Lei conosce bene. Al punto che l’obbligo per la Tv di Stato è quello del pareggio a fine anno.
Ma i conti non sempre fanno rima con gli ascolti. Infatti dal novembre dello scorso anno a oggi l’unica rete a salvarsi dal segno meno è Raitre (diretta fino al mese scorso da Paolo Ruffini). La rete ammiraglia, Raiuno, invece, si segnala (nella prima serata) come la peggiore: meno 3,76% (Canale5 -1,61%; Raidue -0,24; Italia 1, -0,52%); segno che il palinsesto non fa proprio breccia nei cuori dei telespettatori. A parte rarissime eccezioni. Per questo, in molti ambienti televisivi, si spiega «che non è in crisi la tv generalista ma il prodotto della Tv generalista», tant’è, sottolineano dal cda di viale Mazzini, «che basta soffermarsi sui dati di alcune fiction di ottima qualità («Montalbano», 33% di share, «Cenerentola», 30% e «Don Camillo», 28%) per certificare come il telespettatore corra davanti alla Tv al richiamo della qualità». Diversamente, anche la fiction si ferma tra il 10 e il 13 per cento.
Insomma, a fare la differenza è l’evento: vuoi che si chiami Fiorello (42,60% di share), vuoi che sia Terence Hill che da otto stagioni si attesta intorno al 30 per cento di ascolti.
Dunque, se latita il prodotto, il pubblico scappa via. Non si ferma su Raidue ma corre, ad esempio, su «SkyTg24 eventi» per guardare Santoro (che perderà pure qualche spettatore di puntata in puntata, ma di fatto li sottrae alle generaliste) o XFactor resuscitato con Simona Ventura da Murdoch o Sky cinema passato in pochi mesi dallo 0,8 per cento al due e mezzo nel prime time. «La verità osserva un produttore di successo – è che sino ad oggi lo spettatore si è bevuto di tutto, ora bisognerà guardare al lavoro della major americane: insomma, il tempo di prodotti fatti a due lire e venduti a migliaia di euro è proprio finito».
La Stampa 28.11.11