attualità, politica italiana

"Il Cavaliere assedia il Professore", di Francesco Bei

Palazzo Giustiniani, esterno notte. Il portone è serrato, qualche turista passeggia lì davanti, ignaro che al primo piano, nell´ufficio da senatore a vita di Mario Monti, da ore si sta svolgendo il primo vertice di maggioranza del nuovo governo. Passati di nascosto attraverso il tunnel che parte dal dirimpettaio palazzo Madama, Angelino Alfano, Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani hanno eluso telecamere e giornalisti.E, davanti al premier, affrontano tutti insieme la questione dei sottosegretari. La grana infatti è lungi dall´essere risolta, soprattutto perché il Pdl non può permettersi l´ingresso di alcun politico o ex politico nel governo. Al contrario, il Pd e il terzo polo spingono perché qualche “tecnico d´area” entri fra i magnifici trenta. Monti vorrebbe invece che a scegliere fossero i suoi ministri e si riserva comunque l´ultima parola sulle rose ricevute dai partiti. Insomma, un caos dal quale non si riesce a venir fuori e che ha richiesto, appunto, un lungo screening collegiale delle liste con i nomi. Così le nomine slittano alla prossima settimana, con la conseguenza di bloccare ancora il lavoro delle commissioni parlamentari.
Ma tra il Professore e suoi “azionisti” quella dei sottosegretari non è l´unica frizione. Superato lo sbandamento dei primi giorni, provocato dalla caduta del Cavaliere, il Pdl infatti sta iniziando ad assumere un atteggiamento sempre più insofferente nei confronti del governo dei tecnici. Berlusconi, raccontano, è una pentola a pressione pronta ad esplodere. A farlo imbestialire è l´assoluta mancanza di comunicazioni con il governo, tanto che ieri ha dovuto spedire a palazzo Chigi il suo migliore ambasciatore, Gianni Letta, per farsi anticipare qualcosa da Monti sulla successione a Finmeccanica, sul vertice con Merkel e Sarkozy e, soprattutto, sulle misure economiche in gestazione. Berlusconi sembra che sia rimasto molto stupito riguardo all´esito della trilaterale a Strasburgo. «Monti – ha riferito ai suoi – si è limitato a discutere del programma che il mio governo ha portato avanti in Europa, nulla di nuovo».
Il Cavaliere è in fibrillazione. Chi lo ha incontrato l´ha trovato che si rigirava tra le mani l´ultimo sondaggio della fidata Alessandra Ghisleri. Con un dato cerchiato in rosso: il 45 per cento degli elettori del Pdl si pronuncia già oggi contro il governo Monti. «Cosa accadrà – si chiede un ex ministro del Pdl – quando Monti presenterà la purga con l´Ici, la patrimoniale e le pensioni?». Berlusconi sta a guardare, finché dura la luna di miele non può fare altro. Ma a questo punto torna ad affacciarsi l´ipotesi di un voto anticipato in primavera. L´innesco potrebbe essere un´eventuale decisione della Consulta di ammettere il referendum sulla legge elettorale. «Anche nel Pd – si ragiona a via dell´Umiltà – Bersani potrebbe trovare conveniente andare alle urne in primavera. Avrebbe la certezza di essere lui il candidato». Persino Casini, con la strada per palazzo Chigi insidiata da una futura candidatura di Corrado Passera, potrebbe considerare l´utilità di abbreviare la durata del governo. Sono scenari che, almeno ufficialmente, nel Pd e nel Terzo Polo vengono respinti con decisione. Walter Veltroni invita a «non inseguire lucciole, visto che sarebbe una follia andare alle urne con la tempesta che c´è sui mercati: la gente cercherebbe coi forconi chi si assumesse questa responsabilità». Ma nel Pdl il governo dei tecnici è sopportato a stento. E non è solo l´ala dura di Santanchè o Brunetta. «Abbiamo accettato il sacrificio di Berlusconi – osserva Ignazio La Russa – perché era diventato il capro espiatorio e, se fossimo andati al voto, la campagna elettorale sarebbe stata tutta contro di lui. Ma adesso è chiaro che Berlusconi con lo spread non c´entrava nulla». Inoltre il referendum è un fantasma che spaventa i partiti più dello spread. L´unica alternativa, per chi si oppone al ritorno del Mattarellum, sarebbe il varo di una legge elettorale per evitarlo. A meno che, come spiega il costituzionalista Pd Stefano Ceccanti, «il rimescolamento delle carte dovuto al governo Monti non spinga Casini ad aprire con Alfano il cantiere dei moderati. A quel punto anche il referendum avrebbe un effetto stabilizzante sulla legislatura visto che tutti diventerebbero bipolaristi».

La Repubblica 25.11.11