Pier Francesco Guarguaglini non avrebbe mai pensato che proprio a Palazzo Chigi sarebbe finita la sua carriera di boiardo di Stato. Lì aveva trovato sempre alleati e protezione. Ma l´ultima sua difesa ieri pomeriggio, in quella stanza al primo piano, davanti al sottosegretario Antonio Catricalà e non più davanti a Gianni Letta, è stata inutile. Impacciata e cacofonica. Non sarà più lui l´uomo al vertice del più grande gruppo industriale pubblico italiano, con oltre 71 mila dipendenti in tutto il mondo, un fatturato che sfiora i 18 miliardi di euro, e i conti profondamente in rosso. Lo scandalo senza fine dei fondi neri lo ha travolto. Lui è indagato per false fatturazioni e frode fiscale. La moglie Marina Grossi (anche lei sotto indagine), è l´ad della Selex Sistemi Integrati. Ed è al centro di quella che appare sempre più la nuova Tangentopoli, il “caso Enav”. Lorenzo Borgogni, potente uomo delle relazioni esterne del gruppo e suo braccio destro da anni, si è autosospeso e ha cominciato a collaborare con i magistrati napoletani e ad ammettere un intreccio inquietante tra politici e faccendieri, intorno a un giro di appalti pilotati. Lui avrebbe fatto il “collettore”. Poi ci sono i consulenti: da Lorenzo Cola a Valter Lavitola. Per finire con Gianpi Tarantini da Bari. Tutti sotto inchiesta. Due teste sono già cadute: si sono dimessi il direttore generale della holding, Paolo Pozzessere, e Salvatore Metrangolo, consigliere di amministrazione della Seicos, una delle società controllate. Una ragnatela che ha avvolto l´impero di Finmeccanica.
Dunque, si volta pagina, si chiude l´epoca dell´ingegner Guarguaglini cominciata nel 2002 a piazza Monte Grappa. Ieri gli è stato dato il benservito, al temine di quattro giorni di fuoco, iniziati con gli arresti di sabato. Il governo ha deciso che se ne deve andare. Subito. «Noi andiamo avanti. Lui ormai è fuori», spiegavano con nettezza a Palazzo Chigi. Lì non c´è più Gianni Letta che di Guarguaglini è stato il grande protettore. Eppure il settantaquattrenne da Castagneto Carducci, uomo capace di lotte durissime senza esclusione di colpi, allenato sui terreni impervi degli scontri per la conquista delle commesse mondiali degli armamenti, ha provato a resistere. Pensava di farcela anche questa volta. «Sono innocente. Ho ricevuto un solo avviso di garanzia. Non c´è nulla di penalmente rilevante», diceva ieri. Lo diceva nonostante solo il giorno prima il presidente del Consiglio, Mario Monti, ministro ad interim dell´Economia (azionista di controllo con il 30,2 per cento di Finmeccanica), fosse stato chiaro: «Mi aspetto una rapida e responsabile soluzione». Lo diceva, Guarguaglini, convinto di potersi salvare. Come la consorte Marina Grossi che, nonostante la sfiducia pubblica dell´amministratore delegato del gruppo, Giuseppe Orsi, non si è dimessa, salvata, tre giorni fa, dal voto a maggioranza di un consiglio di amministrazione della Selex designato per metà proprio da Guarguaglini. Lei e lui hanno usato le stesse parole a propria difesa, i medesimi argomenti. Quelli espressi con impaccio e linguaggio decadente domenica scorsa davanti alla telecamera di Report di Marina Gabanelli. A tratti, però, è sembrato di rivedere il drammatico interrogatorio di Arnaldo Forlani davanti ai giudici milanesi di Mani Pulite. La fine, appunto, di un´epoca. Marina e Pier Francesco, una coppia d´affari e di potere. Ma ora lo smottamento dell´impero è iniziato. Dopo Guarguaglini dovrà andarsene anche lei. Entrambi senza più protezioni.
Perché è stato l´ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta a voler confermare Guarguaglini per la quarta volta alla presidenza della Finmeccanica. «Dobbiamo essere orgogliosi di avere Guarguaglini», disse in pubblico Letta così attento in altri casi a non esporsi troppo. Giulio Tremonti, che più volte si era scontrato con Guarguaglini (in particolare dopo la decisione del manager di acquistare a caro prezzo negli Stati Uniti la Drs Technologies) non lo voleva più. Emma Marcegaglia rinunciò ad avere Guarguaglini nella sua squadra di Confindustria quando capì che le inchieste giudiziarie non si sarebbero affatto fermate alla moglie. Così nell´ultima tornata di nomine pubbliche Guarguaglini è stato depotenziato, ma non fatto fuori: presidente con alcune deleghe, relazioni esterne, strategie e audit interno. Alla guida della holding, invece, ci andò Orsi proveniente dall´Agusta che ha il suo quartiere generale nel varesotto. E proprio per questo uomo sostenuto dalla Lega Nord nella spartizione delle poltrone pubbliche. Ma soprattutto uomo vicinissimo a Comunione e Liberazione. Da anni la sua è una presenza costante al Meeting estivo di Rimini. È nel mondo cattolico, nel nuovo Centro rinforzato e ringalluzzito dal governo dei tecnici al quale si oppone proprio solo il Carroccio, che Orsi si sta muovendo, cercando nuove (o rafforzando le vecchie) sponde per non rischiare di essere travolto anche lui.
Le dimissioni di Guarguaglini le vuole il governo, ma le vuole anche Orsi. Che dopo una iniziale pacifica convivenza ha deciso di andare allo scontro con il presidente. E ha detto basta alla diarchia imposta dal duello Letta-Tremonti. Tanto che alla riunione dell´ultimo consiglio di amministrazione (quello che ha approvato i conti disastrosi dei primi nove mesi dell´anno), Guarguaglini non ha partecipato per dissenso. Una battaglia sotterranea che ha eroso alcuni pezzi del potere di Guarguaglini all´interno del gruppo. Negli ultimi tempi sono già saltati due manager vicinissimi al presidente: Renzo Meschini amministratore delegato di Finmeccanica Group Services, e Mauro Tanzi, di Finmeccanica Group Real Estate. Ora tocca al pesce grosso, all´ultimo grande boiardo dello Stato imprenditore.
La Repubblica 24.11.11