Si continua a definirlo “tecnico” eppure questo guidato dal senatore Mario Monti è un governo a tutto tondo politico; molto più del governo Berlusconi che lo ha preceduto. Politico nel senso più pregnante del termine: perché ha riportato le questioni che interessano il nostro destino – nostro come società e come Paese – al primo posto, come dovrebbe essere (ed è sperabile che ciò restituisca all´Italia una forza di negoziazione con i partner europei che aveva perso e di cui ha bisogno). Per anni ci eravamo dimenticati che il governo deve occuparsi delle cose che riguardano la nostra vita, non la vita di chi governa. Per anni abbiamo assistito impotenti a uno spettacolo preconfezionato a Palazzo Grazioli su come Palazzo Chigi doveva operare e per chi: per tre anni le questioni di sesso e di corruttela hanno inondato le nostre giornate, quelle degli interessi del premier tenuto l´agenda politica del Parlamento. E lo si chiamava governo politico. Di politico aveva due cose: era stato l´espressione diretta della maggioranza dei consensi usciti dalle urne e l´esito di un accordo tra alcuni partiti politici. Ma questo non è sufficiente a fare di un governo un governo politico. Questo è il preambolo, la condizione determinante ma non sufficiente.
Il governo Berlusconi, nato politico, si è astenuto dal governare per noi e quando lo ha fatto ha generato problemi invece di risolverli. Per esempio, le norme sulla criminalizzazione dell´emigrazione hanno gettato petrolio sulle fobie razziste senza risolvere i problemi legati al controllo degli ingressi e all´integrazione degli immigrati; per esempio, gli interventi sulla scuola pubblica sono stati proditoriamente fatti per umiliarla e depauperarla avvantaggiando con i soldi dei contribuenti le scuole private. Questi sono i pochi esempi di agire politico del precedente governo, e sono entrambi esempi di cattiva politica, funzionale alle esigenze propagandistiche della coalizione, ovvero nel primo caso per imbonire i fedeli leghisti e nel secondo per tenere l´appoggio delle gerarchie vaticane. Queste scelte “politiche” sono state fatte all´interno di un´agenda di governo che non aveva alcun interesse a fare i nostri interessi. Il governo Berlusconi ha negato l´esistenza della crisi economica e finanziaria per anni, proprio dai primi mesi del suo insediamento, quando ironizzava sullo stato dell´economica degli altri partner europei per mandare agli italiani il messaggio voluto: il suo era il migliore dei governi possibili. Un´agenda politica senza politica.
Il governo del Presidente, com´è stato chiamato questo esecutivo guidato dal professor Monti, non è fatto di politici eletti, e quindi non è politico-partitico. Ma è fatto di cittadini italiani con competenze professionali specifiche. Non è inutile ricordare che chi è cittadino di un Paese democratico è naturalmente politico, perché non può che interessarsi delle questioni che riguardano la vita della società. Non solo chi milita in un partito è politico; e inoltre gli stessi partiti si organizzano grazie a cittadini che sono non politici di professione. La democrazia non ha politici di professione, anche se ha bisogno di stipendiare chi nella divisione del lavoro sociale si occupa degli affari pubblici. Nessuno ha la patente di “politicità” in democrazia, e nessuno può accaparrare per sé la politica e dire che è lui a sapere che cosa sia e come la si faccia (questo è proprio di una mentalità patrimonialistica). Il governo Monti è politicissimo, dunque. E lo è in primo luogo perché ha ricevuto il sostegno del Parlamento che lo ha reso a tutti gli effetti politico. Ma lo è per una ragione ancora più sostanziale, e davvero forte: perché i temi all´ordine del giorno nella sua agenda sono squisitamente politici, solo politici. L´interesse personale è uscito da Palazzo Chigi, che ha ospitato il governo meno politico che l´Italia repubblicana abbia conosciuto, anche se forte dell´alleanza di ferro e famelica tra partiti. Che sia stato incapace di affrontare i problemi politici del Paese è un´ulteriore dimostrazione del fatto che era incapace di essere politico. Dei governi come quello guidato dal professor Monti c´è bisogno perché quelli politico-partitici falliscono.
Il governo Monti è un governo politico, e va giudicato per le scelte politiche che farà. Giudicato per come vuole risolvere i problemi che riguardano la nostra economia, dalle pensioni, alla disoccupazione, al lavoro senza diritti e precario, alla lotta all´evasione fiscale (che è il problema più grave del nostro Paese). Questi obiettivi, che sono per opinione quasi unanime, urgenti e necessari, saranno giudicati per il modo e le strategie con cui il governo proporrà di realizzarli. E i ministri saranno chiamati non solo a rendere conto del loro operato. Nato come non-politico-partitico, questo governo non potrà che essere politico. Per un´altra ragione ancora. Poiché la politica che lo ispira non è per nulla neutrale o tecnica, ma pronunciata moderata, non indifferentista ma con un´evidente simpatia cattolica. Si tratta di qualità o caratteristiche politiche che andranno giudicate dal punto di vista degli interessi generali di tutti gli italiani, non di una parte soltanto, anche se maggioritaria.
In un´intervista di qualche mese fa la ministra, professoressa Elsa Fornero diceva due cose importanti. La prima: se lei fosse nata negli Stati Uniti non avrebbe avuto la possibilità di accedere a un´eccellente formazione universitaria. Leggo questa osservazione importante così: senza una buona scuola pubblica, la selezione dei competenti sarebbe in effetti una selezione di classe. È importante che nel governo ci siano ministri che riconoscono il valore della scuola pubblica. Una prospettiva che il governo che ha appena chiuso i battenti non ha mai avuto. Ridare vigore alla scuola è un obiettivo politico primario per la nostra società, lo è per ragioni economiche e politiche, poiché una democrazia di ignoranti è pericolosa. La seconda osservazione che faceva la ministra Fornero era che lei cestinava gli inviti ai convegni nei quali gli speaker erano solo uomini. L´osservazione è coerente a quella precedente. E riguarda l´eguale dignità: è umiliante dover sempre ricordare a chi tiene i fili delle carriere (che sono in maggioranza maschi) che ci sono donne competenti. I criteri delle eguali opportunità di formazione e del giusto riconoscimento dovrebbero essere la stella polare a guidare le scelte di ogni governo politico. Ed è su queste scelte e in base a questi criteri che l´operato di questo governo dovrebbe essere giudicato da chi in Parlamento decide e controlla, a nome di tutti noi.
La Repubblica 22.11.11