Parlare di educazione dell’infanzia significa tracciare la strada verso il futuro. Nella giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, ieri a Torino, abbiamo celebrato la prima conferenza nazionale per le politiche educative 0-6 anni. Hanno partecipato ai nostri lavori 250 esperti, amministratori locali, rappresentanti di associazioni e sindacati, educatori, insegnanti, pedagogisti. Questo Paese per tornare a crescere ha un estremo bisogno dei giovani e delle donne, proprio coloro che più sono stati umiliati dal ventennio berlusconiano. La scuola 0-6 anni, lo dimostrano tutte le ricerche, è fondamentale per combattere i divari sociali, economici e territoriali che affliggono il nostro Paese e per recuperare gli svantaggi in modo duraturo. Sono essenziali servizi educativi di qualità che sappiano mettere al centro della propria missione i diritti dei bambini e delle bambine, coinvolgendo
educatori, genitori e la comunità tutta nell’appassionante sfida
dell’educazione. Investire in istruzione di qualità sin dalla tenera età è una scommessa sul futuro e per la coesione sociale del nostro Paese. Abbiamo voluto costruire questa conferenza come momento di scambio, di confronto di esperienze, perché la buona scuola c’è già, nel lavoro quotidiano e nelle buone pratiche. L’auspicio è che da oggi rinasca, insieme ai nostri amministratori locali, una nuova primavera dell’educazione e dell’istruzione, che sappia coinvolgere tutti, pedagogisti, educatori, insegnanti, ricercatori, famiglie, privato sociale. Non possiamo assolverci
perché c’è la crisi. Dobbiamo assumerci la responsabilità del dover essere migliori, di continuare ad andare oltre i nostri limiti ed innovare offrendo risposte di qualità per assolvere al compito che ci è affidato. La mia generazione e chi ha responsabilità di governo in questo momento negli enti locali, sa che dovrà modernizzare questo Paese, dovrà offrire risposte
ai nuovi bisogni, avendo a disposizione meno risorse. Dovrà saper fare di più con meno. Per questo serve una nuova alleanza ed un patto di corresponsabilità tra tutti gli attori della comunità locale. Per questo rigettando la politica del voucher – cara famiglia, ti do’ un bell’assegno, poi tu vai a comprarti in un sistema di mercato a diversi prezzi, l’istruzione che vuoi per i tuoi figli ed io pubblico, me ne lavo le mani – noi proponiamo piuttosto un modello di governo
pubblico del sistema integrato dei servizi educativi 0-6 anni. In cui sia il pubblico a stabilire standard qualitativi, controllo degli stessi, qualifica e formazione in servizio del personale docente e non docente,un comune coordinamento pedagogico e tutti, pubblico e privato, contribuiscono alla costruzione del sistema integrato. Consapevoli di una questione cruciale: che senza l’impegno delle istituzioni per leggere, interpretare anticipandoli, i nuovi bisogni dei bambini e delle loro famiglie, non si può promuovere quel processo costante di innovazione,
fatto di buone pratiche e di piccoli passi concreti di miglioramento.
Questo deve essere il nostro riformismo nei servizi e nella scuola. Non riforme epocali, che finiscono per invecchiare ancora prima di realizzarsi, non l’esecuzione di direttive e decreti, calati dall’alto e imposti dalle norme agli operatori della scuola, ai bambini e alle famiglie. Le riforme non si fanno senza confronto e collaborazione; richiedono uno sforzo
comune di condivisione il più possibile ampio e convinto, coinvolgendo tutti i soggetti che partecipano ai processi di formazione, è la strada giusta per riconoscere e valorizzare le risorse umane e professionali delle nostre scuole.
L’Unità 21.11.11