Il segretario Pd: «Vi sosterremo lealmente», ma il Pd lo farà difendendo «con orgoglio» le proprie idee. Come la patrimoniale e la legge sulla cittadinanza. Insorge la Lega, applausi da Pd-Idv Terzo Polo. L’Aula semivuota ma sempre chiassosa durante le dichiarazioni di voto si ripopola quando è il turno di Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano, i segretari dei due partiti maggiori. Saranno i loro discorsi lo snodo politico di questa giornata di fiducia bulgara senza precedenti ad un governo che non conosce precedenti nella sua formulazione. Il segretario Pd parla a Monti, al suo elettorato, alla Lega e al Pdl: questa non è una grande coalizione, ci sono partiti distanti e differenti che appoggiano questo governo restando distanti e differenti. Sfida leghisti (che sperano dall’opposizione di risalire la china dei sondaggi) e piedillini sul terreno del confronto parlamentare in questa inedita stagione politica. Conferma il sostegno leale, «senza paletti» a Monti e senza rinunciare «alle nostre idee».
NESSUNA TIMIDEZZA
Il Pd gioca una partita delicatissima in uno scenario in continua evoluzione e Bersani chiarisce che non starà a bordo campo: «Anche oggi lei ha dimostrato dice rivolgendosi al “premier professore” di non avere timidezze e questo ci fa molto piacere e così come non ne ha avute nominando le pensioni, sono sicuro che, qualora venisse il caso, non ne avrebbe neanche per nominare, per esempio, i grandi patrimoni immobiliari». Sintomi di orticaria nel Pdl, rumors dalla Lega. Eppure è questo il terreno del confronto tra i due po-
li: patrimoniale, Ici, pensioni, riforme istituzionali. È su questi temi che si gioca la durata del governo e se il Pd ha condiviso «in larghissima parte» il discorso di Monti al Senato, ne ha apprezzato, «lo stile» e «senza giri di parole» oggi annuncia una fiducia «senza asticelle, senza paletti, senza termini temporali» è pur vero che non rinuncerà a «suggerire» le proprie ricette.
Bersani rivendica il suo ruolo e quello del suo partito: hanno lavorato affinché «la svolta ci fosse» e un nuovo governo potesse nascere, «lo abbiamo fatto con onestà» e ora l’impegno è quello di «tutelarlo» verso «chiunque volesse scaricare su di esso responsabilità che non ha». Si rivolge al capogruppo padano Reguzzoni (ma vale anche per il Pdl): «Mi auguro che non sia così, perché se così fosse sia chiaro che noi non stiamo zitti, perché loro sono lì da un giorno, noi siamo qui da tre anni, vi abbiamo visto all’opera negli ultimi otto anni su dieci e conosciamo la colla dei manifesti».
Governo di «impegno nazionale», come lo chiama il premier, non vuol dire grande coalizione e se qualcuno deciderà di far saltare il tavolo allora se ne dovrà assumere la responsabilità. Non sarà il Pd, dice il segretario: «Vi sosterremo lealmente e lo faremo però con l’orgoglio della nostre idee, con la bussola delle nostre idee». Nessuna richiesta di miracoli, quanto piuttosto di sobrietà, «verità e fiducia perché la fiducia nasce solo dalla verità», dice tra gli applausi dei suoi e i volti tirati dell’ex maggioranza. Ci vuole fiducia, ma la vera «ricostruzione democratica e sociale» ha una strada obbligata: «La spinta di una grande consultazione popolare». E ci si dovrà arrivare avendo fatto quelle riforme su impulso del governo e per iniziativa parlamentare» sui «temi elettorali, istituzionali, della sobrietà e della politica» in grado di riportare l’Italia al «suo posto in Europa con la dignità di un Paese fondatore».
Bersani ripercorre buona parte della piattaforma programmatica del Pd per dire cosa crescita: diseguaglianze sociali e territoriali, dequalificazione, declassamento del lavoro e della conoscenza, eccesso di precarizzazione, rendite amorfe, posizioni di rendite corporative, pletora della pubblica amministrazione, la sottovalutazione dei temi ambientali. Non è crescita l’egoismo sociale, la vergognosa infedeltà fiscale. «Basta con l’egoismo sociale», dice tra gli applausi del suo gruppo, del Terzo Polo e dell’Idv. «Il Pd non metterà condizioni, ma non ne accetterà» e stavolta «chi è stato disturbato di meno deve essere disturbato di più». Insofferenza nel Pdl, sollevazione tra i padani quando il leader Pd ricorda ai «cari leghisti» che c’è una legge che si potrebbe approvare subito. Quella sulla cittadinanza, che riguarda migliaia di figli di immigrati che pagano le tasse, parlano italiano ma non sono italiani. «Non possiamo parlare solo alle tasche degli italiani, dobbiamo parlare anche al cuore degli italiani e al nostro stesso cuore, che si è addormentato dopo la vostra cura». Urla leghiste e disorientamento quando Bersani cita la svolta degli ultimi dieci giorni: «Non so in quanti altri posti al mondo, in analoghe condizioni, compresi i paesi che ci fanno la lezione, sarebbe stato possibile tutto questo. Questo significa che alla fine siamo italiani e ancora in grado di stupire». La Lega fraintende, grida «elezioni, elezioni». Impassibile il premierprofessore. Non si stupisce. È abituato agli schiamazzi in aula.
L’Unità 19.11.11