Succedendo a se stesso, Sergio Trevisanato sarà il prossimo presidente dell’Isfol. Era stato messo a capo dell’istituto che dipende dal ministero del Lavoro nel 2004 dal secondo governo Berlusconi. Trascorsi indenni gli scampoli del terzo esecutivo del Cavaliere e lo scialbo biennio di Prodi, ecco la riconferma nel 2008. Finché a luglio di quest’anno l’ente viene commissariato e chi diventa commissario? Ovvio, Trevisanato. Il commissariamento scadrebbe il 31 dicembre quando il 28 ottobre il Consiglio dei ministri procede alla designazione del presidente, su proposta del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Il suo nome? Ovvio, Trevisanato. Il 28 ottobre è il giorno in cui il quarto Berlusconi comincia a traballare di brutto. Circola infatti una lettera dei dissidenti del suo partito («una bufala», dirà sprezzante il Cavaliere) che gli chiedono un passo indietro.
Difficile dire se Trevisanato debba dire grazie a quella «bufala», fermo restando che l’iter della sua nomina è appena iniziato e non si sa come finirà. Per il disturbo di presiedere l’Isfol lo pagano 101.700 l’anno più un gettone da 90 euro a seduta: soldi che si sommano al suo stipendio da dirigente. Perché si dà il caso che il presidente dell’ente pubblico Isfol sia anche direttore della segreteria regionale per l’Istruzione, il lavoro e la programmazione del Veneto. Altri 167.543 euro.
Ma è scontato che nei giorni del fuggi fuggi generale accadano cose un po’ strane. La nomina di Vincenzo Santoro a commissario del Parco delle Cinque Terre, proprio dopo l’alluvione, ha suscitato d’indignazione dei senatori «ecodem» Francesco Ferrante e Roberto Della Seta: «Mentre la nave del governo affonda il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo cerca di piazzare in extremis un suo uomo».
Intanto Gian Paolo Sassi, avvocato varesino legatissimo al ministro dell’Interno Roberto Maroni, esponente dell’unico partito (la Lega Nord) ora all’opposizione, saliva al vertice dell’Inail. Per occupare il posto lasciato vacante dalla improvvisa e prematura scomparsa di Fabio Marco Sartori, ex deputato del Carroccio e già segretario particolare di Maroni al Welfare. Uomo competente, Sassi: è stato presidente dell’Inps. Ma la tempestività di questa decisione stona con l’indolenza di un esecutivo che ha impiegato mesi per sciogliere un nodo ben più urgente come quella del governatore della Banca d’Italia.
Ed è francamente impossibile non mettere in relazione gli smottamenti governativi con alcuni episodi. Come la designazione da parte di Mariastella Gelmini di un nuovo consigliere del Cnr nella persona di Gennaro Ferrara: già capogruppo dell’Udc al Comune di Napoli e rettore dell’università Parthenope, l’ateneo che aveva sottoscritto con la Uil un accordo per fare sconti fino a 60 crediti agli iscritti al sindacato e vanta fra i docenti il record degli intrecci familiari. «Certi consigli di facoltà sembrano Natale in casa Cupiello», commentò con Conchita Sannino di Repubblica il predecessore del ministro Gelmini, Fabio Mussi.
Per non parlare di quanto è successo al ministero dei Beni culturali, con le nomine delle commissioni per il cinema. Si dice che fossero pronte da tempo: se è così, il ministro Giancarlo Galan è stato sfortunato. Il quotidiano Secolo XIX non gli ha risparmiato davvero nulla, sottolineando perfino come uno dei nominati, il giornalista politico di Panorama Carlo Puca, fosse autore di una lunga intervista al ministro. Altri pezzi forti del pacchetto di nomine? Gigi Marzullo, conduttore su Rai 1 del contenitore notturno «Cinematografo». Il critico del Mattino Valerio Caprara, ospite fisso della trasmissione nonché presidente della Campania Film commission. Gianvito Casadonte, nome altrettanto familiare agli aficionados del marzulliano «Cinematografo» e presidente del Magna Grecia film festival. Valeria Licastro, salottiera (dice il Secolo XIX) responsabile romana delle relazioni istituzionali della Mondadori di Berlusconi, consorte del commissario dell’Agcom Antonio Martusciello, ex parlamentare ed ex giovane leone di Forza Italia. Alessandro Voglino, figura nota fra i militanti della destra aennina, capo della direzione cultura della Regione Lazio. Rosaria Marchese, ex dirigente Rai. Dario Viganò, che il quotidiano genovese qualifica come «presidente delle industrie tecniche dell’Anica». Lasciamo giudicare ai lettori se la presenza di un critico del calibro di Enrico Magrelli basti a riscattare una performance non esattamente esaltante.
D’altra parte, si sa, nelle commissioni ministeriali c’è sempre un po’ di tutto. In queste, per forza di cose, abbondano nomi che si associano a volti. Per esempio c’è Anselma Dall’Olio, altra frequentatrice del «Cinematografo», incidentalmente moglie di Giuliano Ferrara. Per esempio, c’era Gianluigi Paragone, vicedirettore in quota Lega di Rai 2. E c’era anche Francesco Pionati, ex mezzobusto del Tg1 trapiantato in politica. Poco nota al grande pubblico invece, Antonia Postorivo. Ma non proprio una illustre sconosciuta: suo marito è il senatore del Pdl Antonio D’Alì.
Il Corriere della Sera 16.11.11